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Il cigno che morì di Aids: gli amori di Rudolf Nureyev
A cura di Natascia Alibani

Lo chiamavano il cigno, animale notoriamente simbolo di eleganza e flessuosità; paragone guadagnato non a caso, perché se pensi alla danza classica immediatamente la mente non può che correre a lui, Rudolf Nuereyev, nato sulla Ferrovia Transiberiana a Irkutsk, in Siberia, mentre sua madre si recava a Vladivostok, dove era di stanza il padre, commissario dell’Armata Rossa, diventato un’icona internazionale del balletto, senza tempo e senza confini, seppur in tarda età almeno rispetto a quelli che, nella danza e nelle più prestigiose Accademie, vengono lanciati che hanno appena imparato a camminare.
Lui, all’Accademia di danza Vaganova ci entrò solo nel 1955, a 17 anni; ma, certo, fu un caso eccezionale, perché l’Unione Sovietica di quegli anni e la vita del popolo russo erano stati completamente sconquassati dalla Seconda Guerra Mondiale, dallo stalinismo e dalle drammatiche conseguenze che entrambi avevano lasciato nel paese, immenso per dimensioni ma estremamente povero e arretrato. Per questo Rudolf non poté accedere prima al mondo cui, evidentemente, apparteneva da sempre.
Ma che vi fosse destinato era cosa evidente a tutti; non si spiega altrimenti perché, nonostante fosse già un adolescente e non più un bambino, la commissione dell’Accademia accettò la sua domanda, riconoscendone lo smisurato talento.

Di pari passo alle doti nel ballo, però, Rudolf divenne famoso anche per il carattere estremamente difficile, impetuoso, poco incline alle regole nonostante fosse cresciuto in un ambiente dove il rispetto di esse era praticamente imprescindibile, dato il mestiere del padre; assieme alla fama mondiale si conquistò la reputazione di intollerante alle persone comuni, preferendo la compagnia di celebrità del calibro di Aristotele Onassis o Jacqueline Kennedy, quindi quella di “antipatico”, benché fosse riuscito a conservare gran parte delle sue amicizie di gioventù, ben lontane dai riflettori e dalla popolarità.
Anche lui, come molti in quel periodo, fu sorpreso e colto impreparato dall’AIDS, la malattia che, negli anni Ottanta, iniziò a diffondersi e a spaventare proprio perché ancora sconosciuta; erano ben lontani i tempi delle cure e dei modi per tenerla sotto controllo, all’epoca di AIDS si moriva. Ma, al pari di tanti altri, anche Nureyev inizialmente non se ne preoccupò, forse proprio perché totalmente ignaro o quasi dei pericoli a essa legati. Solo in un secondo momento, dal 1990 in poi, quando i sintomi del problema iniziarono a farsi troppo palesi per essere taciuti o camuffati, Rudolf iniziò a riconsiderare la propria condizione, ma orgogliosamente decise di non arrendersi ancora all’evidenza, e finse di avere altre malattie, rifiutando qualsiasi primordiale trattamento disponibile all’epoca.
Se ne andò il 6 gennaio 1993, in una clinica parigina, nella città che lo aveva ospitato – uno dei pochi russi a poter abbandonare il proprio paese – sconfitto nel fisico dall’AIDS, che gli aveva tolto potenza e prestanza… Ma non l’orgoglio.
Negli anni molti sono stati i suoi amori, alcuni veri, altri solo immaginati più dai paparazzi e dai giornali di gossip, ma più di tutti ce n’è sempre stato uno: quello per la danza, a cui dedicò una toccante lettera poco prima di andarsene, riportata nella gallery.
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Rockettara, animalista, sportiva e lettrice accanita, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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