Sonia Sotomayor, la giudice sempre dalla parte degli emarginati

Sonia Sotomayor, la giudice sempre dalla parte degli emarginati
Fonte: Latina
Foto 1 di 10
Ingrandisci

*** Aggiornamento del 10 giugno 2021 ***

Da quando è giudice della Corte Suprema Sonia Sotomayor si è sempre schierata dalla parte dei più discriminati, denunciando spesso il razzismo sistemico e il sessismo con cui i tribunali americani giudicano certe cause.

In tempi recenti è intervenuta per scrivere delle memorie personali sul caso di Sharon Brown, in carcere dal 2017 per sospetto taccheggio e sottoposta a una violenta perquisizione vaginale e anale con speculum alla ricerca di un inesistente pacchetto di anfetamine, e di Frederick R. Whatley, condannato a morte per omicidio, che è stato fatto entrare in aula prima del verdetto con le catene ai piedi, nonostante la Corte Suprema abbia stabilito che questo genere di “spettacolo” sia da evitare in quanto pregiudicante per la giuria. In entrambi i casi Sotomayor ha sostenuto la tesi della discriminazione razziale – Brown è una nativa americana – e sessista, e l’assenza del rispetto delle regole per il giusto processo.

Nel caso di Whatley, ad esempio, ha scritto:

Le catene dipingono un imputato come una minaccia immediata. I giurati di fronte a un imputato in catene troveranno più difficile considerare l’imputato come una persona nel suo insieme e valutare le prove attenuanti in modo imparziale. Se i giurati pensano che la corte non si fidi di un imputato che rischia la pena capitale per evitare la violenza durante il suo stesso procedimento di condanna, con la sua vita in pericolo, è improbabile che si fidino che lo faccia mentre sconta l’ergastolo senza speranza di libertà condizionale. Le catene di Whatley, fresche nella mente della giuria dallo spettacolo del pomeriggio precedente, hanno fortemente corroborato l’argomentazione del pubblico ministero. È difficile immaginare un esempio più pregiudizievole di incatenamento inutile.

Per tutta la carriera, del resto, Sotomayor non ha esitato a schierarsi, risultando più di una volta rivoluzionaria rispetto ai colleghi della Corte Suprema, anche per lo smalto rosso fuoco sfoggiati nientemeno che di fronte all’ex presidente Barack Obama, come vi raccontiamo nell’articolo originale che segue.

*** Articolo originale del 24 giugno 2019 ***

Tre settimane prima di essere nominata giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, nel 2009, Sonia Sotomayor confessò a una persona vicina di voler fare un passo indietro. Come ricorda un articolo della rivista Latina, che le dedicò poi una storica copertina, temeva che la sua posizione fosse un impiccio per sua madre, la sua famiglia e i suoi amici. L’amica la spinse però ad andare avanti, senza preoccuparsi per i problemi di privacy.

“Non si tratta più di te”, le disse l’avvocatessa Lee Llambelis, “ma di tutte le bambine e i bambini latini e di colore e di tutte le comunità povere nello stato che potranno sognare in grande, se tu sarai alla Corte Suprema”. Il resto è storia: così come lo è anche un dettaglio relativo alla cerimonia presso la Casa Bianca.

A quanto pare, venne consigliato a Sonia Sotomayor di scegliere un colore neutro per le unghie delle mani, cosa che lei non fece. Anzi, si presentò con uno smalto rosso fiammante e vistosi orecchini a semicerchio, che mostrò orgogliosa all’allora presidente Barack Obama. Lui le fece notare scherzando di non aver rispettato le regole dettate dal suo staff.

“Signor Presidente, non ha idea di cosa ha scatenato”, rispose Sonia, che aveva molto di più da dimostrare, di un semplice e sfacciato smalto rosso. “Giudice, lo so e ricordo che si tratta di un evento epocale”, le disse quindi Obama. “Né io né nessun altro torneremo mai indietro”. 

Sfogliate la gallery per leggere la storia e la carriera di Sonia Sotomayor…