
L'assurda morte di Italino Iacomelli a 5 anni, il bimbo che giocava col cerchio
Un bambino di soli cinque anni, il gioco innocente con un cerchio che si trasforma in tragedia, ecco la storia di Italino Iacomelli e della statua del suo sepolcro

Un bambino di soli cinque anni, il gioco innocente con un cerchio che si trasforma in tragedia, ecco la storia di Italino Iacomelli e della statua del suo sepolcro
Ci sono nomi che rimangono nella memoria, e anche se per qualcuno quello di Italino Iacomelli potrebbe essere nuovo, per altri è e sarà sempre il nome del bambino che giocava col cerchio, la storia di un fanciullo morto troppo presto e che merita di essere raccontata e conosciuta.
Un bambino il cui corpo oggi giace nel cimitero di Staglieno, un luogo misterioso, affascinante e in cui sono presenti delle statue bellissime e ricche di significato, tra cui spicca la statua di un bambino che rincorre il suo cerchio, con una grande mano che sbuca dalla terra che sembra volerlo afferrare e fermare dal suo gioco.
Ed è proprio da qui che partiremo per raccontarvi la storia di Italino Iacomelli, quel bambino che giocava e che è morto a soli cinque anni senza nessuna colpa o ragione.
La storia inizia nel 1920, quando Italo Aurelio Umberto Iacomelli, detto Italino, nacque. La mamma, Aura Vanda Gambini, però, morì due anni dopo, nel 1922 a soli 26 anni, dando alla luce un terzo figlio che però non sopravvisse. Una morte che lasciò il marito Donatello Iacobelli senza una moglie, e il piccolissimo Italino e la sorella maggiore, Italia, senza madre.
Un bambino amatissimo dal padre ma anche da tutta la comunità di Genova, che lo vedeva crescere e giocare e che lo trattava quasi come fosse il figlio di tutti.
Durante l’estate del 1925, in una calda sera del 16 agosto, Donatello Iacobelli decise di portare al parco il figlioletto, ai giardini Carbonara, come di consueto, per farlo giocare con il suo cerchio
Una giornata normale, in cui Italino giocava felice come era solito fare, sorvegliato dal padre e al sicuro. O forse no. Ad un tratto, infatti, il cerchio con cui Italino stava giocando, iniziò a rotolare un po’ più distante, arrivando vicino a un uomo. Il bambino, senza la minima preoccupazione e innocentemente, si avvicinò all’uomo, il quale allungando la mano come per recuperare il cerchio e restituirlo a Italino, afferrò invece il bambino, lo prese in braccio e avvicinandosi velocemente al parapetto delle Mura, lo gettò nel vuoto, facendolo precipitare per oltre 15 metri.
Un gesto folle, senza senso, frutto della pazzia, troppo veloce per essere fermato ma che venne visto da tutti i presenti in quella zona del parco, che accerchiarono l’uomo nel tentativo di linciarlo per l’azione orribile appena compiuta. Un pestaggio che non ebbe tragiche conseguenze solo grazie all’intervento delle forze dell’ordine che lo fermarono, allontanando la folla e arrestando l’uomo.
Intanto, il padre di Italino, disperato, corse subito in soccorso del figlio, che aveva subito gravissime ferite, fratture e un’emorragia celebrare, per lo schianto avvenuto a terra. Una corsa all’ospedale, un tentativo in extremis di salvataggio, ma che non ebbe risultati. Italino morì nella notte per le ferite subite, lasciando il padre distrutto dal dolore a soli cinque anni.
Una tragedia, frutto di un atto di follia senza senso a opera di un uomo di 26 anni, un telegrafista Torinese, che il padre scoprì essere affetto da gravi problemi mentali. Ludovico, infatti, così si chiamava, era uscito da appena tre giorni dal manicomio di Cogoleto, dove era stato già ricoverato due volte, e giusto il giorno prima della tragedia si era recato dai carabinieri, dichiarando di aver buttato una bambina giù da un muro. Un fatto inventato e che non era mai accaduto, motivo per il quale i militari lo rilasciarono.
Il padre di Italino, venuto a conoscenza della condizione mentale dell’uomo, decise di non cedere all’odio ma di chiedere che venisse portato là dove poteva essere curato. Di Ludovico quindi si persero le tracce, probabilmente internato nuovamente in un ospedale psichiatrico. Per Italino, invece, vennero fatti i funerali, sentitissimi e affollatissimi, con una partecipazione totale della comunità, che si chiuse vicino al padre condividendone l’immenso dolore.
Donatello, poi, fece seppellire il figlioletto nel Cimitero di Staglieno, facendo realizzare dallo scultore genovese Adolfo Lucarini un sepolcro che rappresentasse il suo bambino, intento a giocare, ciò che più amava fare, ma anche accanto a quelle mani che, uscendo dalla terra, rappresentano il pericolo inatteso che si trova anche nelle situazioni apparentemente più innocue. Le stesse che gli portarono via il figlio in un qualunque 16 agosto.
Una tomba che è un simbolo, e che nonostante non sia in una posizione battuta del cimitero, viene comunque visitata, a cent’anni dalla sua scomparsa, in memoria di questo piccolo bambino morto per mano della follia adulta. Un ricordo eterno di un bambino morto troppo presto mentre giocava.
Vivo seguendo il mantra "se puoi sognarlo puoi farlo". Sono una libera professionista della vita. Una porta verde, una poltrona rossa e una vasca da bagno sono le mie certezze, tutto il resto lo improvviso.
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