Le parole usate da Beppe Grillo nel video pubblicato sulla sua pagina Facebook il 19 aprile, per difendere il figlio Ciro dall’accusa di stupro che pesa su di lui dal 2019, hanno ovviamente avuto ripercussioni importanti a tutti i livelli.

[…] vi siete resi conto che non è vero niente che c’è stato lo stupro, non c’entrano niente. Perché una persona che viene stuprata la mattina, al pomeriggio va in kitesurf, e dopo otto giorni fa una denuncia, vi è sembrato strano. È strano.

Questo il punto su cui si sono concentrate maggiormente le critiche al fondatore del Movimento 5 Stelle: perché, per difendere il figlio, Grillo ha fatto victim blaming, non solo non spendendo neppure una parola di solidarietà alla ragazza, ma addirittura adducendo la giustificazione che la presunta violenza sia stata denunciata “troppo tardi”, 8 giorni dopo, togliendole in questo modo credibilità. Una manifestazione della rape culture in piena regola che, come detto, non è certo passata inosservata.

Le reazioni ci sono state a tutti i poli, in primis dal mondo politico, con parlamentari, come Maria Elena Boschi, che hanno usato parole durissime nei confronti di Grillo, definendolo “vergognoso”, ma anche esponenti dello stesso M5S, come la deputata Federica Daga, che ha confessato di essere stata lei stessa vittima di una violenza.

Umanamente mi dispiace per Beppe, il suo è il dolore di un padre – ha spiegato ad Adnkronos – Quasi non riesco a commentare ciò che ha detto. Ho avuto una relazione con una persona violenta per un breve periodo e per elaborare quanto era successo ci ho messo sei mesi, poi ho denunciato. Io ringrazio che ci sia il codice rosso, che consente alle donne di denunciare anche dopo sei mesi dal fatto, mentre io ho avuto solo tre mesi e infatti non ho potuto denunciare tutto quello che mi era successo.

Ma la rabbia per le parole di Grillo è montata anche al di fuori dello scenario politico, soprattutto sui social, dove l’autrice femminista, Survivor, Eva Dal Canto ha lanciato l’hashtag #ilgiornodopo, lasciando libere le persone di scrivere come e quando hanno denunciato lo stupro subito, e perché non sia sempre così facile denunciare subito.

Nei commenti al post in cui abbiamo parlato dell’iniziativa moltissime donne hanno voluto raccontare le proprie esperienze personali, a riprova di quanto sia tutt’altro che difficile trovare persone che giorni, o addirittura mesi dopo aver vissuto uno stupro hanno tentato di andare avanti, di cancellare quanto subito, o semplicemente non hanno trovato la forza per dire subito cosa fosse successo.

A differenza di ciò che ha affermato Grillo, non è quindi affatto strano che le denunce arrivino a distanza di tempo, anzi, è del tutto normale. È proprio il tempo a permettere l’elaborazione del trauma e la presa di coscienza.

Abbiamo raccolto alcune delle storie di queste donne, in maniera del tutto anonima, qui. Fra loro c’è anche qualcuna che ha denunciato il giorno dopo, su insistenza di altre persone, ma molte che per anni hanno mantenuto il segreto, o lo mantengono tuttora. Per vergogna, per paura di essere derise, umiliate, non credute. Ecco perché è importante leggere le loro testimonianze. Perché non si ripeterà mai abbastanza che non esiste un tempo per denunciare, e che nessuno può e deve arrogarsi il diritto di decidere “quando, come e perché”.

1. Ho fatto il bagno al mare

Avevo 15 anni… Poche ore dopo sono tornata in spiaggia dalle mie amiche e facevo il bagno con loro. Il giorno dopo ero in spiaggia. Le notti dopo avevo gli incubi, mi svegliavo urlando tra le braccia di mia madre che diceva di calmarmi… Poche settimane dopo ho iniziato a bere, mesi dopo la depressione… Anni per riprendermi, purtroppo non ho mai denunciato.

2. Nessuno ha mai saputo niente

#ilgiornodopo non lo ricordo neanche perché ero piccola e non è successo una sola volta ma diverse estati. Non ho mai pensato di denunciare perché a casa mia non lo sa nessuno o quasi, e chi lo ha scoperto ha fatto finta di niente! Io mi sono tirata su le maniche, da sola, 9 anni di analisi ancora da finire e una vita da ricostruire, ma a distanza di anni sono fiera di me e di tutto quello che ho costruito da sola, avendo la consapevolezza di chi sono stata, di chi sono adesso e cosa potrò essere.

