Essere donne in Sudan, nel genocidio di cui non stiamo parlando

Cosa sta succedendo in Sudan, da ormai più di due anni? La risposta è tanto semplice quanto terribile: un genocidio, che sta consumando un Paese intero, colpendo con violenza e atrocità soprattutto le donne.

Mentre il mondo ha finalmente puntato gli occhi sul genocidio in Palestina, non si sta accorgendo di un’altra guerra terribile che da più di due anni si sta perpetrando, con lo stesso obiettivo di eliminare una popolazione intera, portando avanti violenze inaudite: quella in Sudan. Iniziata ufficialmente nel 2023, dopo quattro anni di tensione, è diventata un’emergenza umanitaria a tutti gli effetti. Perché ormai non è più una guerra, ma un vero e proprio genocidio. Essere donne in Sudan significa essere vittime di orrori indicibili, stupri, violenze e morte, eppure non ne stiamo parlando.

La guerra in Sudan: la violenza delle RSF

Per fare un passo indietro, tutto è iniziato nel 2019 con la destituzione del Presidente Omar Al-Bashir che era a capo da trent’anni, dopo un colpo di stato del 1989. Nel 2021, un’alleanza tra l’esercito e i civili ha portato al potere il Generale Abdel Fattah al-Burhan, a capo delle forze armate, e il suo vice Generale Mohamed Hamdan Dagalo. Quest’ultimo, noto con il soprannome di Hemedti, è leader delle Forze di Supporto Rapido (RSF).

Dopo un primo periodo di accordo, le due fazioni guidate dai due generali hanno iniziato ad avere pareri contrastanti. La guerra in Sudan è esplosa così nell’aprile 2023, e si svolge da allora tra le RSF, milizie paramilitari guidate da Hemedti, e le Forze Armate Sudanesi (SAF), ovvero l’esercito sudanese, guidato da Al Burhan. Questo conflitto non è solo una lotta per il potere politico-militare, ma ha generato una gravissima crisi umanitaria: centinaia di migliaia di morti, oltre 11 milioni di persone sfollate secondo diverse fonti, e crimini di guerra.

Le Nazioni Unite non possono che parlare oggi di genocidio: in questi due anni e mezzo, sono ormai più di 150.000 i morti contati, in continuo aumento. Su una popolazione complessiva di 46 milioni di abitanti, almeno 30 milioni hanno bisogno di assistenza umanitaria, 24 milioni dei quali sono a rischio carestia. Gli sfollati che cercano di sfuggire alle violenze sono ben 12 milioni e altri 4 milioni hanno cercato riparo nei paesi limitrofi in grandi campi di tende gestiti dall’Onu e dalle organizzazioni umanitarie.

I giornalisti di guerra sono esclusi, lasciati fuori, le notizie arrivano soltanto dalle organizzazioni umanitarie che riescono ad entrare. Ma anche dalle atrocità che le milizie postano online con orgoglio.

Essere donne durante il genocidio in Sudan

essere donne in sudan
Fonte: Unhcr.org

Se già la situazione è tragica e umanitariamente insostenibile, così come essere donne a Gaza, anche essere donne in Sudan durante la guerra e il genocidio è atroce. Come accade sempre nelle guerre, la violenza impatta in maniera sconsiderata su donne e bambini. La situazione in Sudan per le donne è terribile, il tutto documentato per il mondo, che resta impassibile di fronte a queste atrocità, di cui forse si sta iniziando a parlare ora. A Khartoum e nelle città del Darfur e del Kordofan, continuano gli attacchi indiscriminati, tra cui bombardamenti da entrambe le parti e attacchi aerei delle SAF.

Stando ai rapporti di Amnesty International e altre ONG sul posto, da entrambe le fazioni, in maggioranza dalle RSF, sono portate avanti violenze sessuali sistematiche, usate come arma di guerra. Sono descritti stupri, anche di gruppo, detenzioni forzate, torture brutali e schiavitù sessuale. Le atrocità sono organizzate, non sono random, decise ed eseguite su donne, ragazzine e bambine, per infliggere umiliazione e asserire il loro controllo. Spingendo intere comunità a scappare.

