Se navigate con assiduità da alcuni anni su Internet, vi sarete imbattute almeno una volta nella storia dello Slender Man. Si tratta di una bizzarra leggenda metropolitana – infatti su questo concetto ci torneremo dopo – che ha preso piede a seguito di un’invenzione. Nel 2009 Eric Knudsen lo immaginò – e ne creò la figura – per un contest su un forum. Nacque così lo Slender Man, un mostro alto, esile e senza volto che rapisce e uccide i bambini di età compresa tra i 5 e i 17 anni – ma anche alcuni adulti non meglio determinati. Quello di Knudsen fu un personaggio talmente virale da diventare oggi iconico e dare vita a un film che al momento è in distribuzione nelle sale italiane.

Per cercare di capire il fenomeno, bisogna comprendere perché sia divenuto una leggenda metropolitana o in certi casi anche realtà. Una leggenda metropolitana è qualcosa di cui si ignora l’origine, un po’ come quelle fiabe regionali che un tempo si tramandavano per via orale. Noi conosciamo l’origine dello Slender Man, sappiamo che è stato diffuso come un Creepy Pasta – ossia quelle storie copiate e incollate che sono state generate per il Web e proliferano sul Web. Ovviamente questa storia interviene su determinate corde della nostra psiche: i delitti contro i bambini – proprio perché rapimenti e abusi o omicidi sono all’ordine del giorno – ci appaiono essere i peggiori. Perché i bambini sono innocenti e li vorremmo sempre proteggere.

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Questo personaggio è al centro peraltro di alcuni fatti di cronaca particolarmente cruenti. Il più famoso accadde nel maggio 2014 nella contea di Milwakee, quando le dodicenni Morgan E. Geyser e Anissa E. Weier accoltellarono la loro coetanea Payton Isabella Leutner, riducendola in fin di vita. Al momento della confessione, le due ragazzine hanno spiegato che sarebbe stato per loro un sacrificio in onore dello Slender Man, affinché non facesse del male ai membri delle loro famiglie.

A giugno dello stesso anno a Hamilton nell’Ohio una tredicenne affetta da una malattia mentale ha aggredito, tentando di ucciderla, la madre. Infine a settembre del 2014 in Florida,
Lily Marie Hartwell, una quattordicenne ossessionata dallo Slender Man, diede fuoco alla sua casa, con all’interno la mamma e il fratellino di 9 anni. Naturalmente ci sono altri episodi meno celebri: quel che è certo è che in tanti temono il rischio di emulazione.

L’uscita del film nelle sale ovviamente preoccupa chi pensapossa alimentare questo rischio di emulazione, ma dall’altra parte non realizzare film o altre opere di fiction potrebbe di fatto rasentare la censura. Lo scrittore Mark Twain sosteneva la profonda fiducia dell’essere umano nel comprendere cosa sia vero e cosa sia falso, per cui riteneva che la non realizzazione di un’opera equivalesse alla censura – ma non sempre i giovanissimi hanno tutti gli strumenti culturali per capire. Le loro menti sono spugne sulla conoscenza e questo significa che assorbono tutte le conoscenze positive ma anche tutte le conoscenze negative. Bill Weier, il papà di una delle ragazze coinvolte nel primo tentato omicidio che abbiamo citato, ha trovato la realizzazione del film di cattivo gusto.

È assurdo – ha detto l’uomo a Cosmopolitan – che vogliano realizzare un film come questo. Diffondere una tragedia è quello che si sta facendo. Non ne sono sorpreso ma secondo me è estremamente di cattivo gusto. Non fa altro che ingrandire il dolore di tutte e tre le famiglie che hanno vissuto davvero.

Nel film sullo Slender Man si parla di quattro ragazzine che cercano di evocare il mostro – e una di loro ha il cognome del creatore del personaggio, Knudsen – con lo scopo di sfatare la leggenda metropolitana. L’azione si svolge nel Massachusetts e una di queste ragazzine scompare, tanto che le altre iniziano a pensare che sia stato proprio lo Slender Man a prenderla.

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