Voltandosi a guardare indietro nella propria vita, sono tante le emozioni che si possono provare per qualcosa che è stato e che adesso non c’è più, dalla tristezza alla gioia, dalla malinconia alla gratitudine. Emozioni diverse tra loro ma che possono coesistere, proprio come accade nel natsukashii.

Un termine strettamente legato alla cultura giapponese, e che sta a indicare un sentimento che unisce, appunto, la malinconia alla gratitudine. Un termine che in italiano non ha una traduzione letterale ma che si può comunque provare a comprendere, magari per dare finalmente un nome a ciò che abbiamo provato anche noi.

Cosa significa natsukashii?

Come detto, quindi, quando si parla di natsukashii, si fa riferimento a un mix di due emozioni distinte ma che convivono insieme in uno stesso stato d’animo verso un qualcosa che è accaduto o che si è provato nel passato ma che ancora vive nel nostro cuore. Un termine intraducibile in italiano e che indica una nostalgia felice, ovvero un sentimento che unisce appunto la nostalgia con una profonda gratitudine per ciò che si è vissuto.

Una parola strettamente legata alla cultura giapponese e che indica l’attitudine (forse meno frequente nei Paesi occidentali) a vivere il presente, lasciando andare il passato portandolo nel cuore con dolcezza.

Natsukashii non è semplice nostalgia

La nostalgia, quindi, nel caso del natsukashii, non è vista come la intendiamo noi occidentali ma è considerata come un qualcosa di positivo, una nostalgia felice appunto.

Un termine che trova radici nel verbo giapponese natsuku, che significa “tenersi vicino e affezionarsi”, e che mette in luce una forma di gratitudine e di gioia ricordando il passato e non il desiderio di ritornarvi come accade con la nostalgia per come la intendiamo qui.

Una forma di attaccamento a ciò che è passato ma senza che questo abbia un effetto negativo sulla persona, poiché si tratta di attaccamento piacevole, che fa sorridere e che suscita emozioni positive nel ricordare un qualcosa (ma anche una persona o un oggetto) che si è vissuto e per cui si ha del trasporto carico di dolcezza e di sensazioni piacevoli. Un qualcosa che manca ma che si è lasciato andare, tenendone il buono e per il quale, anche a distanza di tempo, si prova gratitudine e gioia.

Una sorta di promemoria, quindi, pronto a manifestarsi per ricordarci della fortuna che si è avuta nel vivere quella determinata cosa, senza desiderio di riviverla o di tornare indietro, ma consapevoli di ciò che questa ha lasciato nel presente e per cui si è grati.

Come e perché trasformare la nostalgia in “nostalgia felice”

Una particolare tipologia di nostalgia a cui tutti dovremmo tendere, quindi, perché il natsukashii ha in sé una forza enorme se solo si pensa a quanto il passato, a volte, vada a condizionare il nostro presente.

Una forma di ricordare con gentilezza, verso ciò che è stato e verso se stessi, che non suscita emozioni “negative” ma che lascia sensazioni di pace, serenità, gratitudine e felicità verso la vita che si è vissuta. E che può scatenarsi in tanti modi diversi, dal ricordo che nasce da un profumo che si sente, da un’immagine che si osserva, da un luogo che si visita, da un oggetto che ricompare all’improvviso, e a prescindere dal come si è vissuto quel momento in passato.

Per esempio, nel ritrovare un bigliettino del nostro primo amore, una storia chiaramente finita e per cui magari si è anche sofferto, ma che a distanza di tempo di lascia un ricordo di amore e di dolcezza, di gratitudine e di gioia per ciò che è stato e per i momenti vissuti. Come una forma di tenerezza verso il sé di un tempo.

Provare il natsukashii, quindi, è possibile per tutti, imparando a vivere nel momento presente, senza attaccarsi a ciò che è stato e che punta a trovare il buono che esiste in ogni cosa che ci accade, il famoso bicchiere mezzo pieno, e tenendo questa sensazione con sé una volta che il ricordo riaffiora. Una sensazione che di malinconia ma molto più di gratitudine e bellezza e che fa bene al cuore.

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