Perché questa ironia su quanto saremo grassi dopo il Coronavirus non fa ridere

Perché questa ironia su quanto saremo grassi dopo il Coronavirus non fa ridere
Fonte: instagram @fedez
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Il Coronavirus ci ha imposto giocoforza non solo di stare nelle nostre case, ma anche di trovare nuovi modi per passare il tempo e divertirci. Alcuni si sono attrezzati con flash mob, disegni da appendere ai balconi e musica diffusa dalle finestre di casa per far ballare e cantare tutto il quartiere, mentre sui social l’ironia pare essere piuttosto monotematica, e concentrarsi tutta su un unico pensiero: dopo la quarantena diventeremo tutti grassi.

Il riferimento, ça va sans dire, è ovviamente al fatto che, rimanendo a casa, tra tentazioni culinarie, palestre chiuse e difficoltà di praticare attività sportiva all’aperto, tutti potremmo mettere su dei chiletti, cosa che è frequentemente sottolineata da meme di persone obese, che non sono però affatto divertenti.

Perché l’ironia su quanto saremo grassi da post-Coronavirus non fa ridere? Perché non parliamo di niente di diverso rispetto al body shaming che avviene in situazioni “normali”, ovvero la derisione e la denigrazione di una tipologia di corpo o di una condizione patologica quale è l’obesità.

Sull’argomento si sono equamente divisi anche i social, fra quanti hanno deciso di “cavalcare l’onda” e chi, invece, ha condannato i meme e le battute di questo tenore. Un post di Fedez che immortala i “Ferragnez”, Leone compreso, in una versione decisamente oversize che voleva essere ironica ha raccolto tanti commenti entusiasti quanto critici; eccone alcuni:

Onestamente a me non fa affatto ridere, c’è gente che si sente a proprio agio nel corpo della chiara ferragni ‘grassa’. Le è stato affibbiato quel corpo come qualcosa di cui vergognarsi, come se fosse una condanna a morte i kg in più o la cellulite. Completamente in disaccordo con queste foto.

Oppure:

Siete denigranti. Vergognosi. Vergognosi. Poi tua moglie dice degli haters che la insultano? Ma non vi vergognate?? Con le foto da ‘in carne’ state indirettamente denigrando quelli in carne. State usando ciò che non vorreste essere e che per voi è difetto, per far RIDEREEEEE. Vergogna. E non rispondete. NON ESISTONO GIUSTIFICAZIONI. Fine.

E ancora:

Magari non è il caso? I corpi grassi non esistono per farvi ridere, questo è profondamente sbagliato e si sta discriminando una minoranza. Il vostro thin privilege non vi fa neanche pensare a come si potrebbero sentire le persone grasse, perché sì sono persone ed esistono esattamente come voi. Imbarazzante.

C’è poi chi, come l’influencer e dj Valentina Dallari, che nel recente passato ha sofferto di anoressia, ha voluto sottolineare proprio sotto quel post come fosse inopportuno pubblicarlo, peraltro nella giornata del 15 marzo, dedicata ai Disordini dell’Alimentazione.

Fonte: instagram @fedez

In effetti, forse non è stata un’uscita propriamente riuscita, soprattutto se pensiamo che, in occasione del suo addio al nubilato, Chiara Ferragni si scagliò decisamente contro un articolo del Corriere che aveva definito le sue amiche “rotondette”, gridando al body shaming e lanciando persino un hashtag, #bodyshamingisforlosers, ovvero “il body shaming è da perdenti”.

Lasciamo pure perdere il fatto che anche la vigoressia, l’ossessione per la propria forma fisica, sia da considerarsi una patologia preoccupante, di cui nessuno sembra interessarsi, anche se si dovrebbe; è sbagliato, come lo è sempre stata, associare il sovrappeso, o l’obesità, a una pura e semplice questione di pigrizia. Ridurre tutte le persone grasse o obese a “mangione” che non muovono un muscolo e non considerare nessun’altra variabile possibile alla base della problematica è offensivo oltre che scorretto. E, anche ammettendo che alcuni di loro siano grassi e pigri insieme, questo non rende più “giustificabili” le battute, che finiscono solo per il rimarcare una differenza tra “loro” e “gli altri”, con questi ultimi che devono star ben attenti a non trasformarsi nei primi. Questo atteggiamento ha un nome: grassofobia.

Va bene cercare di alleggerire questo periodo con dell’ironia, ma non dimentichiamoci che dietro quelli che riteniamo meme, apparentemente innocui, spiritosi, spesso ci sono delle persone che, direttamente o meno, si sentono chiamate in causa e ne soffrono, perché si sentono relegati al rango di “cattivi esempi” da cui stare lontani, da demonizzare, messi al centro della scena solo per essere derisi e umiliati. Non si tratta di fare i moralizzatori a tutti i costi o di perdere il buonumore, ma solo di riflettere un secondo su quanto si sta postando, o scrivendo, e domandarsi come ci sentiremmo dall’altra parte.

Non ci sono altri modi per ridere pensando a quanto sia difficile fare la quarantena chiusi in casa?

Di questi tempi, in fondo, la sensibilità dovrebbe non essere così lontana da noi. Sfogliate la gallery per leggere altri messaggi social che parlano dell’argomento.