Quando parliamo di cambiamento climatico, una cosa è certa: non abbiamo più tempo. Se non invertiamo immediatamente la rotta, il pianeta – e le nostre vite, a esso interconnesse – potrebbe non sopravvivere come lo abbiamo conosciuto, e irresponsabilmente sfruttato, finora. Adottare abitudini sostenibili non servirà se non verranno fatte riforme strutturali che diminuiscano drasticamente le emissioni di gas serra nell’atmosfera, nondimeno ognuno di noi può e deve fare la propria parte per rallentare il surriscaldamento della Terra e i suoi effetti devastanti.

Ogni azione che compiamo, da quello che mangiamo a chi votiamo, fino a quale social scrolliamo mentre aspettiamo che l’asciugatrice finisca il suo ciclo, ha un impatto sull’ambiente: senza dimenticare che la partita non si gioca solo sui comportamenti individuali, se tutti adottassimo abitudini sostenibili potremmo quindi contribuire a ridurre il peso delle attività umane sul riscaldamento globale.

Ma come possiamo fare – nel nostro piccolo – la differenza? Ecco 5 ambiti in cui sviluppare abitudini sostenibili può permetterci di condurre un’esistenza più green e ridurre la nostra impronta ambientale.

1. Shopping

Di fast fashion – e soprattutto del suo enorme impatto ambientale, oltre che delle condizioni di sfruttamento di molti lavoratori del settore – si è molto parlato, e discusso, negli ultimi mesi. Purtroppo, è vero che per molte persone rivolgersi alle grandi catene di abbigliamento consuma-e-getta non è una scelta, per motivi economici o di taglia, perché moda etica e vintage non sono alla portata di tutte le tasche o di tutti i corpi.

La verità di fondo, però, rimane: il mercato dell’abbigliamento è uno dei settori a più alto impatto ambientale ed è quindi fondamentale acquistare consapevolmente, cercando nei limiti delle nostre possibilità di evitare i brand di fast fashion o, quando questo non è possibile, di sfruttare al massimo i capi acquistati senza smetterli e gettarli appena passati di moda.

Lo stesso discorso si applica – ovviamente – anche a tutto ciò che non è abbigliamento, dai cosmetici ai prodotti tecnologici (che hanno anche alti costi ambientali di smaltimento e produzione) ai mobili con cui arrediamo le nostre case. In ogni ambito, consumo consapevole è la parola chiave.

2. Alimentazione

Con buona pace di chi non piò fare a meno di ridicolizzare vegani e vegetariani (preferibilmente i primi), la verità è che il consumo – o, meglio, la produzione – di carne ha un impatto ambientale enorme. Secondo uno studio pubblicato su Annual Review of Resource Economics, se in tutto il mondo si consumasse la stessa quantità di carne che in Europa e negli Stati Uniti sarebbe impossibile frenare il cambiamento climatico, ma anche con i numeri attuali la situazione è critica: per ridurre l’impatto ambientale dell’allevamento e rispettare gli obiettivi climatici internazionali, noi europei dovremmo mangiare il 75% di carne in meno ogni anno, riducendo il consumo a 20 kg a persona annui.

Questo significa che tutti dobbiamo diventare vegetariani o vegani? No, significa che – posto che dovremmo consumare meno carne, anche per la nostra salute – se vogliamo avere abitudini più sostenibili dobbiamo imparare a conoscere l’impatto ambientale di quello che mangiamo.

Dobbiamo imparare a leggere le etichette, evitando cibi che hanno detto il giro del mondo e ritorno (per essere magari inscatolati in confezioni di plastica) prima di arrivare sulle sulle nostre tavole, dobbiamo conoscere la stagionalità di frutta e verdura per non acquistare prodotti che arrivano dall’altra pare del globo solo per soddisfare i nostri palati nel periodo sbagliato dell’anno e dobbiamo preferire prodotti locali o a km zero per ridurre le emissioni dei trasporti.

