In un momento delicato per la condizione femminile, come quello che stiamo vivendo da diversi mesi, c’è bisogno più che mai di ascoltare storie di donne speciali. Donne sensibili, intelligenti, caparbie e coraggiose, proprio come Alice Guy-Blaché. Forse il suo nome non vi dirà nulla, ma è stata una delle pioniere del cinema, anche se oggi quasi nessuno ricorda il suo nome. Fu la prima donna a dirigere un film e lo fece a 23 anni, quando non aveva nemmeno il diritto di voto. Ecco perché la sua storia è unica, sotto molti punti di vista.

Nata nel 1873 a Parigi, figlia di un libraio, Alice Guy-Blaché iniziò a lavorare come segretaria di Léon Gaumont, tra i primi a fondare uno studio cinematografico. Nel dicembre 1895, dopo aver assistito alla proiezione del film La sortie de l’usine dei fratelli Lumière, qualcosa si illuminò dentro di lei. Il film dei Lumière voleva dimostrare che la loro invenzione sapeva riprodurre il movimento, ma lei desiderava di più. Voleva raccontare una storia.

Curiosa e intelligente, capì immediatamente le potenzialità del cinema e nel 1896 propose al suo capo di fare qualche esperimento con la loro nuova macchina da presa, proposta che Gaumont non valutò troppo positivamente. Il suo primo film, lungo un minuto e mezzo e intitolato La Fée aux choux – La fata dei cavoli- , è datato 1896 e mostra una donna in un orto pieno di cavoli, da cui estrae dei bambini appena nati. Un soggetto che ai nostri occhi potrebbe sembrare naif, ma che va contestualizzato.

Nel primo film della storia, i Lumière si erano “limitati” a mostrare un treno che entrava in una stazione. Solo un anno dopo, Alice Guy-Blaché, raccontava invece un breve e originale storia.

A La Féee aux Choux seguirono altri esperimenti decisamente più ambiziosi. Solo nel 1904 realizzò tre film sul mondo dell’infanzia, intitolati La baptême de la poupée, Les petits peintres e Les petits coupeurs de bois vert. Dopo aver esplorato la tematica infantile, si avventurò in generi più complessi, realizzando La Esmeralda nel 1905, un adattamento da Notre-Dame de Paris di Victor Hugo, e La vie du Christ nel 1906, un soggetto religioso per il quale la Alice ebbe a disposizione circa 300 comparse e in cui sperimentò l’uso della profondità di campo.

Fu sempre lei a immaginare e applicare la sincronizzazione del suono con le immagini, trent’anni prima dell’invenzione del sonoro, e a inventare le riprese in esterni con La madame a des envies – La signora ha le voglie, in cui, mostrandosi in maniera spiritosa, interpreta una donna incinta che ruba leccalecca ai bambini a cause delle voglie della gravidanza.

Nel 1907, Alice sposò il cameraman Herbert Blaché (da cui prese il suo secondo nome) e si trasferì a New York. Insieme al marito fondò la casa produttrice The Solax Company e continuò a dirigere lungometraggi, scrivendo e producendo centinaia di titoli. Tra di essi, non possiamo dimenticare A Fool and his Money (1912), il primo film con un cast afro-americano. Era attenta anche alla tematica femminista, tanto che in un paio di film provò a immaginare una società con le donne al potere, al posto degli uomini. Come in Le conseguenze del femminismo, datato anch’esso 1906.

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Come nel più classico dei cliché di Hollywood, nei primi Anni Venti suo maritò la lasciò per una giovane attrice. La Solax si sgretolò e Alice Guy-Blaché tornò in Francia, ritirandosi a vita privata insieme ai suoi due bambini. Non girò più altri film, ma nel 1953 ricevette la Legione d’Onore dal Governo Francese, anche se ormai il pubblico non conosceva più la sua storia come regista e produttrice. Morì nel 1968 a Parigi, a 98 anni, nel totale anonimato. Alcuni dei suoi film possono essere visti gratuitamente sul sito Open Culture, che ha anche raccontato la sua vita in un articolo.

Era una regista di una grande sensibilità con uno sguardo incredibilmente poetico. Ha scritto, diretto e prodotto più di 1000 film. Eppure è stata dimentica dall’industria che lei stessa aveva contribuito ad inventare.

Queste furono le parole che riservò alla sua figura rivoluzionaria il regista Martin Scorsese.

Mentre lei, di se stessa, intepretando ciò che i suoi contemporanei hanno pensato a lungo di lei, e forse profetizzando quella dimenticanza pubblica di cui sarebbe stata vittima anni dopo e per molto tempo, una volta disse:

Avevo tutto contro: la mia giovinezza, la mia inesperienza, il mio sesso.

Non dimentichiamo Alice Guy: "Avevo tutto contro: la mia giovinezza e il mio sesso"
Fonte: web
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