La seconda serata del Festival di Sanremo 2021 si è distinta soprattutto per la bravura e la presenza di Elodie, lo scorso anno cantante in gara con il brano Andromeda, ora in veste di co-conduttrice. Splendida con tre outfit color rosso, la sua presenza scenica tradisce una leggera timidezza, ma è proprio quella sua fragilità, che spesso traspare, a fare dell’artista una figura autentica e amatissima, oltre che un’interprete sincera.

Elodie non solo presenta, ma consegna alla serata due dei momenti più belli del Festival, insieme all’esibizione di Achille Lauro in versione Mina. La cantante romana si trasforma in una diva mondiale, con un medley di diversi suoi successi intervallati da canzoni che hanno fatto la storia della musica italiana, tra cui E la luna bussò di Loredana Bertè, Fotoromanza di Gianna Nannini e Rumore di Raffaella Carrà. Accompagnata da un gruppo di ballerine, con loro, sul finale ricrea la celebre coreografia di Crazy in love, di Beyoncé, sulle cui note canta Soldi di Mahmood.

La sua performance avrebbe sicuramente chiamato una standing ovation se in sala ci fosse stato il pubblico. Ma ci pensano i social a restituire quell’applauso virtuale: sono moltissimi i commenti e gli elogi per la cantante e la sua esibizione che compaiono su Twitter.

Dopo un’altra esibizione insieme a Fiorello, di uno dei brani simbolo della storia del Festival, Vattene amore, cantate dalla coppia Minghi e Mietta nel 1990, sul finale della serata, Elodie si lancia in un monologo sincero e profondo, recitato con quella freschezza e verità di cui la giovane artista è capace. Lì, si apre con il pubblico, parla di fragilità, sbagli commessi e occasioni perse, racconta di una vita non semplice. Il suo discorso è molto distante dai registri e le atmosfere che siamo abituati a vedere sul palco di Sanremo: non c’è patina di perfezione e autocompiacimento, ancora una volta è la sua verità e fragilità a conquistare tutti.

Vengo da un quartiere popolare di Roma, un contesto di borgata, una realtà onesta, crudele ma anche straordinaria. Dove ci sono persone anche giustamente demoralizzate e arrabbiate, e io ero una di quelle. Il mio quartiere mi ha dato tanto e mi ha tolto tanto. E non parlo solo delle privazioni materiali, come non avere l’acqua calda, non arrivare a fine mese e non riuscire a pagare le bollette. Ma parlo anche della forza di sognare, del coraggio di sognare. Io ho sempre voluto fare questo mestiere sin da bambina, però mi sembrava un sogno troppo grande, non mi sentivo all’altezza, non mi piaceva la mia voce e soprattutto mi accorsi che non avevo gli strumenti. Io tante volte non mi sono data una possibilità: non ho finito il liceo, non ho preso il diploma, non ho preso la patente, non ho studiato tanto. Ho sbagliato, lo so. Però è difficile in certi contesti focalizzarsi su quello che vuoi essere da grande, qual è il tuo sogno, che cosa vuoi fare di te.

Poi, ricorda l’incontro che le ha cambiato la vita, il pianista jazz Mauro Tre, che l’ha riportata sulla strada delle musica che, a soli 20 anni, aveva scelto di abbandonare. Così si rivolge a lui, che, seduto al pianoforte, la attende per poter cantare insieme a lei.

Ci tenevo a ringraziarti in uno dei momenti più importanti. E volevo dirti grazie perché mi hai dato una possibilità dove non me la sono data io. Tutti ci meritiamo un momento importante nella vita. Tu mi hai fatto amare il jazz e non mi sentivo all’altezza del jazz, perché era troppo alto, elegante, raffinato. E invece al jazz non interessava da dove arrivassi perché il pregiudizio è degli esseri umani, e io sono stata la prima ad avere un pregiudizio su me stessa. E questo è sbagliato. Quello che mi ha insegnato Mauro, la vita e la musica è che non bisogna sempre sentirsi all’altezza delle cose, l’importante è avere il coraggio di farle e poi si aggiusta in corsa.

Poi, visibilmente commossa, accompagnata dall’uomo, interpreta il brano di Mina, Mai così, l’unico brano italiano – come racconta lei – che avevano in scaletta quando i due si esibivano insieme.

