Un nostro articolo sulla pensione di reversibilità concessa, per la prima volta, al figlio di un genitore non biologico, ha risollevato la questione su questo istituto, introdotto col regio decreto legge 14 aprile 1939-XVII, n. 636, poi convertito in legge 6 luglio 1939, n. 1272.

Cerchiamo quindi di capire cos’è la pensione di reversibilità, a chi spetta, come si agisce rispetto alle coppie di fatto, etero e omosessuali, e se ci sono delle fattispecie in cui si possa perdere questo diritto.

Cos’è e a chi spetta la pensione di reversibilità

Parliamo di una forma di sostegno pensata per i familiari di un pensionato (o di un lavoratore) deceduto. È una quota percentuale dell’assegno pensionistico che spetterebbe al soggetto che decede. Si può quindi dire che si tratti a tutti gli effetti di un trattamento pensionistico, che può essere di due tipi:

  • pensione di reversibilità, se chi decede è un pensionato;
  • pensione indiretta, se è un assicurato. Questa tipologia di pensione riguarda i soggetti morti quando erano ancora in età lavorativa (ad esempio per incidenti sul lavoro), ed è improprio usare il termine “reversibilità”, sebbene sia in effetti quello più usato. Affinché si possa godere della pensione indiretta l’assicurato deve rispondere e aver conquistato determinati requisiti prima del decesso, fra cui figurano 1 15 anni di anzianità assicurativa e contributiva o i 5 anni di anzianità assicurativa e contributiva, di cui almeno 3 nel quinquennio antecedente la data del decesso.

La pensione di reversibilità è un diritto a titolo personale, quindi non consegue a titolo di successione; ciò significa che gode della reversibilità anche chi rinuncia a un’eredità, ad esempio, pur se devono occorrere determinate circostanze (ad esempio, la presenza di molti debiti).

Volendone parlare in maniera molto superficiale potremmo dire che ne hanno diritto il coniuge e i figli, ma, alla luce anche dell’articolo che abbiamo poc’anzi menzionato, approfondire la questione è importante.

Dunque a godere della pensione di reversibilità è prima di tutto il coniuge o il soggetto unito civilmente con il deceduto. Cosa succede, ad esempio, in caso di divorzio?

La pensione di reversibilità spetta a determinate condizioni, ovvero se il coniuge superstite è titolare dell’assegno divorzile, se non si è sposato di nuovo dopo il divorzio, e se l’iscrizione all’INPS del deceduto sia antecedente alla data del divorzio. Qualora quest’ultimo abbia contratto nuove nozze, la reversibilità spetta sia al nuovo coniuge che a quello divorziato, ma solo una sentenza del Tribunale può stabilire in quali proporzioni.

Ovviamente, in assenza del coniuge, la pensione di reversibilità passa direttamente ai figli, con le modalità che vedremo in uno dei prossimi paragrafi. Ma laddove manchino anche eredi, a chi spetta?

Si possono profilare 2 situazioni diverse:

  • i genitori della persona deceduta, che al momento del decesso abbiano compiuto i 65 anni di età, non risultino titolari di pensione e siano a carico del figlio defunto.
  • fratelli celibi o sorelle nubili, inabili al lavoro al momento della morte, che non siano titolari di pensione e siano a carico del lavoratore deceduto.

In assenza di tali caratteristiche la pensione di reversibilità non viene corrisposta a nessuno.

Per quanto riguarda le quote, esse sono così divisibili:

  • 60% al coniuge solo.
  • 80% al coniuge con un figlio.
  • 100% al coniuge con due o più figli.

Se non c’è un coniuge, le quote sono:

  • 70% per un figlio.
  • 80% per due figli.
  • 100% per tre o più figli.
  • 15% per un genitore.
  • 30% per due genitori.
  • 15% per un fratello o una sorella.
  • 30% per due fratelli o sorelle.

