Il mito della purificazione con la vergine non è un concetto uscito da un libro di fantascienza o da un serie tv distopica, come The Handmaid’s Tale. E non fa parte nemmeno di un lontano passato, ma è ciò che accade ancora in tanti paesi del mondo, soprattutto in Africa. Identificato e spiegato dall’antropologa Suzanne Leclerc-Madlala, nasce dalla credenza popolare che fare sesso con una giovane illibata possa curare dall’HIV/AIDS o da altre malattie sessuali.

E non solo le vergini: secondo la studiosa, anche le persone mentalmente o fisicamente disabili, affette da cecità o sordità sono state a lungo oggetto di violenze sessuali per via di questa leggenda popolare. Come rivelato da un recente sondaggio della University Of South Africa, il 18% di un campione di lavoratori sudafricani credeva che fare sesso con una vergine fosse un rimedio valido contro l’HIV/AIDS.

Quando si è iniziato a parlare di mito della purificazione con la vergine

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Stando a quanto spiegato da Suzanne Leclerc-Madlala in un articolo del 2002 apparso sull’African Journal of AIDS Research, alla fine del 2001 i media hanno raccontato il brutale stupro di una neonata, dando il via all’analisi di un problema che non era ancora stato affrontato, ovvero l’incremento degli abusi sui bambini. Il governo sudafricano si appellò a studiosi e criminologi per capire l’origine di tale piaga sociale.

La ricerca

L’antropologa ha basato la sua ricerca su quanto accaduto fra il 1995 e il 1998 nella più grande area di Durban, chiamata Mariannhill, dove l’AIDS si stava diffondendo a macchia d’olio. Grazie a un questionario in zulu e a interviste sul territorio, si stabilì che il mito della purificazione con la vergine aveva raggiunto un’ampia propagazione in svariate comunità della zona. Indicati come principali diffusori della diceria erano alcuni guaritori tradizionali, che consigliavano ai loro pazienti di cercare una vergine per la purificazione. Nonostante le comunità esprimessero una profonda preoccupazione, durante tutti gli Anni Novanta non si fece nulla di concreto.

La purificazione

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La credenza popolare sudafricana indicava l’essere “sporco” come un modello esplicativo della malattia in generale. Come parte del processo terapeutico volto a “curare” la malattia specifica, un passaggio era quello di “purificare” l’organo dallo “sporco”. La concezione del corpo femminile come altamente adatto a nascondere e covare lo “sporco” echeggiava nelle descrizioni degli intervistati riguardo all’anatomia riproduttiva femminile. Da lì nacque la credenza che un rapporto sessuale con una vergine, quindi non ancora “sporcata”, potesse “curare” un uomo dall’HIV/AIDS.

Nelle interviste con molti guaritori tradizionali, il rapporto sessuale con una vergine veniva considerata una via attraverso cui un uomo poteva ottenere una qualche forza contro l’infezione da HIV. A tal proposito, la purificazione con la vergine come scelta terapeutica contro l’AIDS potrebbe aver raggiunto una certa popolarità per il fatto che i trattamenti biomedici moderni non siano stati prontamente disponibili alla gran parte delle persone affette da HIV/AIDS in Sudafrica e in altri paesi problematici.

Le testimonianze

Il mito della purificazione con la vergine non ha preso piede solo in Sudafrica, ma in molti altri paesi africani e in Asia. Come raccontato in un articolo di qualche anno fa della BBC, lo Zimbabwe è stata una delle nazioni in cui si sono verificati gli stupri delle bambine.

Le testimonianze raccolte dalla BBC hanno gettato luce su uno scenario tragico, dove solo da pochi anni si comincia a denunciare gli abusi, ma dove si teme ancora di nominare il mito della purificazione. Una bambina di otto anni ha raccontato di essere stata violentata a due anni dal padre, finito in prigione dopo la denuncia della madre. Una quattordicenne ha detto di essere stata stuprata e messa incinta dallo zio. Cacciata da casa, ha subito un aborto che ha compromesso per sempre la sua salute.

Come loro ci sono tante altre bambine, che ancora oggi hanno bisogno di qualcuno che racconti le loro storie e aiuti a fermare una mostruosa usanza, frutto dell’ignoranza.

 

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