Forse non avremo mai sentito il nome, ma tutti l’abbiamo provata, almeno una volta. Dietro il termine FOFO, infatti, si nasconde una paura che molti di noi conoscono benissimo. È quella che ci impedisce di andare dal medico per paura di ricevere brutte notizie, anche se stiamo male.

Ma è anche il timore che ci blocca quando dobbiamo aprire una mail di cui temiamo di conoscere il contenuto o il panico che ci prende quando dobbiamo affrontare un discorso serio con qualcuno che è importante per noi. Insomma, è quella paura che ci spinge a mettere la testa sotto la sabbia per paura di cosa potremmo vedere invece di affrontare la realtà, un timore conosciuto come “Effetto Ostrica”.

Capire cosa significa davvero questo buffo acronimo – e perché può essere così nocivo per noi – è il primo passo per liberarsene.

Cos’è la FOFO, fear of finding out?

La FOFO – o paura di sapere – è la barriera psicologica che impedisce a una persona di sapere di più su un potenziale problema perché ha paura di ciò che scoprirà.

Il termine è inizialmente diventato popolare in campo medico: i ricercatori lo usavano per descrivere i sentimenti di chi aveva paura di consultare un medico pur soffrendo. Ora, però, si applica a una varietà di contesti diversi.

Ad esempio, come spiega un articolo su Adweek, a soffrire di FOFO sarebbero molto spesso i marketers e chi si occupa di pubblicità. La FOFO, però, riguarda la vita quotidiana di tutti noi. Alcuni esempi della “paura di sapere”, infatti, possono essere:

  • evitare conversazioni oneste e profonde con qualcuno di importante;
  • ignorare le questioni legali e normative con le quali potremmo non essere in regola;
  • deprioritizzare l’aggiornamento di sistemi o processi che sono molto al di sotto degli standard del settore;
  • rifiutarsi di rianalizzare o rivalutare una strategia che non funziona bene;
  • evitare i feedback critici, anche se sappiamo che potrebbero giovarci.

Non solo: come ha spiegato James Pomeroy, questo termine è stato utilizzato anche per spiegare perché i funzionari (governativi, normativi, ecc.) potrebbero essere riluttanti a indagare su un problema perché potrebbe rivelare potenziali fallimenti e mancanze da parte loro, come nel caso di errori medici, pratiche ambientali illegali, incidenti di sicurezza e fallimenti politici.

Un podcast della BBC, ad esempio, esplora la FOFO nel contesto della riluttanza a indagare sullo scarico illegale di rifiuti.

Le conseguenze nella vita quotidiana

Chi ha paura di sapere teme che, una volta confermate le sue paure, dovrà affrontarne le conseguenze. La verità è che devono confrontarsi già ogni giorno con le conseguenze di quello che immaginano stia accadendo, anche se non lo realizzano.

Un esempio molto comune è la FOFO in ambito finanziario. Ricordate il libro (e il film) I love shopping? Le fatture della carta di credito si accumulano e con loro i debiti, ma invece che affrontare lo stato reale delle finanze, si continua a spendere, contraendo nuovi debiti e continuando ad illudersi che il debito non sia troppo grande o che le cose si sistemeranno, per paura di dover affrontare la situazione e, probabilmente, cambiare il proprio stile di vita.

Ma la FOFO può avere effetti anche sulle nostre relazioni, come nel caso delle persone che temono (sanno) che il partner ha un’altra relazione ma si rifiutano di vederlo, oltre che nella nostra vita lavorativa. Soprattutto, però, può essere pericolosa per la nostra salute.

L’impatto della FOFO sulla salute

Non è un caso che il termine FOFO sia nato negli ambienti medici per indicare le persone che ignorano i sintomi perché hanno paura di quale potrebbe essere la diagnosi.

Una ricerca del think tank 2020health, infatti, ha suggerito che la FOFO costituisce quasi un terzo di tutti i motivi per cui le persone ritardano o evitano di visitare il proprio medico, anche quando sono preoccupati per i loro sintomi.

In alcuni casi, la paura della diagnosi (e, soprattutto, delle conseguenze) viene nascosta dietro paure di carattere più “pratico”, come pensare di avere troppo da fare al lavoro per affrontare il tempo che potrebbe richiedere una procedura medica.

Le ricerche mostrano che la “paura di scoprire” colpisce soprattutto chi ha uno stile di vita malsano e coloro che lottano per far fronte alla consapevolezza di una malattia potenzialmente letale. Può anche avere un impatto su coloro che non vogliono sentirsi “sotto pressione” per apportare cambiamenti nello stile di vita.

Una ricerca commissionata dalla società biofarmaceutica AbbVie ha rilevato che il 61% delle persone ha ammesso che ritarderebbe la visita dal medico per paura che gli venga diagnosticata una malattia grave e il 32% ha evitato il medico perché non vuole essere costretto ad apportare modifiche al proprio stile di vita.

Le paure che bloccano le persone sono principalmente tre, ha spiegato Soushiant Zanganehpour su Medium:

  • paura dell’azione iniziale: il 45% delle donne e il 37% degli uomini ritengono che la difficoltà a fissare un appuntamento sia un ostacolo fondamentale;
  • paura del processo investigativo: il 33% degli adulti che ha ammesso di aver evitato una visita medica ritenuta necessaria citando il “disagio rispetto un esame del corpo” come motivo principale;
  • paura dei risultati e delle implicazioni: una delle barriere più ampiamente diffuse rispetto alla consultazione di un medico in merito al cancro è risultata essere la “preoccupazione per ciò che il medico potrebbe trovare“: era vero per il 34% degli uomini e il 40% delle donne. Inoltre, tra il 12% e il 55% delle persone che si sottopongono al test per l’HIV non tornano per sapere se sono infette.

Questi ritardi e queste visite mancate, in molti casi si traducono in patologie che possono rivelarsi anche gravi, la cui pericolosità sarebbe stata ridotta o eliminata se trattate tempestivamente o che sarebbe necessario controllare e curare per evitare di contagiare altre persone.

Come superare e gestire la FOFO

Emozioni come la paura si verificano quasi istintivamente, quindi non è possibile controllare il modo in cui ci colpiscono. Ma possiamo imparare a controllare come reagiamo a quei sentimenti.

Se è vero che la paura influenza i pensieri che stiamo facendo, infatti, e non è possibile impedire a un pensiero negativo di prendere forma, possiamo controllare per quanto tempo soffermarci su di esso.

Piuttosto che cercare di evitare il pensiero che ci spaventa, o al contrario lasciarsi cullare dalla paura, quindi, una strategia può essere quella di accoglierlo e poi combatterlo.

Per farlo è possibile ricorrere a una serie di domande. Quali sono le potenziali conseguenze se continuo a ignorare questo problema? Quali sono gli scenari migliori e peggiori? Vale la pena rischiare di spingersi oltre?

E, soprattutto: come mi sentirò riguardo a questo problema una settimana, un mese, un anno o anche qualche anno dopo?

Lo scopo di queste domande non è tanto (o non solo), quello di trovare una risposta chiara e certa, quanto piuttosto costringerci ad affrontare la nostra paura, trasformandoci da soggetti passivi ad attivi, mettendoci in azione.

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