3. Rifiuti

La produzione e lo smaltimento della plastica sono particolarmente critici a livello ambientale: per questo, dovremmo ridurre al minimo l’utilizzo di imballaggi in plastica. Molti negozi bio e persino diversi supermercati permettono di acquistare merce sfusa, dai cereali al cibo per gli animali, passando per i surgelati e i detersivi, sfruttando contenitori riutilizzabili.

Condurre una vita zero waste sarebbe l’optimum delle abitudini sostenibili, ma è una vera e propria sfida; quello che ognuno di noi può fare è cercare di ridurre al minimo i rifiuti in plastica e differenziare gli altri.

La parola chiave è riuso: uscire dalla logica dell’usa-e-getta e imparare a riutilizzare, riparare, ristrutturare e re-indossare cose che sarebbero invece gettate è il primo passo per ridurre l’enorme peso dei rifiuti sull’ambiente.

4. Emissioni

In questo caso, più che di un’abitudine sostenibile si tratta di un vero e proprio cambio di prospettiva. Quando parliamo delle emissioni di cui ciascuno di noi è responsabile, siamo portati a pensare immediatamente ai mezzi di trasporto, ma questi non sono che una parte del problema.

Certo, il modo in cui ci spostiamo ha un impatto ambientale più o meno pesante, ed è fondamentale scegliere mezzi di trasporto meno inquinanti quando ne se ha la possibilità, preferendo il treno all’aereo, i mezzi pubblici o in condivisione a quelli privati e, in generale, optando per la bici o spostandosi a piedi quando se ne ha l’occasione.

Questo, però, non basta se non ci rendiamo conto che ogni azione che facciamo comporta delle emissioni e non adottiamo un consumo consapevole. Persino usare la mail o scrollare i social network può avere un effetto a catena sull’ambiente, soprattutto perché a utilizzarli sono migliaia di persone. Non ci credete?

Trascorrere 5 minuti su ciascuna delle dieci principali piattaforme di social media ogni giorno equivale a oltre 20 kg di carbonio all’anno, pari a guidare 84,5 km (52,5 miglia), che può causare molti più danni, soprattutto considerando il numero di utenti dei social media in tutto il Pianeta,

ha spiegato Brett Mifsud, Direttore Generale dell’Energia di Compare the Market, un portale che registra quali social consumano di più. In testa alla classifica c’è TikTok, seguito da Reddit, Pinterest e Instagram. Il sito permette anche di calcolare il proprio impatto energetico personale, aiutandoci a rimodulare l’utilizzo dei social per ridurre i consumi di energia.

5. Politica

Tutte le buone abitudini sostenibili che abbiamo visto, però, rischiano di essere inutili – o quasi – in mancanza di riforme strutturali che segnino il passaggio dall’era dei combustibili fossili a quella delle energie rinnovabili e, soprattutto, di un cambio di paradigma che metta al primo posto la lotta al cambiamento climatico e un’azione a livello governativo e sovranazionale che metta al centro la tutela dell’ambiente e di chi lo abita prima del consumo, del profitto e dell’eterna ricerca della crescita economica.

Questo non è un cambiamento che possiamo fare da soli ma, come per la lotta al riscaldamento globale, possiamo fare ognuno la nostra parte, dando il nostro voto ai partiti politici che fanno della lotta al climate change una bandiera e non un semplice punto su un programma, togliendo il voto a chi non sa o non vuole cogliere la necessità che questo momento richiede e pretendendo che chi ci governa agisca, ora.

Perché, come ha ricordato Greta Thunberg rivolgendosi ai leader mondiali,

se le soluzioni sono impossibili da trovare all’interno di questo sistema significa che dobbiamo cambiare il sistema. Non siamo venuti qui per pregare i leader di occuparsene. Ci avete ignorato in passato e continuerete a farlo. Siete rimasti senza scuse e noi siamo rimasti senza più tempo.

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