Ci piace pensare che le nostre scelte siano completamente libere da qualsiasi condizionamento. Eppure, sappiamo benissimo che sono migliaia i fattori che possono influenzare le nostre decisioni. In molti casi, a farci propendere per una strada o un’altra è una “spintarella” gentile, di cui nemmeno ci accorgiamo ma che è capace di indirizzare le nostre scelte senza privarci del libero arbitrio.

In psicologia ed economia viene definito nudging, una teoria dalle applicazioni pratiche sorprendenti.

Nudging: cosa significa?

Letteralmente, “nudge” significa “pungolo”. Con il termine nudging, quindi, si indica una spinta implicita eppure efficace, capace di indirizzare il comportamento delle persone senza privarle della loro possibilità di scegliere.

I primi a teorizzare questo approccio sono stati il premio Nobel Richard H. Thaler e Cass R. Sunstein nel saggio Nudge – La spinta gentile, in cui – oltre a svelare le fallacie e i bias che ci portano a commettere errori – spiegano la Teoria del Nudge difendendo il cosiddetto “paternalismo libertario”, un concetto studiato e utilizzato prevalentemente in psicologia comportamentale e in economia ma ampiamente sfruttato anche dal marketing e dalla politica.

Questo termine, che in una contraddizione solo apparente unisce due concetti antitetici, descrive un approccio “gentile” che mira a modificare il comportamento delle persone in modo prevedibile intervenendo a livello di architettura delle scelte, ovvero sul modo in cui vengono presentate le varie opzioni per indirizzare una decisione in una direzione piuttosto che in un’altra.

Detto più semplicemente, viene cambiato il modo in cui viene posta la domanda per ottenere una risposta prevedibile.

Secondo gli autori, l’aspetto libertario di questo approccio

sta semplicemente nell’insistenza che le persone dovrebbero essere libere di fare ciò che vogliono e di scegliere accordi indesiderati, se vogliono farlo.

La parte paternalistica, invece,

si trova nell’affermazione che è legittimo per gli architetti delle scelte cercare di influenzare il comportamento delle persone, al fine di rendere la loro vita più lunga, sana, e migliore.

La teoria del nudge, infatti, prevede che la scelta “corretta” non venga presentata in maniera autoritaria, né che venga promossa con incentivi espliciti (o, viceversa, che venga espressamente vietata quella sbagliata). L’opzione favorita viene presentata semplicemente come una tra le altre, sfruttando però meccanismi di condizionamento basati su comportamenti psicologici e sociali al fine di indirizzare spontaneamente e implicitamente la persona chiamata a decidere.

Nudging, le applicazioni

Dal marketing alla politica, passando per spicce questioni quotidiane, le applicazioni del nudging sono vastissime. Ognuno di noi ne è influenzato ogni giorno senza nemmeno rendersene conto.

Pensate, ad esempio, alla scelta di molti istituti di credito di spostare il tasto di richiesta dello scontrino nei bancomat. Questo quasi impercettibile ma tutt’altro che banale cambiamento ha permesso di risparmiare tonnellate di carta di scontrini stampati e buttati semplicemente spostando il pulsante dall’altro lato dello schermo. Come? Sfruttando la morfologia del nostro corpo, che ci porta a portare più attenzione a ciò che accade alla nostra destra e a sceglierlo più rapidamente.

Che il nudging sia una strategia vincente per incentivare gli atteggiamenti virtuosi è confermato anche da uno studio condotto da alcuni scienziati dell’Università di Cambridge, che si sono interrogati su quale fosse il modo migliore per spingere gli studenti a ridurre il consumo di carne all’interno delle caffetterie.

A ottenere il risultato migliore non sono stati gli incentivi espliciti (nemmeno quelli economici) né i disincentivi: a far aumentare la scelta delle portate vegetariane dal 41 al 79%, più semplicemente, è stata l’introduzione nel menù di un numero più ampio di piatti senza carne. Come a dire: la scelta sta a te (da qui l’insistenza sul termine “libertario”), ma noi ti diamo più possibilità di fare quella giusta.

Spingere verso comportamenti positivi non solo a livello ambientale – o pratico, come mostra il caso della mosca disegnata negli orinatoi dei bagni dell’Aeroporto di Schiphol ad Amsterdam per incentivare gli utilizzatori delle toilette ad affinare la mira) – non è però che una delle infinite possibili applicazioni della teoria del Nudge, che può rivelarsi strategica anche in questioni fondamentali.

I vaccini, ad esempio, di cui molto si è discusso in seguito all’introduzione dell’obbligo vaccinale per i bambini e per la campagna vaccinale anti-covid. Uno studio ha analizzato cosa fosse più efficace per spingere le persone a vaccinarsi, analizzando tre diverse possibilità. Nel primo caso, si è analizzato se pensieri e sentimenti possano essere una motivazione a farsi vaccinare, nel secondo se potessero esserlo i processi sociali, nel terzo se l’obiettivo potesse essere raggiunto attraverso il nudging. I risultati sono stati chiari:

La terza proposizione è che gli interventi possono facilitare la vaccinazione direttamente sfruttando, ma non cercando di cambiare ciò che le persone pensano e sentono. Questi interventi sono di gran lunga i più abbondanti ed efficaci in letteratura. Per aumentare l’adozione del vaccino, questi interventi si basano sulle intenzioni favorevoli esistenti, facilitando l’azione (attraverso promemoria, prompt e primi) e riducendo le barriere (attraverso la logistica e sani default); questi interventi modellano anche il comportamento (attraverso incentivi, sanzioni e requisiti). 

I limiti del nudging

Il nudging rappresenta certamente una risorsa strategica nell’orientare le persone verso scelte virtuose. Questo potere, però, rappresenta anche un grande rischio: come di fronte a ogni condizionamento, sebbene leggero e implicito, dobbiamo chiederci dov’è il limite. Chi decide quali sono le scelte migliori?

E, soprattutto, cosa succede quando questo approccio viene utilizzato non per il bene individuale o comune ma, come già accade di frequente, per indirizzare le scelte d’acquisto o le scelte politiche?

Non solo: i limiti del nudging non sono solo di carattere etico, ma anche insiti nella sua stessa natura. L’attenzione sull’effetto del cambiamento delle scelte individuali, infatti, può portare a sottovalutare l’importanza di decisioni politiche e cambiamenti strutturali.

È il caso, ad esempio, delle scelte di sostenibilità ambientale legate ai carburanti fossili. Secondo una ricerca della Carniege Mellon University, infatti, sfruttare il nudge per ridurre le emissioni di carbonio

finisce per ridurre il supporto alla tassa sul carbone, perché illude che si possa giungere alla soluzione in modo semplice e indolore, senza imporre costi aggiuntivi.

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