Pensione di reversibilità, unioni civili e coppie di fatto

Stando così le cose, la regolamentazione della pensione di reversibilità sembrerebbe escludere, o non trattare, le coppie non sposate o quelle omosessuali. Ma la questione ovviamente interessa moltissime famiglie, ed è tornata di grande attualità dopo l’approvazione della Legge Cirinnà sulle coppie di fatto e sulle coppie omosessuali.

C’è una legge, la numero 76/2016, che, all’art. 1, comma 20, riconosce al partner superstite di una coppia unita civilmente e formata da persone dello stesso sesso il diritto alla pensione di reversibilità

Una sentenza del tribunale di Foggia dell’ottobre 2019 ha stabilito che la reversibilità possa essere garantita al partner nominando quest’ultimo come erede in anticipo; nel caso di specie, la vedova di una coppia omosessuale ha potuto godere della pensione di reversibilità, dopo la morte della compagna, e la sentenza foggiana può considerarsi storica, sia perché per la prima volta è stata chiamata in causa l’INPS, sia perché ha riconosciuto un diritto anche a coppie che stavano insieme già prima dell’approvazione della legge del 2016.

Fino a quel momento, infatti, il partner superstite di una coppia convivente dove rivolgersi alla Corte di Giustizia Europea per avere la reversibilità del partner deceduto.

Storica è anche la decisione del 26 gennaio 2021 della Corte d’Appello di Milano, che ha disposto il pagamento, da parte dell’INPS, dell’assegno di reversibilità al figlio di una coppia omosessuale, dopo la morte del genitore non biologico. È la prima volta in Italia che la pensione di reversibilità viene concessa al figlio di una coppia omosessuale.

A portare avanti la battaglia della famiglia l’avvocato Alexander Schuster, grazie al cui lavoro il figlio si è visto riconosciuto l’assegno di reversibilità del padre “intenzionale”, ovvero non biologico, che ancora non l’aveva riconosciuto in Italia – il figlio in questione era nato negli USA nel 2010 -, morto per un infarto a soli 40 anni.

Pensione di reversibilità e figli

Ci sono requisiti precisi affinché la pensione di reversibilità possa essere goduta dai figli del defunto; non tutti i figli indiscriminatamente hanno infatti questo diritto. In particolare, l’assegno spetta:

  • ai figli di età inferiore ai 18 anni;
  • ai figli inabili al lavoro, indipendentemente dall’età (con invalidità al 100%);
  • ai figli maggiorenni che studiano e risultano a carico del genitore al momento del decesso, non lavorano, frequentano scuole o corsi di formazione professionale equiparabili ai corsi scolastici e hanno meno di 21 anni;
  • ai figli maggiorenni che studiano, risultano a carico del genitore al momento del decesso, non lavorano, frequentano l’università e hanno meno di 26 anni.

È importante sottolineare che nel concetto di figlio rientrino sia quelli nati nel matrimonio, ma anche quelli nati al di fuori di esso, i figli adottivi, legalmente riconosciuti, giudizialmente dichiarati, i figli nati da matrimoni precedenti e quelli nati dopo la morte del genitore (purché entro i 300 giorni dalla data del decesso).

Quando si perde la pensione di reversibilità

Ci sono anche situazioni in cui si può perdere il diritto alla pensione di reversibilità; in particolare, essa viene meno nel momento in cui il coniuge superstite convoli a nuove nozze, il che fa decadere il diritto alla prestazione previdenziale. Non viene invece meno qualora il coniuge superstite decida di convivere, visto che la convivenza non rappresenta un motivo ostativo alla percezione dell’assegno.

Un’altra ragione che causa la perdita della pensione di reversibilità è legata alla presenza dei figli maggiorenni, che interrompono gli studi e quindi non risultino più studenti; anche laddove ci siano figli impegnati in un tirocinio formativo viene meno il diritto a godere dell’assegno di reversibilità.

Nessuna pensione neppure per il coniuge superstite nel caso in cui i figli abbiano un’occupazione lavorativa che gli permettano di avere l’indipendenza economica. Infine, ultima circostanza riguarda i fratelli e le sorelle, che smettono di godere della pensione di reversibilità nel momento in cui essi stessi giungono all’età pensionabile.

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