La sua bravura è innegabile, ma la presenza di Elodie su quel palco sarà ricordata soprattutto per la sua capacità di regalare una ventata di freschezza in un contesto come quello sanremese, spesso troppo impostato e autoreferenziale, che rischia sempre di ripetersi negli schemi e nei concetti promossi. La scelta di rappresentare le nuove generazioni e dare spazio alle loro voci e al loro sguardo autentico è la vera rivoluzione che stavamo aspettando, e ci auguriamo che possa diventare un aspetto centrale anche per le edizioni future della kermesse, perché si possa innescare quel dialogo proficuo tra le generazioni e la tradizione venga sempre più rimodellata dalla rivoluzione dei tempi presenti.

Sfogliate la gallery per ripercorrere la carriera di Elodie.

"L'importante è avere il coraggio": le lacrime e il talento di Elodie a Sanremo
Fonte: instagram @elodie
Foto 1 di 9
Ingrandisci

Elodie, del resto, in tutta la sua carriera non ha mai nascosto il suo carattere forte e fragile insieme. Più volte si aperta con il suo pubblico, confidando la paura di non farcela e le sue più intime debolezze. Lo ha fatto anche questa estate in una storia su Instagram, in cui ha dichiarato:

Mi sto stressando molto, devo fare delle cose, non credo di farcela ma ce la farò.

Senza censure, Elodie si è di nuovo messa a nudo, e ha parlato della rabbia, del suo modo di reagire alle cose e del desiderio di migliorarsi:

Una su tutte è che ultimamente sono troppo nervosa, mi inca**o sempre e devo trovare un modo per rilassarmi. Non lo so, per capire come non reagire con rabbia alle cose, che è il mio più grande difetto ed è la cosa che più mi fa soffrire. Lo sto dicendo ad alta voce e lo rendo reale, quindi devo risolverlo, per forza.

Ma la rabbia non è solo un sentimento dalla connotazione negativa, è al tempo stesso l’espressione di una ribellione all’oppressione, un sinonimo di libertà.

La rabbia come “conquista” femminile

Storicamente alle donne è stata negata la rabbia come sentimento; soffocate da anni di patriarcato in cui erano obbligate all’obbedienza, prima al padre e poi al marito, le generazioni femminili passate sono state cresciute alla cieca devozione e nel rispetto totale della figura maschile, cui era vietato o quasi opporsi. Tanto che non era raro, nel passato, che le donne ritenute troppo emancipate per i tempi, o ribelli, fossero liquidate con l’internamento in manicomio.

Sottomesse, mansuete, docili, alle donne non era concesso esprimere rabbia, perché associata a una testa pensante che, in quanto tale, sarebbe stata troppo difficile da comandare. Per questo, si può dire che il momento di massima esplosione della stessa sia coincisa poi con alcune delle più importanti conquiste femminili, vedasi l’aborto o il divorzio.

Riprendiamo quindi la domanda iniziale: la rabbia ha sempre e solo risvolti negativi? La risposta è no. Nel caso delle donne, è stata essa stessa una conquista, uno strumento per esprimere la propria voce, e deve continuare a esserlo. Per abbattere i (tanti) stereotipi maschilisti che ancora le circondano, perché, come si legge nel libro La rabbia ti fa bella di Soraya Chemaly,

 Siamo sottopagate e lavoriamo troppo. Troppo sensibili o non abbastanza. Troppo dimesse o troppo appariscenti. Troppo grasse o troppo magre. Puttane o puritane. Se veniamo molestate, ci dicono che ce la siamo cercata e ci chiedono se è così difficile fare un sorriso (sì, lo è).

La rabbia ti fa bella. Il potere della rabbia femminile

La rabbia ti fa bella. Il potere della rabbia femminile

L'attivista e scrittrice Soraya Chemaly dedica un saggio all'importanza della rabbia come manifestazione dell'autodeterminazione femminile.
19 € su Amazon
20 € risparmi 1 €

Se in talune circostanze la rabbia può sovrastare e annebbiare la capacità di ragionamento, usarla per rivendicare i propri diritti e per manifestare la propria presenza, come è successo nel caso delle donne, contro l’oppressione culturale e politica è importantissimo.