Sono finalmente cominciati i ricongiungimenti tra genitori e figli giunti clandestinamente negli USA e separati una volta attraversato il confine con il Messico; i volti rigati di lacrime, le urla strazianti e le immagini dei bambini strappati da mamme e papà nell’ambito dell’attuazione della politica di “tolleranza zero” voluta dal presidente americano Trump avevano fatto il giro del mondo nelle scorse settimane, sollevando moti di critiche e proteste per l’azione del governo a stelle e strisce, molte delle quali provenienti persino dal partito conservatore stesso. La stessa First Lady, Melania, aveva aspramente criticato la politica del marito, il cui intento era separare i bambini dai genitori che, in quanto aventi lo status di clandestini, sarebbero stati messi in prigione all’arrivo sul suolo statunitense.

Alla fine il tycoon, forse smosso proprio dall’ondata di accuse a suo carico provenienti dall’opinione pubblica mondiale, ha fatto sapere di voler correggere il tiro, firmando un ordine esecutivo proprio per porre fine alla separazione delle famiglie di immigrati irregolari, in cui si prevede di detenere a tempo indeterminato le famiglie, unite, in custodia federale, mentre a partire dal 26 giugno scorso una giudice federale della California, Dana Sabraw, ha dato il via al ricongiungimento familiare. Il giudice, in particolare, aveva stabilito che i bambini con meno di 5 anni si sarebbero dovuti riunire ai genitori entro 14 giorni, mentre per i più grandi l’iter previsto era di un massimo di 30 giorni. La scadenza per l’attuazione era fissata al 10 luglio, ma al momento la procedura non si è conclusa, l’iter è stato avviato solo per 75 bambini su 102, e si pensa che il tutto potrebbe protrarsi persino oltre il 26  luglio.

Il governo sta facendo ricorso al test del Dna per verificare i legami di parentela tra adulti e minori, tuttavia questo non serve a velocizzare il ricongiungimento, reso ancora più complicato dal fatto che le famiglie sono state separate prima che venisse attuato un piano per riunirle. Il governo sta inoltre predisponendo dei bracciali elettronici che ogni migrante dovrà indossare prima di essere rilasciato, come ha spiegato Matthew Albence, direttore esecutivo per l’Immigrazione e le attività doganali.

Nel frattempo, però, mentre la burocrazia va avanti, la separazione forzata ha inflitto conseguenze davvero pesanti sui bambini, arrecando loro danni psicologici che avranno bisogno di un periodo di tempo molto ampio per essere sanati. Molti, ricongiunti alle madri, magari dopo 3 o 4 mesi, non le hanno neppure riconosciute, e hanno mostrato regressioni notevoli rispetto ai progressi compiuti negli ultimi giorni con i genitori. Il New York Times ha raccolto le storie di alcune di queste famiglie prima divise e poi riunite, raccontando tutto lo strazio di queste madri che non sono state riconosciute dai loro bambini, e noi ve le proponiamo in gallery.

Quei bambini che non riconoscono più le mamme dopo la separazione forzata
ph. Victor J. Blue for The New York Times
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