L’espressione “il gioco vale (o non vale) la candela” si usa per riferirsi a qualcosa per cui vale o non vale la pena rischiare o perdere tempo. È piuttosto popolare, e si usa in una quantità di occasioni diverse.

“Perché perdi tempo dietro a questo ragazzo? Il gioco non vale la candela”, oppure “Questa macchina è troppo malridotta per il costo che ha, il gioco non vale la candela”.

Come spesso accade, dietro questi modi di dire ci sono origini piuttosto curiose e bizzarre, a volte facilmente intuibili, altre meno; nel caso del gioco che vale o non vale la candela, bisogna risalire ai tempi in cui non esisteva la luce elettrica, e la sera ci si radunava attorno al tavolo per giocare a lume di candela, appunto.

Capitava che la posta in gioco fosse così bassa, o la vittoria così poco remunerativa, che gli astanti la paragonavano al costo della candela che si consumava, facendo notare, con un’iperbole, che non valeva la pena sprecarla per proseguire con il gioco.

La frase però è solo “presa in prestito” dal mondo religioso, dove la candela ha ovviamente significati diversi. L’espressione originale da cui deriva è infatti “il santo non vale la candela”, che significa: quel santo non può fare miracoli, e non merita neppure che si accenda in suo onore un cero votivo. Entrambe le espressioni sono state mutuate dal francese: “Le saint (o le jeu) ne vaut pas la chandelle“.

 

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