Quando qualcuno fa qualcosa di cui poi si pente, ma non in maniera sincera, spesso gli si dice che versa “lacrime di coccodrillo”. Ma perché si sceglie proprio questo curioso modo di dire?

Come spesso accade, le versioni sulle origini di questa particolare espressione sono diverse: qualcuno ritiene infatti che si riferisca in particolare al caso di coccodrilli divoratori di uomini, mentre più spesso si fa risalire il detto alle lacrime che la femmina di coccodrillo verserebbe non appena divorati i propri piccoli.

In effetti la femmina di coccodrillo, che depone le uova sulla terraferma, dopo la nascita trasporta i piccoli in acqua, mettendoli al riparo da possibili predatori, ma durante questa operazione, mettendoli in bocca, aumenta l’intensità della sua lacrimazione.

Il mito secondo cui li divorerebbe è piuttosto antico,  e risale infatti almeno al XIII secolo, anche se poi si è ampiamente diffuso nella cultura popolare europea grazie, fra le altre cose, al libro Viaggi di Giovanni di Mandeville, del XIV secolo.

Anche William Shakespeare venne in contatto con questa leggenda, e vi fa riferimento in un passo dell’Otello:

O devil, devil! If that the earth could teem with woman’s tears, Each drop she falls would prove a crocodile.

Ovvero

Demonio, sì, demonio! Se la terra potesse partorire fecondata da lacrime di femmina, ogni goccia sarebbe un coccodrillo!

In realtà i coccodrilli lacrimano per motivi puramente fisiologici: le lacrime hanno infatti lo scopo di ripulire il bulbo oculare e lubrificarlo per agevolare il movimento della seconda palpebra che lo protegge in immersione; ma hanno anche la funzione di espellere i sali che si accumulano nell’organismo dei coccodrilli visto che, non avendo la sudorazione, questo, assieme agli escrementi, è il solo modo per espellerli. La lacrimazione, infine, aumenta se il coccodrillo resta a lungo fuori dall’acqua.

Tornando invece al nostro modo di dire e a ciò che indica, nell’antica Grecia c’era un’espressione simile: si parlava infatti di “lacrime megaresi”, in riferimento all’indole degli abitanti di Megara, ritenuti falsi e ipocriti dagli ateniesi.

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