Certamente è un fenomeno che fa discutere e divide le opinioni, ma il free bleeding resta comunque, per chi lo pratica, un’espressione di grande emancipazione e libertà femminile contro le imposizioni di tamponi e assorbenti.

Già, perché la pratica altro non è se non vivere il periodo delle mestruazioni senza usare niente di tutto ciò che il mercato ha ideato e proposto al fine di “arginare” la perdita di sangue.

E se ci si sporca i vestiti o ci si macchia? Pazienza, per chi lo pratica la grande innovazione di fondo alla base del free bleeding è proprio questa, il liberarsi totalmente da tutti quei condizionamenti sociali e culturali imposti, molto spesso dagli uomini, nei confronti delle mestruazioni, e viverle in totale libertà, infischiandosene anche di mostrare le gocce di sangue, vissute come facenti parte di un fenomeno del tutto fisiologico e naturale, quindi non da nascondere.

In fondo, recentemente altre avevano proposto l’idea del flusso istintivo libero, basato sull’imparare ad ascoltare il proprio corpo e a lasciar uscire il sangue solo al momento opportuno, un po’ come si fa quando… Scappa la pipì.

Se però pensate che l’idea sia nuova, vi sbagliate; le sue radici affondano ai tempi del femminismo di prima generazione, negli anni ’70.

La storia del free bleeding

Negli anni ’70 il free bleeding nasce come reazione alla sindrome da shock tossico; in piena cultura hippie, molte donne preferivano non usare assorbenti in quei giorni. Certamente fu un primo, grande segnale a indicare un cambiamento di prospettiva verso un argomento considerato tabù, concezione non ancora del tutto passata, se si considerano le superstizioni tutt’oggi legate al ciclo, in ogni parte del mondo.

Il free bleeding è poi tornato prepotentemente “di moda” nel 2014 , pubblicizzato dal portale 4chan, ed è stato adottato da alcuni movimenti femministi come forma di protesta soprattutto contro la cosiddetta tampon tax, la tassa sugli assorbenti che, come capita anche nel nostro paese, vengono considerati beni di lusso.

Nel free bleeding, come detto, non si utilizzano tamponi, coppette o assorbenti, al massimo degli asciugamano per coprire divani, lenzuola e sedie, o alcune delle mutande ideate appositamente da brand come Thinx, ad esempio.

L’esempio di Kiran Gandhi

Di free bleeding non si è più veramente parlato fino a quando, nel 2015, la batterista (tra gli altri di M.I.A.) e studentessa ad Harvard Kiran Gandhi ha corso la maratona di Londra del 26 aprile, con le mestruazioni e senza alcun assorbente. Sui suoi pantaloncini, al termine della gara, spuntava una macchia rossa che non lasciava dubbi.

Ho corso per le mie sorelle che non hanno accesso a tamponi e per le sorelle che, malgrado crampi e dolori, li nascondono e fanno finta che non esistano. Ho corso per dire che il ciclo esiste e che lo superiamo ogni giorno.

Questa la motivazione di Kiran, pensando a tutte le donne che, nel mondo, sono escluse dalla vita della comunità durante i giorni del ciclo.

Secondo la charity britannica WaterAid, 1,25 miliardi donne non hanno accesso all’acqua, o ai prodotti sanitari femminili, cosa che spesso limita notevolmente la vita soprattutto delle giovanissime, costrette a non frequentare la scuola durante i giorni delle mestruazioni; per questo il gesto di Kiran ha assunto un forte significato politico, dando il via alla rivendicazione femminile di vivere liberamente il proprio ciclo mestruale. Anche senza assorbenti.

Steph e lo yoga durante il ciclo

Steph Gongora, maestra di yoga del Costa Rica, è solita riprendersi durante le sue lezioni, e pubblicare i video su Instagram; ha fatto molto discutere un suo filmato, in cui si vedeva una macchia di sangue spuntare dai leggings bianchi, ma Steph ha spiegato la scelta, volontaria, di mostrarsi, così:

[…] centinaia di anni di cultura ci hanno fatto sentire in imbarazzo a sanguinare. Ci hanno lasciato una sensazione di sporco e  di vergogna.

Smetti di fingere. Smetti di usare nomignoli stupidi come ”la zia Flo” perché hai troppa paura di dire “sto sanguinando” o “vagina.” Smetti di sprecare tanta fatica per nascondere la cosa che dà continuità alla nostra specie. […] Educate i vostri figli a non fuggire alla parola tampone. Così che, quando una ragazza sanguina e macchia i suoi pantaloncini kaki, non si perpetui il ciclo di vergogna e di intolleranza.

Sempre più donne sembrano trarre spunto dall’esempio di Kiran Gandhi o Steph Gongora e aver accettato serenamente di mostrarsi anche durante il periodo del ciclo mestruale, come vi mostriamo in gallery, dove abbiamo raccolto alcune delle testimonianze sotto l’hashtag di #freebleeding.

Gongora non è la sola a portare la propria testimonianza, anche Kiandre Yvaine, che su Instagram si definisce “mentore delle mestruazioni”, ha parlato del free bleeding:

L’occultamento, la vergogna, la chiusura, il contenimento e la paura intorno alle mestruazioni fanno parte di un vecchio paradigma che opprime le persone con utero, e io non parteciperò. Il mio sangue è assolutamente bellissimo.
È l’elisir di lunga vita; letteralmente la sostanza che sostiene la vita nel grembo materno. Svergognarlo in qualsiasi modo significa svergognare la magia che sostiene la vita di coloro che sanguinano.

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