Un passaggio fugace e folgorante: nonostante la brevità della sua esistenza, cristallizzata in ventisette anni di poesia ed eccessi, Jim Morrison ha dato vita a una leggenda che continua a rigenerarsi da sola. Molti restano ancora i misteri che ammantano i suoi giorni di gloria e di abisso, troppe sono le citazioni fallacemente riportate e innumerevoli le versioni contrastanti di biografi, amici o delle donne che si sono litigate la sua attenzione. Tra le poche certezze, ci fu la costante presenza al suo fianco di una figura altrettanto misteriosa. Si chiamava Pamela Courson e anche lei morì a ventisette anni, tre anni dopo aver assistito alla tragica morte del compagno.

Volto e colori preraffaeliti, Pamela Courson era californiana e apparteneva a una famiglia borghese. Abbandonata la scuola a sedici anni, nonostante gli ottimi voti, si unì al movimento hippie. La sua vitalità e la delicata bellezza non passavano inosservate, nemmeno per una rockstar come il leader dei Doors. Secondo la biografia Light My Fire del tastierista della band, Ray Manzarek, quando si incontrarono, nell’aprile del 1966, lei stava uscendo con un altro membro della band, John Densmore.

John e Pam erano a uno dei tavoli, parlavano, sorridevano, John beveva il suo brandy e lei sorseggiava una birra… E il Principe Azzurro si è avvicinato al loro tavolo come un serpente d’acqua che scivola nella palude. […] Si è seduto vicino a lei, comportandosi alla Steve McQueen, e lei è stata subito sua. Non credo nemmeno che lei abbia più degnato di uno sguardo John. I suoi occhi erano fissi in quelli di Jim… E già lo amava.

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Si sa poco del loro amore, ma certamente Pamela Courson non lasciò più la vita di Jim Morrison, tanto che lui la chiamava la sua cosmic partner. Le groupie passavano, ma lei resisteva. La “rossa”, la chiamavano. Per qualcuno era una presenza dolce e ingenua al fianco del musicista, per altri era dispotica, bizzosa e mefitica: certo è che lei è rimasta in tante canzoni, come Love StreetQueen of the Highway e Twentieth Century Fox. Furono cinque anni di alti e bassi, tra tradimenti e litigi furibondi: capitò anche che lui desse fuoco al camerino in cui lei si era rinchiusa, dopo avergli dato un pugno.

Era un amore autodistruttivo, alimentato dal consumo di droga e alcol. Sembra che lei volesse una carriera diversa per Jim, come poeta e non come frontman dei Doors. Dopo l’ennesima rottura, che nel 1971 aveva spinto Pamela a fuggire a Parigi con l’ultimo dei suoi amanti, lui decise di seguirla. Lasciò la band, con cui aveva appena pubblicato l’album L.A. Woman, e volò nella capitale francese per dedicarsi alla scrittura.

Passarono alcuni mesi di pace apparente, fino al luglio dello stesso anno. Nonostante una serie di scatti in cui la coppia sembrava serena, realizzati dall’amico Alain Ronay, nella notte tra il 2 e il 3 luglio Jim Morrison morì nella vasca da bagno. Per la versione ufficiale si trattò di decesso per arresto cardiaco, ma stando alle diverse ricostruzioni delineate negli ultimi anni, sembra che a essergli fatale sia stata un’overdose.

Pamela Courson diede diverse versioni di quanto accaduto, ma ancora oggi le ultime ore di Jim Morrison restano un mistero. Secondo Marianne Faithfull il responsabile fu il suo amante e noto spacciatore Jean de Breteuil, che gli avrebbe fornito una dose letale di eroina (che il leader dei Doors disprezzava), spacciandola per cocaina.

Distrutta dai sensi di colpa e dal dolore, la Courson tornò negli Stati Uniti, dove scoprì di essere stata nominata erede del compagno. Passò gli ultimi tre anni della sua vita rinchiusa nella grande casa di Los Angeles, tra depressione e consumo di droga. Venne trovata morta il 25 aprile del 1974 in seguito a un’overdose, dopo aver ripetuto per giorni la sua volontà di ricongiungersi a Jim.

Pamela Courson, la più amata da Jim Morrison, che lo vide morire
Fonte: Elektra Records e Alain Ronay
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