
15 Minute City: cos'è la "Città a 15 minuti" e le ragioni di questo modlelo urbano
Esistono progetti urbanistici amici dell'ambiente e promotori di una qualità della vita senza stress da automobili: ecco in cosa consiste la 15 Minute City.

Esistono progetti urbanistici amici dell'ambiente e promotori di una qualità della vita senza stress da automobili: ecco in cosa consiste la 15 Minute City.
Vi piacerebbe vivere in una città in cui tutto è a portata di mano, o meglio a un massimo di 15 minuti di strada a piedi o in bicicletta? Se la vostra risposta è sì, sarete felici di scoprire che un progetto simile esiste e prende il nome di 15 Minute City. E la cosa più interessante è che progetti affini a questa idea si possono trovare in tutto il mondo, anche in Italia.
Si tratta di un’idea e di una progettualità che inerisce la pianificazione urbana: in base a esse, si deve immaginare e costruire un luogo a misura di essere umano, in cui i servizi essenziali (sanità, istruzione, lavoro) ma anche quelli accessori (hobby, sport e shopping) siano forniti in uno spazio che può essere raggiunto in 15 minuti al massimo a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici (possibilmente elettrici o ibridi).
Si tratta, in altre parole di ripensare la città in maniera ecosostenibile, amica di uno stile di vita sano e inclusiva. Pensate a questo: in un luogo in cui tutti vanno a piedi o in bici e i percorsi dei mezzi pubblici sono segnalati e isolati in apposite corsie, quanto possa essere più semplice e senza pericoli spostarsi per chi abbia una disabilità che include una difficoltà di deambulazione (oppure si sia anziani e bambini). Per quanto riguarda il lavoro, inoltre, di solito si svolge tutto o quasi in smartworking (con l’eccezione di quelle attività, statali o private, che forniscono i servizi diretti), in casa propria o in spazi sociali di co-working.
Queste idea e progettualità si basano sulle teorie di Clarence Perry, Carlos Moreno e Jane Jacobs: tre idee lievemente differenti che prendono spunto da unità territoriali in cui siano presenti i succitati servizi fondamentali e accessori, e caratterizzati da una percorribilità a piedi di massimo 15-20 minuti per raggiungere qualunque cosa o persona occorra. Questi modelli si sono fatti più reali e urgenti dopo la crisi che ha caratterizzato la pandemia di Covid-19: se le nostre comunità non sono strettamente in comunicazione l’una con l’altra, i focolai di una malattia possono essere contenuti e curati meglio. A questo si aggiungano le urgenze della crisi climatica, per cui uno stile di vita ecosostenibile ad ampia diffusione gioverebbe non poco al pianeta.
E poi nell’immaginario collettivo potrebbe essere interessante anche dal punto di vista della suggestione. Per chi ha dimestichezza con la serie Una mamma per amica: immaginate una sorta di Stars Hollow in cui si potrebbe non aver bisogno di altro per vivere una vita quotidiana – ovviamente escludendo, proprio come accade nella serie, eventuali rapporti famigliari fuori città e necessità di istruzione di alto livello. Anche la possibilità di un’istruzione di alto livello, per la verità, ricalca lo schema delle cittadelle universitarie in cui gli studenti vivono nel luogo in cui studiano.
Chiaramente ci possono essere degli ostacoli. In primis ciò che è esistente non può essere stravolto urbanisticamente parlando: si può intervenire su nuovi quartieri – o, come vedremo, su città che sono strutturate di per sé in modo da accogliere questo modello, come gli arrondissement parigini – ma per esempio non si può intervenire in tal senso sui centri storici. C’è poi il limite del rapporto sociale che rischia di focalizzarsi su comunità endogamiche: bisogna ricordare l’incidenza della sordità riscontrata nel XIX secolo a Martha’s Vineyard a causa del suo isolamento.
Ben prima del Covid-19 il già citato urbanista Moreno aveva trattato, nel 2016, la 15 Minute City, citando il lavoro di Nikos Salingaros sulla densità ideale e ottimale per lo sviluppo urbano come risposta ai problemi di sovraffollamento e alle istanze ambientali. In questi presupposti, le città devono essere completamente digitali e multiculturali o multietniche (per contrastare l’endogamia peraltro).
Modelli affini alla 15 Minute City esistono già. A Singapore, per esempio, si sta studiando un modello non da 15 minuti, ma da 20 o da 45, che comunque è un bel passo avanti soprattutto nelle metropoli. Città come Tel Aviv, Dubai, Quezon City nelle Filippine o hanno già provveduto o stanno provvedendo a uno sviluppo urbano per quartieri che includa il modello, così come Shanghai, Utrecht, Melbourne, Bogotà e altre.
Il modello più realistico è però quello della sindaca di Parigi Anne Hidalgo, che ha previsto la riconversione di alcuni spazi negli orari in cui sono chiusi: per esempio i cortili delle scuole, quando i bambini non sono a studiare, diventano parchi pubblici. Parigi inoltre ha visto l’implementazione di piste ciclabili e la piantumazione di alberi. Ma anche in Italia non siamo da meno: a Cagliari, esiste un piano strategico per la mobilità, attraverso la pianificazione partecipativa, in cui vengono riqualificati spazi pubblici ed edifici in disuso per fornire servizi a poco tempo e spazio da casa e le persone vengono incoraggiate a spostarsi a piedi.
Vale la pena citare una teoria del complotto sulla 15 Minute City. Non tutte le teorie del complotto sono collegate e le persone che le perseguono sono assolutamente trasversali e non etichettabili. Tuttavia la teoria del complotto sulla 15 Minute City negli Stati Uniti e in altri Paesi di lingua anglosassone trova particolare terreno fertile tra coloro che parlano di QAnon e di manipolazione 5G, oltre che negli ambienti dell’Alt Right.
Secondo questa teoria del complotto, le politiche di sostegno alla 15 Minute City mirano a ingabbiare i residenti di una determinata area per controllarla meglio, impedendo l’utilizzo delle automobili, la possibilità di viaggiare e imponendo determinati stili di vita (cosa fare, cosa comprare e così via). La descrizione è quella di una sorta di prigione all’aperto, in altre parole. A volte all’interno della teoria entrano anche politiche ambientali e legate al traffico come le Ztl, le Zone 30 e simili.
Naturalmente si tratta di una reductio ad absurdum: nessuno vieterà alle persone che vivono in una 15 Minute City di spostarsi, è solo che non dovranno essere costrette a farlo, soprattutto per bisogni primari, come mangiare o curarsi. E soprattutto viene promosso uno stile di vita più rilassato, che non comporta la follia di trascorrere ore e ore in auto nel traffico, un po’ come capita in Motor Mania, quel cortometraggio in cui Pippo, da docile amico di Topolino, si trasforma in una vera belva nel traffico della città.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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