Nel Mondo come volontà e rappresentazione il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer introdusse quello che diventerà uno dei concetti cardine della sua intera filosofia, quello del velo di Maya che impedisce all’uomo di vedere il mondo per quel che è realmente.

Approfondiamo di cosa si tratta.

Il mondo come volontà e rappresentazione. Ediz. integrale

Il mondo come volontà e rappresentazione. Ediz. integrale

Nelle teorie di Schopenhauer risiede una vena di pessimismo, poiché l'uomo incessantemente tende alla conoscenza infinita, e subisce incessantemente la frustrazione di questo desiderio. La vita è solo una faticosa battaglia per l'esistenza, costellata di dolore e noia.
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Cos’è il velo di Maya

C’è da dire che quello di Schopenhauer non è un concetto “originale”, ma mutuato dai Veda, il complesso di testi sacri da cui prenderà poi vita il Vedismo prima, e l’Induismo poi, seppur con notevoli differenze.

Il velo di Maya è il velo dell’illusione, che fa vedere ai mortali un mondo di cui non si può dire né che esista né che non esista, “è simile al sogno, allo scintillio della luce solare sulla sabbia che il viaggiatore scambia da lontano per acqua, oppure ad una corda buttata per terra ch’egli prende per un serpente“.

Il significato di questa espressione si può comprendere appieno tornando alla filosofia di Immanuel Kant, da cui Schopenhauer riprende la differenza tra fenomeno e noumeno, ossia tra la realtà come appare e la realtà in sé.

Nel riprendere questi due concetti Schopenhauer li carica di valori negativi considerando la realtà fenomenica come velo di Maya (apparenza illusoria), che ci offre una visione deforme delle cose, spingendoci a pensare che la rappresentazione debba essere ritenuta un inganno e la vita simile a un sogno.

Del resto, nel pensiero del filosofo tedesco il confine tra vita e sogno è talmente labile che egli stesso scriverà

Vita e sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.

A questo punto, il noumeno che per Kant era la realtà inaccessibile per l’intelletto umano diventa per Schopenhauer una realtà accessibile, addirittura necessaria per comprendere lo stato delle cose, situazione a cui si arriva solo squarciando il velo di Maya, riflettendo su se stessi e percependosi come realtà fenomenica, ma soprattutto come Volontà.

Proprio la volontà sarebbe la vera e autentica essenza dell’uomo e, a diversi livelli, anche quella di tutta la realtà; da qui il titolo Il mondo come volontà e rappresentazione.

Il velo di Maya e Schopenhauer

Schopenhauer parte dal presupposto che gli uomini siano ignoranti, nel senso proprio del termine, ovvero perché ignorino come sia realmente il mondo. Semplicemente, si vede il mondo come si desidera, ma non per come è davvero, non a caso nella sua filosofia il mondo si può rappresentare sotto due forme.

La prima è la forma intellettuale, scientifica, la seconda quella della volontà. Il mondo della forma scientifica si esprime con le forme di spazio, tempo e casualità, e la già citata conoscenza di tipo fenomenico; significa che deriva dall’esperienza sensibile, ma per Schopenhauer questa non è una conoscenza oggettiva. In poche parole, conoscere il mondo attraverso la sensibilità non vuol dire conoscerlo realmente.

Il mondo reale si trova nascosto agli uomini, proprio dal velo di Maya.

Per Schopenhauer il velo deve essere strappato tramite le tre vie di redenzione dal dolore, l’arte, la pietà e l’ascesi, visto che proprio il dolore è parte integrante della vita, come enunciato nel famoso aforisma

La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando per l’intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia.

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Le origini del velo di Maya

Pur se ripreso dalla cultura induista, l’uso che Schopenhauer fa del concetto è comunque diverso, proprio perché il velo è quello che nasconde la realtà delle cose, e rappresenta la dualità, bene e male, spirituale e secolare, sacro e profano, mentre nell’antica India, Māyā significava in origine “creazione”; nel Ṛgveda (VI, 47,18) si può leggere “Con i poteri della propria māyā Indra si presenta in differenti forme“, perciò Maya rappresentava il potere di dare una forma, dal quale proveniva il mondo materiale, plasmato dagli dei, e solo in un secondo momento assunse il significato di illusione.

Nei Veda indiani, datati intorno ai 5000 anni a.C., la dea Maya, dopo aver creato la Terra, la ricoprì con un velo che doveva impedire agli uomini la conoscenza della vera natura della realtà; quello della dea è un vero e proprio atto di pietà, perché in caso contrario la vita non sarebbe stata possibile.

Per questo, il velo non solo nasconde la realtà, ma la rende anche più vivibile assecondando le esigenze del soggetto.

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