"Don't Worry Darling", il film con Harry Styles che neanche Florence Pugh riesce a salvare

Olivia Wilde dirige un lungometraggio che vuole indagare sul prezzo da pagare per ottenere la vita perfetta che si sogna, affidando se stesse all'amore del proprio compagno.

Il chiacchiericcio intorno a Don’t Worry Darling, film che ha unito sul grande schermo Florence Pugh e la popstar più famosa del mondo, Harry Styles, ha contribuito di molto a far alzare le attese nei confronti del lungometraggio diretto e interpretato da Olivia Wilde.

Dopo l’esclusione dalla lavorazione di Shia LaBeouf, esclusione finita poi su tutti i giornali per l’infinta querelle tra l’attore e la regista, sono seguiti: l’entrata nel cast di Harry Styles, fluido fidanzato di Wilde, icona generazionale vegana nonché testimonial Gucci, alla cifra – mai confermata da fonti ufficiali – di due milioni e mezzo di dollari, esorbitante rispetto al – sempre presunto – cachet della protagonista del film, pagata “solo” 700mila dollari; le voci sulle gelosie tra regista e attrice per le attenzioni dell’ex One Direction; la mancata partecipazione in conferenza stampa alla Mostra di Venezia di Pugh (perché impegnata sul set a Budapest di Dune 2, rassicurava la produzione; impegno che non ha fermato il protagonista dello stesso film, Timothée Chalamet, tra le stelle che più hanno brillato in Laguna, fanno notare le malelingue), e poi la distanza a sedere tra i tre in Sala Grande, durante la proiezione; la questione sputo sì-sputo no tra Styles e Chris Pine, che ha appassionato folta schiera di fan sui social, con tanto di battuta a riguardo del cantante sul palco durante un concerto a New York. Un film a latere del film, molto più interessante, a ben vedere, di quello apparso sullo schermo.

Già perché quello che era atteso come un thriller femminista, non è che l’ennesima distopia (come se avessimo ancora bisogno di film distopici in un momento in cui la realtà è ben più distopica dell’immaginabile) che frulla in maniera maldestra The Truman Show con The Stepford Wives e Black Mirror e si tiene in piedi solo grazie al talento, confermato una volta di più, della bravissima Florence Pugh.

Olivia Wilde vorrebbe indagare sul prezzo da pagare per ottenere la vita perfetta che si sogna, affidando se stesse all’amore del proprio compagno, con un intento femminista più dichiarato che perseguito. In un’intervista a Variety ha dichiarato: «Le migliori rappresentazioni del piacere femminile che possiamo vedere al giorno d’oggi, sono tutte in film queer. Perché siamo più a nostro agio con il piacere femminile quando ci sono due donne nel film? Nelle scene di sesso etero, l’attenzione sugli uomini come destinatari del piacere è quasi onnipresente». Parole che lasciano perplesse, come spesso accade quando ci si innalza al ruolo di paladine (o paladini) di qualche causa che potrebbe raccattare consenso con facilità.

La storia del cinema, non solo statunitense, è costellato da scene di cunnilingus e pratiche varie volte all’unico piacere femminile, senza bisogno di andare a cercarlo nell’amore tra Mary Anning e Charlotte Murchison messo in scena nel (pessimo) Ammonite diretto da Francis Lee, o di dover osannare la scena di sesso orale sul tavolo da pranzo di Alice e Jack (scena tagliata dal trailer a causa del puritanesimo hollywoodiano, a sentire la regista).

Ancora una volta a centrare la questione è stata Florence Pugh, intervistata da Harper’s Bazaar: «Se si riduce tutto alle tue scene di sesso o al guardare l’uomo più famoso del mondo che si dà da fare con qualcuno, non è per questo che lo facciamo. Non è per questo che sono in questo settore. Ovviamente, quando assumi la pop star più famosa del mondo diventa normale avere conversazioni come questa. Ma non è di questo che parlerò, perché questo film è più grande e migliore di così, come le persone che vi hanno preso parte».

D’altronde, Pugh è la stessa che, rifiutandosi di sottostare ad allenamenti e diete ad hoc per interpretare Yelena Belova in Black Widow, ha fatto dire alla co-protagonista, Scarlett Johansson, a Elle UK: «Vorrei essere stata sicura di me come lei quando avevo la sua età. È sicura di sé e ha molto rispetto di se stessa. Mi ha ricordato – solo ascoltandola parlare delle relazioni con gli amici, la famiglia o il suo partner – quanto sia importante avere fiducia nelle proprie convinzioni e nei propri desideri».

Florence Pugh che, cresciuta nella scuderia di Greta Gerwig (per la quale ha vestito i panni di Amy in Piccole donne),  non fa decidere ad altri del suo corpo, che non nasconde i capezzoli, che sfila sul red carpet al Lido con sua nonna, ma che non riesce a salvare un brutto film dalla sua sorte.

Don't Worry Darling
Olivia Wilde e Chris Pine in Don’t Worry Darling (Courtesy Press Office)

Perché vedere il film Don’t Worry Darling

Non bastasse una sceneggiatura raffazzonata, che non spiega nessuno degli aspetti interessanti della storia e diventa un minimo appassionante solo negli ultimi 15 minuti, a rendere decisamente deludente Don’t Worry Darling c’è anche una colonna sonora didascalica all’inverosimile e a volume sempre troppo alto. Nel cast, Florence Pugh brilla contornata da poco più che semplici figuranti, oscurando del tutto la modesta prova attoriale di Harry Styles (si vedrà se nel tanto atteso My Policeman, previsto su Prime Video a novembre, saprà fare di meglio).

A salvarsi, nei sempre troppo lunghi 122 minuti, il lavoro di Arianne Phillips, costumista reduce dal successo di C’era una volta… a Hollywood (che le è valso una nomination agli Oscar) e assidua collaboratrice di Madonna, per la quale ha curato i costumi di diversi tour e videoclip musicali. I costumi, rigorosamente anni Cinquanta, accompagnano con grazia il procedere della storia e si sanno far apprezzare senza soverchiare il resto della composizione. Oltre a questo, c’è davvero poco altro.

Don't Worry Darling
Florence Pugh e Harry Styles in Don’t Worry Darling (Courtesy Press Office)

Scheda del film

Presentato fuori concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2022, Don’t Worry Darling è in sala in Italia con Warner Bros dal 22 settembre 2022.

Diretto da Olivia Wilde (che si ritaglia il ruolo di Mary, amica e vicina di Alice), vede nei panni dei due protagonisti Florence Pugh (nominata all’Oscar per Piccole donne) e la popstar Harry Styles (già visto sul grande schermo in Dunkirk). Al loro fianco, Gemma Chan, KiKi Layne e Chris Pine.

Alice e Jack vivono in una città nel deserto che ospita gli impiegati del progetto top-secret Victory e le loro famiglie. L’ottimismo della società degli anni Cinquanta, propugnato dall’amministratore delegato Frank, caratterizza ogni aspetto della vita quotidiana: mentre i mariti trascorrono ogni giorno all’interno del quartier generale del Victory Project, le loro mogli possono trascorrere il loro tempo godendosi la bellezza e il lusso della loro comunità. Nel loro idillio, però, iniziano ad apparire delle crepe e Alice non può fare a meno di chiedersi cosa succeda davvero a Victory.

La sceneggiatura è di Katie Silberman, su soggetto di Silberman, Carey Van Dyke e Shane Van Dyke. Wilde è affiancata dietro la macchina da presa dall’autore della fotografia Matthew Libatique, dalla scenografa Katie Byron e dalla costumista Arianne Phillips.

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