"Yuni", l'adolescenza nel Paese in cui da donna non puoi rifiutare più di 2 proposte

Sono ancora troppe, nel mondo, le spose bambine a cui viene impedito lo studio e una formazione che permetta loro di essere individui indipendenti in grado di determinare da sole la propria esistenza.

Matrimoni precoci, autodeterminazione, pulsioni sessuali in una società islamica in profondo cambiamento: Yuni, nuovo film della regista indonesiana Kamila Andini, tocca una serie di temi “caldi”, assai cari anche alla letteratura contemporanea.

È di questi giorni l’uscita di La ladra di parole, esordio letterario di Abi Darè, storia di una quattordicenne venduta prima come moglie e poi come schiava. La nigeriana Adunni, come l’indonesiana Yuni, ama studiare e sogna di diventare maestra, ma per entrambe, pur con modi completamente diversi e in luoghi molto distanti tra loro, la tradizione prevede una sorte da merce di scambio: la vendita della prima significa il sostentamento per la famiglia d’origine, la seconda vale una dote di 50 milioni di rupie (pari a circa tremila euro). L’istruzione scolastica, dunque, non è scontata per nessuna delle due, malgrado siano poco più che bambine.

La ladra di parole

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Il matrimonio precoce è vietato dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che sancisce il diritto, per ogni essere umano sotto i 18 anni, a esprimere liberamente la propria opinione (art. 12) e il diritto a essere protetti da violenze e sfruttamento (art. 19), e alle disposizioni di altri importanti strumenti del diritto internazionale. Tuttavia rappresenta ancora oggi una piaga globale che attraversa Paesi, culture, religioni ed etnie.

Secondo una ricerca di Girls Not Brides, coalizione internazionale che raccoglie più di 700 organizzazioni della società civile impegnate nel contrasto della pratica dei matrimoni precoci e nell’assistenza alle spose bambine, ogni anno circa 12 milioni di ragazzine con meno di 18 anni vanno a nozze. Si calcola che oggi siano circa 650 milioni le donne che si sono sposate prima della maggiore età.

In Indonesia, il 16% delle ragazze si sposa prima dei 18 anni e il 2% prima del 15esimo compleanno. Il 5% dei ragazzi si sposa prima dei 18 anni. La prevalenza dei matrimoni precoci varia tra le regioni, ma continua a essere elevata nelle aree rurali e nelle province del Kalimantan centrale, del Kalimantan meridionale e delle Sulawesi occidentali, dove più di un quinto delle donne di età compresa tra 20 e 24 anni si è sposata prima dei 18 anni. L’Unicef ha stimato che il matrimonio precoce è costato all’Indonesia 171.689.071 rupie indonesiane nel 2014, pari all’1,7% del prodotto interno lordo del Paese.

In Nigeria, all’undicesimo posto nella classifica dei Paesi con la più alta prevalenza di matrimoni precoci nel mondo e al terzo più alto numero assoluto di donne sposate o in un’unione prima dei 18 anni, ci sono 3.742.000 spose minorenni.

Per gli adolescenti, di entrambi i sessi, il matrimonio precoce ha profonde ripercussioni fisiche, intellettuali, psicologiche ed emotive: annienta le opportunità formative e le possibilità di crescita personale. Se da una parte è un mezzo per sopravvivere alla povertà, dall’altra è visto come un modo per “garantire protezione” alla donna, tenendola sotto il controllo maschile.

In molte società, d’altronde, non esiste il concetto di adolescenza, un periodo, cioè, tra la pubertà e l’età adulta. Una ragazza che ha le mestruazioni è in grado di partorire un figlio e perciò viene considerata “una donna”.

Anche se le idee sull’istruzione femminile hanno cominciato a cambiare, molti genitori continuano a credere che investire nella formazione scolastica di una figlia sia un inutile spreco, perché non farà altro che sposarsi e andare a lavorare in un’altra casa. I costi, poi, non fanno che favorire la tendenza a far interrompere gli studi alle bambine.

