La notifica del mio match amoroso quotidiano mi arriva ogni giorno, puntuale, a mezzogiorno.

In genere prima delle 13, orario approssimativo dell’inizio della mia pausa pranzo, non guardo chi è l’anima gemella scelta appositamente per me, in base ad affinità, interessi comuni e, perché no, anche una buona dose di fortuna.

Aspettare quei circa 60 minuti è semplicemente un rito, cui fatico a rinunciare. Nel senso che mi piace resistere alla tentazione di guardare subito, di fretta, tra una mail e una call, il suo nome, la sua foto, la descrizione che ha scelto per raccontarsi. Mi piace sapere che a breve mi prenderò qualche minuto lento per farmi tutti i miei film mentali e provare a cogliere, in un’espressione, in una posa o in una parola che ha scelto, molto più di quello che un profilo su un’app di dating può rivelarti a un primo sguardo.

Parliamoci chiaro. Sappiamo tutti – o almeno chi segue questa rubrica lo sa – perché mi sono iscritta a Once.

Di sicuro non ero allora, e non sono neppure oggi, in trepidante attesa del mio principe azzurro e, esperimenti a parte per trovare un fidanzato entro Natale o smentire le teorie sulla cuffing season, per me il dating continua a essere soprattutto un’occasione per conoscere gente interessante, con cui condividere a volte solo parole, altre, perché no, anche incontri, esperienze e momenti molto belli. Eh sì, è successo: anche l’amore o qualsiasi altra sfumatura o nome si possa dare alle nostre emozione e a una relazione sentimentale.

L’altro giorno non l’ho fatto. Non mi sono presa questo tempo. Era una di quelle giornata ad alto tasso di nervosismo, una di quelle che sei a rischio esplosione e, da una parte, cerchi di trattenerti; dall’altra, non vedi l’ora che qualcuno metta un piede in fallo per riversare sul malcapitato tutta la tua frustrazione.

Ecco, quando ho ricevuto la notifica delle 12, devo avere inconsciamente deciso che non poteva nascere nulla di buono da un giorno come quello, quindi ho cliccato, ho dato qualche decimo di secondo ai miei occhi per intravedere un nome e una foto, senza lasciare il tempo all’informazione di arrivare al cervello, e sono andata oltre.
Ho swippato via il suo profilo, facendo altrettanto con i successi in sospeso finalizzati ad aggiornare l’identikit del mio profilo ideale. Di fatto li ho rifiutati tutti, tranne uno cui ho concesso il nanosecondo necessario per decretare che in quella foto era mediamente figo e tanti saluti. Sono tornata a battere nervosa sulla tastiera, con il cervello già in altre faccende affaccendato.

Nulla di grave, per carità. Non ho premuto pulsanti che attiveranno testate nucleari puntate sulla Corea del Nord, né ho mortificato alcun bambino che per il trauma subito diventerà un sociopatico violento, per colpa mia. Non credo la cosa interessi neppure al mio match perfetto del giorno liquidato con un dito che scorre sullo schermo rigato dello smartphone. Eppure la sera ho riaperto Once e sono andata a recuperarmi il profilo di Emanuele, swippato senza aver neppure scorso le sue foto e la sua descrizione.

Perché l’ho fatto?
La verità è che Emanuele o il rito dell’app non c’entrano nulla. La verità è che, appena riesco a recuperare un minimo di calma e di lucidità, detesto la persona che divento quando lascio che il nervosismo o lo schifo attorno a me travolga tutto, anche quello che non c’entra e che magari schifo non è.

Mi fa paura il fatto che la frenesia, il pressapochismo o il menefreghismo diventino superficialità, approssimazione e indifferenza nei rapporti.
Rilassati, è solo un’app di dating, dirà qualcuno.
E in molti, probabilmente, non hanno neppure idea di quante persone sono arrivate a swippare a destra o a sinistra nell’arco di un solo secondo. Quindi, nulla di grave, no? Soprattutto se non stai cercando l’uomo della tua vita, giusto?

No, non per me.
Il motivo per cui sono sempre stata alla larga dalle app di incontri è perché ho sempre pensato che fossero solo questo: gente che fa scorrere con l’indice foto altrui come su un catalogo, mettendo like a tutti quelli giudicati scopabili e sparando nel mucchio.

Una roba patetica, da sociopatici emotivamente sguarniti. No, grazie.
Nulla in contrario agli incontri occasionali di solo sesso, anzi, ma anche il mero sesso senza altre implicazioni e complicazioni può essere una cosa bella e interessante e non questa roba squallida e patetica.

E poi ho fin troppo bene in mente il fatto che, in una giornata simile, avevo “cestinato” con un semplice gesto del mio dito indice, il profilo di Andrea.
Se non avessi poi deciso di recuperare la mia superficialità e rivedere la mia non-scelta, beh, oggi non avrei incontrato una persona che, in quest’ultimo anno, nel bene e nel male, ha stravolto la mia vita, mi ha cambiata, mi ha fatta crescere e cui sarò sempre, comunque, legata.

Rispetto alla me di qualche anno fa oggi so alcune cose in più. A partire dal fatto che il mio pregiudizio sulle app di incontri era stupido, come tutti i pregiudizi. Il problema non è mai lo strumento, ma come lo si usa.
Un tempo avrei detto che con un’app di dating è solo un modo da sfigati per recuperare un po’ di sesso facile e che l’amore si trova altrove. Ora so che non è vero. Ne ho le prove. L’amore, come l’amicizia e le relazioni che contano e ci cambiano la vita, si trovano laddove diamo valore, spazio e tempo alle persone e non le trattiamo come merce in vendita sullo scaffale di un supermercato o di un e-commerce.

Così sono andata a recuperare il profilo scartato di Emanuele, come avevo fatto con Andrea.
Perché se dovesse esserci un’altra persona come Andrea o Luca su quell’app di incontri non vorrei mai fare l’errore di non incontrarla per lo scorrere frettoloso di un dito sul telefono.

In sintesi, il mio romanticismo ha una nuova certezza:

Non swipparmi prima di conoscermi
Dammi un’occasione e mettimi un like.

It’s the new

Prendi me, scegli me, ama me

Articolo sponsorizzato daLogo Once

Once è un’app di slow dating che antepone la qualità alla quantità, selezionando solo i match migliori per te ogni giorno a mezzogiorno!

  • Ci metto un cuore