Come abbiamo detto, sebbene la maggior parte delle violenze denunciate provenga dalle RSF, anche le SAF non sono esenti da accuse gravi e crimini di guerra. Secondo Human Rights Watch (HRW), dopo il loro ritorno in alcune parti della città di Omdurman, uno dei centri più grandi del Sudan, si sono verificate aggressioni sessuali anche ad opera di membri dell’esercito regolare. L’orrore ha un’aggravante in più, perché l’accesso alle cure post-stupro è gravemente compromesso e ostacolato dalle parti in conflitto. Bloccare l’assistenza sanitaria e le forniture significa avere bene in testa l’obiettivo: il genocidio.

Violenza di genere e condizioni sanitarie

Durante un conflitto armato, che diventa genocidio, viene a mancare l’assistenza sanitaria, la sanità pubblica, colpendo in maniera estremamente maggiore le donne e le bambine. Circa l’80% degli ospedali e delle cliniche delle aeree colpite dalla guerra non sono più funzionanti, così le donne non hanno più modo di essere seguite medicalmente. L’interruzione dei servizi sanitari vitali ha causato un aumento allarmante della mortalità materna e ha privato donne e ragazze dell’accesso a prodotti per l’igiene mestruale, supporto psicologico e spazi sicuri.

Le famiglie e le donne che non sono a combattere sono colpite dalla carenza alimentare. Secondo le stime di Human Rights Center, 1,63 milioni di donne in età riproduttiva sono private di assistenza sanitaria essenziale. La carenza di acqua pulita, servizi igienico-sanitari e servizi igienici colpisce anche l’80% delle donne sfollate, a causa del domicidio. In Sudan, la crisi dell’istruzione si sta aggravando, con 2,5 milioni di ragazze in età scolare che non vanno a scuola, aumentando il rischio di matrimoni precoci e mutilazioni genitali femminili.

Queste ultime pratiche infatti continuano ad essere praticate in maniera sistematica, e rappresentano l’ennesima forma di violenza estrema che la guerra ha aggravato e ha reso un’arma per sottomettere l’intera popolazione. La violenza di genere in Sudan è ai massimi storici: stupri, torture e violenze perpetrati dalle forze armate su donne e bambine si uniscono alle pratiche già in uso di violenza femminile del Paese. E alle condizioni terribili e precarie in cui le donne sono costrette a partorire, curarsi, convivere con la malnutrizione, carestia e condizioni igieniche inesistenti.

La guerra in Sudan e la condizione femminile: i numeri

I dati sulle morti durante la guerra e il genocidio in Sudan che ci arrivano sono sempre frammentati, per mancanza di copertura mediatica. Le informazioni che arrivano sono comunque allarmanti, e fanno comprendere quanto più grave ancora sia la situazione reale. Riguardo alla condizione sulle donne, i numeri sono spaventosi.

Che sia per i bombardamenti, per gli abusi e le torture, per la scarsissima igiene e la mancanza di aiuti sanitari, donne e bambini continuano a morire in Sudan ogni giorno. Nel novembre 2025 secondo UNWomen quasi 11 milioni di donne e ragazze soffrono di grave insicurezza alimentare.

Un rapporto di Save the Children del marzo 2024 ha avvertito che quasi 230.000 neomamme e bambini stanno morendo di fame senza un intervento urgente. 7,4 milioni di donne e 15,6 milioni di bambini necessitano di assistenza umanitaria e sono stati segnalati 87 casi in cui agli aiuti umanitari è stato negato l’ingresso nelle aree colpite. Secondo invece quanto riportato dalla London School of Hygiene & Tropical Medicine, a settembre 2025 erano state rapite almeno 95 donne.

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