3. Sono andata a denunciare perché il mio ragazzo ha insistito

Il giorno dopo sono andata a denunciare solo perché ha insistito il mio ragazzo. Nella mia testa non ne valeva la pena perché la violenza era stata sessuale, ma non carnale. E poi non avevo segni evidenti addosso, mi sentivo in colpa per non aver reagito di più. Il tutto è successo la notte, tardissimo e mentre indossavo un abito molto corto. Sono infinitamente grata a tutte le persone che hanno gestito la mia denuncia per non aver mai insinuato neanche per mezzo secondo che la colpa fosse mia, so che dovrebbe essere la norma, ma il tatto che hanno avuto queste persone non era scontato per me.

4. Al lavoro lo ha notato un mio amico

Io sono andata a lavorare e un mio amico, che mi ha visto distante e ha insistito per sapere cosa fosse successo, mi ha portata di peso al Pronto Soccorso. Avevo delle lacerazioni alla gola e non riuscivo a bere. Non ho denunciato perché non ne ho avuto la forza, stimo chi riesce a farlo, io volevo solo sotterrarmi e avevo gli attacchi di panico, ne sono uscita solo con l’aiuto della psicologa.

5. Ho subito del bullismo dopo la denuncia

#il giorno dopo, del mio tentativo di violenza, sono rimasta a casa da scuola; i miei mi hanno portato dai carabinieri, a fare la denuncia. Due giorni dopo sono tornata a scuola (ero alle medie) e ho subito del bullismo per questo episodio: mi dicevano in continuazione che a una brutta come me era impossibile che fosse successa una cosa del genere.

6. Sono andata a scuola. Ero in quarta elementare

Il giorno dopo sono andata a scuola, frequentavo la quarta elementare, era morto da un mese mio padre e non ne ho parlato con nessuno. Era stato il mio medico di famiglia, che mi aveva vista nascere. Tre “visite” a sorpresa… Alla quarta, pur piccolina e spaventata com’ero, ho detto no.

7. Sono uscita con le amiche

Il giorno dopo sono uscita con le mie amiche, non perché avessi voglia di divertirmi, ma perché non avevo voglia di rimanere ancora a casa a sopprimere pianti e attacchi di panico, che mi perseguitano ancora. Non ho denunciato, non lo sa nessuno della mia famiglia e penso che mai lo sapranno.

8. Ho fatto gli esami di maturità

Il giorno dopo ho sostenuto gli esami scritti alle superiori. Nessuno ha capito perché erano andati male.

9. Ho continuato a fare la turista

Il giorno dopo ho continuato a fare la turista in vacanza. Ho pianto in doccia nella mia solitudine, senza dire nulla ad altri. Ho realizzato davvero la portata dell’accaduto anni dopo.

10. Sono stata derisa da tutti e tutte

#ilgiornodopo venivo derisa dalla mia famiglia, da mio padre e da mia madre che credevo volessero proteggermi, da persone che credevo amiche che mi dicevano “Perché l’hai raccontato?” “Non è possibile che lui abbia fatto questo”. Ho ingoiato tanto su quello che indossavo (canottiera – camicia – t shirt e felpone e due paia di pantaloni) e l’ho dovuto sottolineare.

11. Il mio giorno dopo è durato 9 anni

Avevo 9 anni…. Ho parlato dopo 9 anni… Per tutti questi “giorni dopo” ho fatto una vita apparentemente normale.

12. Mi sono nascosta nel bagno della scuola

Il giorno dopo mi nascondevo nel bagno della scuola e piangevo, uscivo e continuavo con le lezioni, ricordo ancora il giorno, ricordo ancora gli odori, ricordo ancora tutto, son passati 10 anni ormai. Avevo 15 anni, ho provato a denunciare dopo alcuni mesi accompagnata da mio fratello dopo uno sfogo, non mi credevano e mi hanno riso in faccia, ci sarei dovuta andare prima, secondo loro!

13. Sono andata al mare

#ilgiornodopo sono andata al mare! Non ho mai denunciato, anche perché peggio della violenza fisica c’è stata quella psicologica che mi ha insinuato nella testa “Pensavo lo volessi anche tu”. Di quel periodo ricordo poco perché ho fatto un gran tabula rasa…

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