Margaretha nasce nella famiglia di Adam Zelle e di Antje van der Meulen, ed ha tre fratelli, il maggiore, Johannes, e due gemelli, Arie Anne e Cornelius; la sua carnagione bruna, i capelli e gli occhi neri la differenziano dalla norma dei suoi conterranei olandesi. La sua famiglia vive in modo agiato per le varie attività imprenditoriali del padre e possono permettersi quindi una bella casa e la frequenza a scuole prestigiose. A causa del declino economico paterno i genitori di Margaretha si separano e la futura ballerina finirà a vivere presso uno zio a L’Aja.  Nel 1895 Marghareta decide di rispondere ad un’inserzione matrimoniale e si sposa con un ufficiale il capitano Rudolph Mac Leod. La coppia decide di stabilirsi ad Amsterdamnella casa di Louise, la sorella di Rudolph.

INDONESIA. Per seguire il marito nel suo lavoro, la famiglia,  ora è formata da tre elementi dopo la nascita di Norman John, si trasferisce a Giava. Nel 1898 nasce la seconda figlia Jeanne Louise. Purtroppo non sono felici sia per via della durezza di vita nei villaggi rispetto agli agi delle città europee che per la gelosia del marito di Margaretha. Trasferitisi a Sumatra la donna ha modo di trovare un passatempo: affascinata dalle movenze della danza locale e dalla musica esotica, decide di provare ad imitare questo tipo di ballo. Purtroppo la serenità dura poco. Infatti nel 1899 muore avvelenato il primo figlio della coppia Norman. Il dolore che causa rimanere in quei posti è troppo forte e una volta raggiunga l’età della pensione il maggiore Mac Leod lascia l’esercito e nel 1900 riaccompagna la famiglia in Olanda.

PARIGI.  Rientrati in Olanda dopo poco Margaretha viene lasciata dal marito e successivamente i due si separano. La donna rimane sola perché la figlia viene affidata al padre. Decide di tentare l’avventura della grande città  e nel marzo del 1903 Margaretha si trasferisce a Parigi, dove però non conosce nessuno. Per guadagnare da vivere fa tanti lavori, come ad esempio la modella presso un pittore, tenta la strada del teatro, arriva anche a prostituirsi per sopravvivere. Il successo però non arriva. L’anno successivo Mata tenta la carta opposta e cioè finge di non essere in ristrettezze economiche. Decide di vivere al Grand Hotel e di presentarsi al Signor Molierproprietario di un’importante scuola di equitazione e di un circo. Margaretha che a Giava ha imparato a cavalcare si offre di lavorare come amazzone e viene accettata. Durante una festa in casa Molier, Mata si esibisce in una danza giavese e l’uomo rimane entusiasta di lei. Pian piano i suoi spettacoli giavesi senza veli vengono sempre più richiesti e la sua fama di “danzatrice venuta dall’oriente” si estende a tutta Parigi. Per rendere il suo nome più esotico lo cambia in Mata Hari “Occhio dell’Alba” in malese e continua così la sua ascesa. I suoi spettacoli sono richiesti anche al “Moulin Rouge“, al “Trocadero“, al “Café des Nations“. Per rendere il proprio personaggio ancora più intrigante Mata decide di rendere più esotiche le proprie origini. “Sono nata a Giava e vi ho vissuto per anni» – racconta ai giornalisti, mescolando poche verità e molte bugie – «sono entrata, a rischio della vita, nei templi segreti dell’India [ … ] ho assistito alle esibizioni delle danzatrici sacre davanti ai simulacri più esclusivi di Shiva, Visnù e della dea Kalì [ … ] persino i sacerdoti fanatici che sorvegliano l’ara d’oro, sacra al più terribile degli dei mi hanno creduto una bajadera del tempio [ … ] la vendetta dei sacerdoti buddisti per chi profana i riti [ … ] è terribile [ … ] conosco bene il Gange, Benares, ho sangue indù nelle vene»

SUCCESSO INTERNAZIONALE. L’esibizione al teatro dell’Olympia la consacra definitivamente come la «donna che è lei stessa danza», «artista sublime», e come colei che «riesce a dare il senso più profondo e struggente dell’anima indiana» La realtà è che la ballerina ottiene un grande successo in quanto offre quello che gli spettatori si aspettano dalla sua danza:  il fascino proibito dell’erotismo e la purezza dell’ascesi, tra la saggezza del Budda e i riti sanguinari di tribù inesistenti. Tutta l’Europa la richiede e quindi andrà in Spagna Monaco in Francia. Anche Giacomo Puccini si dice suo ammiratore. Ed in effetti al di là delle bugie è innegabile un suo certo talento come ballerina. Il padre di Mata pubblica una biografia della figlia rincarando le bugie sulle sue orgini e parlando di parentele con re e principi giavesi. Mata ovviamente conferma le menzogne del padre. Il vertice del riconoscimento artistico giunge con la sua esibizione a “Teatro alla Scala” di Milano.  L’inizio della Prima Guerra Mondiale chiude la Belle Epoque e la carriera di Mata.

