Negli anni Cinquanta, quando le donne che lavoravano dietro l’obiettivo erano ancora un esiguo gruppo, Agnès Varda si adoperò perché fosse concesso loro maggiore spazio. Alla magnifica regista belga, scomparsa nel 2019 a 90 anni, non bastò lottare per se stessa: c’erano anche tutte le altre per cui battersi.

Come raccontato in un’intervista del 2000 a Panorama, recentemente riportata dal Corriere della Sera, non si fece problemi nel diventare una spina nel fianco per chi lo spazio non voleva concederlo.

Ero la prima donna-autore. Dopo il mio mediometraggio La pointe courte, ero tutta sola in quella grande ondata della Nouvelle Vague che seguì, ero l’alibi, l’errore. Ma me ne fregavo, facevo i miei film e basta. Dopo ci sono state le registe della rivolta femminista. Ma è stato un fuoco di paglia, non mi sono lasciata intruppare. Però mi sono battuta perché le donne avessero ruoli tecnici e creativi come operatrici, scenografe. Per cui mi sono fatta la fama di femminista emmerdeuse [rompiscatole, N.d.R.].

La storia di Agnès Varda

Nata nel 1928 a Ixelles, in Belgio, Agnès Varda trascorse i primi anni dell’infanzia in Belgio con i genitori, i fratelli e le sorelle. Si chiamava Arlette, nome dedicato alla città di Arles, in cui era stata concepita, ma a diciotto anni decise di diventare Agnès, come omaggio alle origini greche del padre (la madre, invece, era francese).

Come ricordato nella biografia ufficiale, sul sito della sua casa di produzione Ciné-Tamaris, la Seconda guerra mondiale spinse presto la famiglia Varda a emigrare nel sud della Francia. Agnès passò la sua adolescenza a Sète, cittadina affacciata sul mare che immortalò pochi anni più tardi nel suo debutto alla regia, per poi spostarsi a Parigi per studiare fotografia.

Mentre muoveva i primi passi come regista e documentarista si innamorò dell’attore Antoine Bourseiller, che la lasciò mentre era incinta della figlia Rosalie. Nello stesso anno in cui diventò madre, il 1958, sposò il collega e cineasta Jacques Demy, da cui ebbe un altro figlio, Mathieu, e con cui rimase fino alla morte di lui, nel 1990.

Il successo come regista

Dopo una mostra personale di fotografie, allestita nel 1954 nel cortile di casa sua, Agnès Varda spostò l’attenzione sul cinema. Fondò così la sua casa di produzione per produrre e dirigere il suo primo lungometraggio, La Pointe Courte, che anticipò di diversi anni i temi e il linguaggio della Nouvelle Vague.

Da quel momento non si fermò più: fino a 90 anni continuò a scrivere e dirigere, per un totale di 36 film tra cortometraggi, lungometraggi e documentari. Tra i tanti premi alla carriera, ricordiamo il César nel 2001, la Palma d’oro al Festival di Cannes nel 2015 e l’Oscar nel 2017, una serata memorabile da lei ricordata in un’intervista a Interview, poco prima della sua scomparsa.

È stata la sorpresa della mia vita. Questi Oscar alla carriera vengono assegnati a registi e artisti che rispettano e ammirano, ma che non sono mai stati mainstream. Naturalmente ero felicissima. La stanza era piena di tutte queste star e io ero lì, con la mia famiglia. Nella mia testa stavo già ballando e poi è successo davvero. Angelina Jolie mi ha dato la statuetta, mi ha preso per un braccio e abbiamo improvvisato un piccolo balletto.

Artista a tutto tondo, nel 2003 partecipò alla Biennale d’Arte di Venezia ed espose le sue installazioni artistiche anche alla prestigiosa Fondazione Cartier per l’Arte Contemporanea e alla 41esima edizione di Basel Art Fair, la fiera d’arte più importante al mondo.

Sono curiosa. Punto. Trovo tutto interessante. Vita reale. Vita finta. Oggetti. Fiori. Gatti. Ma soprattutto le persone. Se tieni gli occhi aperti e la mente aperta, tutto può essere interessante. Il segreto è che non ci sono segreti.

Sfogliate la gallery per ripercorrere la filmografia di Agnès Varda attraverso alcuni lungometraggi e documentari iconici…

"Ero l'errore, ma me ne fregavo": Agnès Varda, senza paura
Fonte: Facebook / Agnès Varda Officiel
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