Da piccoli almeno una volta chiunque si sarà sentito dire “Se non fai il bravo o la brava la Befana ti porta il carbone“. Probabilmente molti di noi usano adesso questa stessa frase con i figli. Ma perché, per tradizione, il carbone è associato alla punizione che si dà ai bambini che hanno fatto i monelli?

Prima di tutto, c’è da fare una precisazione: non è la nostra vecchietta sulla scopa a portare originariamente il carbone nel suo sacco, ma san Nicola, figura che in molte culture ha anticipato e dato ispirazione per quella di Babbo Natale. Per tradizione, infatti, il santo – davvero esistito, visto che parliamo di Nicola di Myra, imprigionato da Diocleziano nel 305 e nel 313 liberato da Costantino – nella notte tra il 5 e il 6 dicembre porta doni ai bambini, che lo aspettano lasciando un bicchiere di latte e un piattino di biscotti per lui e per il suo asinello.

In alcuni Paesi, come Olanda e Belgio, è il suo corrispettivo, Sinterklaas, a portare doni o carbone, mentre da noi sono appunto Babbo Natale e la Befana.

Al di là delle differenze culturali, tutti questi personaggi sono però accomunati da una cosa: scendono tutti dal camino. San Nicola, infatti, che un tempo entrava dalla finestra, ha iniziato a usare i camini quanto questi si sono diffusi nelle case europee, e così pure Pietro il Moro, aiutante di Sinterklaas, è legato alla figura dello spazzacamino.

Da qui l’idea di lasciare il carbone. Se un bambino era stato cattivo, e dunque questi personaggi erano arrivati nella sua casa senza doni per lui, riempivano la sua calza con quanto trovavano nel camino. Alcune di queste figure, all’odiato carbone, aggiungevano però anche aglio, cipolle e ramoscelli, ovvero regali sgraditi che dovevano essere un monito per i bambini monelli.

 

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