LA GUERRA E LO SPIONAGGIO. A fatica riesce a rientrare in Olanda. Diventa amante di uomini facoltosi che la sorreggono nelle sue difficoltà finanziarie. Ritenta con un viaggio a Parigi tenta di riprendere la carriera di ballerina ma non le riesce e torna a casa. Il suo amico il console tedesco Alfred von Kremer sembra le abbia proposto di diventare spia al servizio della Germania, proposta che Mata accetta. La ballerina diventa  l’agente H21 e viene istruita in Germania dalla famosa spia Elsbeth Schragmüller, più nota come Fräulein Doktor, che la immatricola con il nuovo codice AF44. La sua attività di spia è però già sorvegliata dal controspionaggio inglese e francese che decidono di proporle un passagio tra le proprie fila. Mata accetta per l’enorme cifra di un milione di franchi! giustificata dalle importanti conoscenze che lei vanta e che possono a suo dire tornare utili alla causa francese.

DOPPIO GIOCO. Inizia così la ballerina Mata Hari un pericoloso doppio gioco che la porta a lavorare sia per i francesi che per i tedeschi. A Falmouth nel Regno Unito viene arrestata perché scambiata per una ballerina di flamenco sospetta spia tedesca. L’equivoco viene chiarito ma lei viene spedita in Spagna. Siamo nel 1916. A Madrid continua il doppio gioco rimanendo in contatto sia con l’addetto militare all’ambasciata tedesca che con quello dell’ambasciata francese. L’addetto tedesco si rende conto che Mata ha riferito di manovre dei sottomarini tedeschi al largo delle coste del Marocco ai francesi. Utilizzando un codice già stato decodificato dal controspionaggio francese telegrafa a Berlino parlando di lei come dell’agente H21 anziché utilizzando il più recente codice AF44.  I francesi decifrano le informazioni e appena Mata Hari rientra a Parigi e la mattina del 13 febbraio venne arrestata nella sua camera dell’albergo Elysée Palace e rinchiusa nel carcere di Saint-Lazare.

IL PROCESSO. Mata Hari in un primo momento decide di negare tutto e di dirsi estranea alle vicende di spionaggio. Poi cerca di giocare la carta dell’ammissione dello spionaggio ma vantaggio della Francia. Durante il dibattimento Mata dichiara che tempo prima era stata contattata anche dallo spionaggio russo. Molti suoi ex amanti francesi testimoniano a suo favore dichiarando che la ballerina non poteva essere una spia. Ma la situazione precipita quando l’accusatore di Mata Hari al processo porta la prova del messaggio tedesco decifrato. La ballerina precipita nella solitudine più assoluta quando anche l’ufficiale russo Masslov, del quale Mata Hari sarebbe innamorata, scrive di aver sempre considerato la relazione con la donna soltanto un’avventura. Alla fine del dibattimento la corte si riunisce. Dopo un’ora viene emessa la sentenza: «Il Consiglio di Guerra condanna all’unanimità Marguerite Gertrude Zelle alla pena di morte mediante fucilazione».

LA MORTE. Non bastano l’instanza di riesame del processo e una domanda di grazia presentate dall’avvocato di Mata Hari a cambiare il suo destino.  Il 15 ottobre 1917, un lunedì, Mata Hari, che dopo il processo occupa una cella in comune con due altre detenute, viene svegliata all’alba e informata che la domanda di grazia era stata respinta e invitata a prepararsi per l’esecuzione. Mata non rinuncia neanche in quel frangente a vestirsi con eleganza, assistita da due suore. Riceve anche il battesimo da un pastore. Nell’ufficio del direttore, scrive tre lettere – che poi non verranno mai spedite – indirizzate alla figlia Jeanne Louise, al capitano Masslov e all’ambasciatore d’Olanda. Al braccio di suor Marie, si avvia fermamente al luogo fissato per l’esecuzione, salutata, come è previsto, da un plotone che le presenta le armi. Ricambiato più volte il saluto con cortesi cenni del capo, viene legata in modo blando al palo Mata Hari rifiuta la benda, e può così fissare di fronte a sé i dodici fanti reduci dal fronte cui era stato assegnato il compito di giustiziarla: uno di essi, secondo regola, ha il fucile caricato a salve. Verranno sparati undici colpi dei quali otto andranno a vuoto volutamente dai militari francesi. Uno la colpisce al ginocchio uno al fianco ed un terzo và dritto al cuore. Il colpo di grazia alla nuca sarà inutile. Il corpo della ballerina un tempo tanto amato non viene reclamato da nessuno. Verrà sezionato all’Istituto di medicina legale di Parigi e dopo sepolto in fossa comune. La testa che era stata conservata verrà trafugata negli anni cinquanta in circostanze mai chiarite. Forse per diventare una macabra reliquia.

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