Fra i vari modi di dire popolari c’è anche quello che recita “Menare il can per l’aia”, che si usa quando una persona continua a fare panegirici inutili su un argomento, senza mai arrivare al dunque, oppure se cerca di cambiare discorso per evitare una situazione sgradita.

Ma perché si usa proprio questa particolare espressione? Prima di tutto, vogliamo chiarire che “menare” non è qui usato (per fortuna) come sinonimo di “picchiare”, ma piuttosto di “portare, condurre”; l’etimologia della parola è infatti latina, derivando da minare, che significava appunto “spingere”, in particolare con riferimento agli animali.

Fatta questa piccola premessa, c’è da dire che, come spesso accade, l’origine di “menare il can per l’aia” è piuttosto antica, tanto che oggi il verbo “menare” è caduto pressoché in disuso, sostituito, nel significato, appunto da quello di “picchiare, percuotere”, usato soprattutto nel gergo giovanile.

Piuttosto chiaro, comunque, il senso figurato: occorre tornare all’epoca della battitura del grano, effettuata apponendo lo stesso proprio nell’aia, in modo che gli animali pesanti, passandovi sopra, potessero calpestarlo. Portare il cane nell’aia, ovviamente, non produceva l’effetto desiderato, ed era pertanto inutile. Da qui l’idea che l’espressione si associasse a qualcosa che non serve, fatta per perdere tempo, o per deviare dal reale obiettivo.

C’è tuttavia un’altra versione, ovvero quella secondo cui menare il can per l’aia, portare quindi il cane nell’aia, non servisse per nulla all’animale, che necessitava di spazi decisamente più ampi per correre. In lingua inglese il concetto è espresso con la frase “beat about the bush”, traducibile più o meno come “battere intorno al cespuglio”.

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