Eppure, è stato più volte dimostrato come l’incremento della scolarizzazione delle ragazze produce non solo una maggiore consapevolezza di sé delle donne e una tendenza all’autodeterminazione – entrambe troppo spesso avversate dal patriarcato – ma un miglioramento del benessere della famiglia, un aumento nell’impiego di contraccettivi, la riduzione della mortalità infantile e vantaggi economici per l’intera società.

Mia mamma mi ha detto che l’istruzione mi dava una voce. Ma io non voglio una voce come le altre. Io voglio una voce forte, una voce che la sentono tutti (…) se vado a scuola e divento una maestra, mi danno uno stipendio e magari posso costruire la mia scuola a Ikati e insegnare alle bambine. Le bambine del mio villaggio non hanno tanta possibilità di andare a scuola. Io voglio cambiarlo questo, perché così quando crescono le bambine fanno nascere persone brave, che fanno la Nigeria meglio di com’è adesso” , dice Adunni, protagonista del romanzo di Abi Darè.

Una scena di Yuni (Credits: Fourcoulours Films, StarVision Plus, Akanga Film Productions, Manny Films)

Perché vedere Yuni

Kamila Andini, insieme a Prima Rusdi, ha congegnato una sceneggiatura semplice ma funzionale, capace di tratteggiare non solo il ritratto di Yuni, i suoi sogni e le sue speranze, ma anche la situazione femminile in Indonesia, che con i suoi 270 milioni di abitanti rappresenta il Paese islamico più popoloso del mondo.

Con un tocco gentile, segue la storia della giovane sulla falsariga della bellissima poesia di  Sapardi Djoko Damono, tratta dalla sua raccolta Hujan Bulan Juni, in italiano La pioggia di giugno:  «Yuni è il nome di una ragazza nata a giugno – ha raccontato la regista – Questo film è ispirato a una poesia famosa in Indonesia dal titolo La pioggia di giugno, di Sapardi Djoko Damono. Una pioggia che cade nella stagione sbagliata. Allo stesso modo Yuni è una ragazza costretta a sbocciare nel momento sbagliato». 

La passione per il viola della protagonista si traduce in un delicato filtro violaceo che permea le immagini (opera della direttrice della fotografia Gay Hian Teoh) e accompagna lo spettatore in un mondo in veloce mutazione, ancora legato alle sue tradizioni ma già “invaso” da usanze occidentali e dai social network: nel cuore del film, le ragazze, le loro confidenze, la scoperta del sesso e la paura di affrontare la società.

Ha spiegato Andini: «Ho sentito tante storie del genere nel mio Paese, e sentivo il bisogno di parlarne. Questa storia in particolare non parla tanto del trionfare sulla società, quanto del liberare sé stessi. Questo film parla del controllo. In questo film volevo mostrare lo scontro, il contrasto nella società, usando un approccio intimo e personale nel presentare la distanza che Yuni sente fra sé stessa e la sua posizione. Un’alienazione che coinvolge la sua età, le sue scelte, il suo villaggio, i suoi sogni».

Un film da non perdere, con la speranza che sulla scia del successo nei festival in giro per il mondo, trovi presto una distribuzione italiana.

Yuni
Arawinda Kirana e Kevin Ardilova in Yuni (Credits: Fourcoulours Films, StarVision Plus, Akanga Film Productions, Manny Films)

Scheda del film

Yuni è scritto e diretto dalla regista indonesiana Kamila Andini, diventata celebre sin dal suo debutto, avvenuto nel 2011 con The Mirror Never Lies.

Presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival 2021, dove ha vinto il Platform Prize, e in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma, il film è stato selezionato come candidato indonesiano per il miglior lungometraggio internazionale alla 94esima edizione degli Oscar.

Arawinda Kirana interpreta la protagonista, Yuni, brillante studentessa con una passione quasi ossessiva per il colore viola, che sogna di iscriversi all’università, malgrado le proposte di matrimonio iniziano ad arrivare e si prospetti per lei una vita da moglie lontana dagli studi. Secondo un’antica superstizione indonesiana, infatti, una donna non può rifiutare più di due proposte, pena il rimanere sola per il resto della vita.

Il film non ha ancora una data di uscita nei cinema in Italia.

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