Veronica Franco, Marie Duplessis (trasfigurata da Alexandre Dumas figlio in Margherita Gautier) e Greta Zelle (celebre come la spia Mata Hari): cosa hanno in comune queste tre donne realmente esistite (nel Cinquecento, nell’Ottocento e agli inizi del Novecento)? Sono le tre mantenute, amate da principi, artisti e potenti, che Claver Salizzato ha scelto come protagoniste del film I fiori del male (ora disponibile in streaming gratuito su Chili).

Cortigiane colte e raffinate, sono state condannate a morte giovane e drammatica: Veronica Franco muore poco più che quarantenne, dopo un lungo processo per stregoneria (mai accertata dall’Inquisizione), allontanata da ogni ambiente altolocato e letterario di cui era stata a lungo una grande animatrice.

Marie Duplessis, ovvero la Margherita Gautier di Dumas figlio, squassata dalla tosse non riesce più a guadagnarsi da vivere, si riempie di debiti e i creditori depredano il suo appartamento di tappeti, tendaggi e ogni altra ricchezza, quando è ancora agonizzante nel suo letto. Muore ventitreenne di tisi.

Greta Zelle, in arte Mata Hari, accusata di essere una spia al soldo dei tedeschi (col nome in codice di H21) durante la Prima Guerra Mondiale, fu fucilata il 15 ottobre 1917 dopo un breve processo a porte chiuse. Leggenda vuole che fu lei stessa a incoraggiare i 12 fanti, reduci dalla guerra, riluttanti a spararle. Aveva 41 anni.

A tutte e tre, la società di tre epoche diverse non ha perdonato non tanto e non solo l’aver venduto il proprio corpo in nome del lusso, degli agi e del piacere, ma di essere state donne indipendenti che hanno messo sé stesse al servizio dei propri desideri: cancellatone il sapere e i meriti artistici, resta di loro – soprattutto – l’appellativo di prostitute, d’alto bordo, of course, ma pur sempre “solo” prostitute mai redente. Ben lontane dall’agiografia costruita intorno alla Vivian di Pretty Woman.

Non hanno voluto un principe azzurro che le salvasse, perché nessuna delle tre ha mai pensato di dover essere salvata. E per loro, non è previsto spazio nel presepe dei buoni sentimenti.

I fiori del male: Veronica Franco, Margherita Gautier e Mata Hari

Con risultati discontinui (a tratti decisamente mediocri), al regista padovano si deve l’aver rispolverato una figura emblematica del Cinquecento veneziano come Veronica Franco: poeta (come invitava a usare la linguista Alma Sabatini nel suo Raccomandazioni per un uso non sessista delle lingua italiana del 1986) dedita alle arti, alla musica e alle lettere, favorita di Enrico III di Valois e dei nobili Venier (e di pittori come Tintoretto che la volle modella di svariati capolavori), accusata di stregoneria (ma assolta), apprezzata da Benedetto Croce per i suoi meriti artistici eppure condannata all’oblio.

Cortigiana “onesta” (dove onesto stava a significare che era regolarmente iscritta nel Catalogo, che applicava le tariffe previste dalla Repubblica e che pagava regolarmente le tasse sulla sua attività) a lungo si batté – invano – per riuscire a fondare a Venezia, la sua città natale, un ospizio del soccorso per ex prostitute, utilizzando i patrimoni delle cortigiane più ricche, morte senza fare testamento (soprattutto durante la grande peste del 1575-76). Altrettanto invano si è spesa per rivendicare la dignità di qualsiasi essere umano, “perfino” delle meretrici. Non a caso, una delle frasi con cui viene ricordata è l’illuminante “La vergogna è nell’alterigia di chi compra“.

Resa immortale da Alexandre Dumas figlio prima (come la Margherita Gautier de La signora delle camelie) e da Giuseppe Verdi poi (la Violetta Valéry de La traviata), Marie Duplessis è stata la “lorette” più famosa della Parigi ottocentesca, morta di tisi giovanissima.

A spiegare chi fossero le lorettes è lo stesso Dumas in Filles, lorettes et courtisanes. Les serpents: “Questa razza apparteneva interamente al sesso femminile; era composta da piccoli esseri affascinanti, ordinati, eleganti, civettuole, che non si potevano classificare secondo nessun tipo conosciuto: non era né […] una camminatrice di strada, né una grisetta, né una cortigiana. Non era il tipo borghese. E di certo non era il tipo di donna perbene“.

Insomma, una donna che si dà a chi è in grado di soddisfare il proprio desiderio di lusso; “disposta per piccol pregio a compiacere a qualunque uomo“, come Fiordaliso, la bellissima prostituta siciliana di Andreuccio da Perugia, resa immortale da Giovanni Boccaccio nella quinta novella del suo Decameron.

Last but not least, la spia più famosa di tutti i tempi: Margaretha Geertruida Zelle MacLeod, ovvero Mata Hari, un’olandese vissuta molti anni in Indonesia, elegante, colta e intelligente, che parlava sei lingue e aveva un gran talento per la danza.

I tanti benefattori che frequentò la introdussero nei salotti importanti della Belle Époque, tanto in Francia quanto in Germania. È stata l’étoile delle Folies Bergères e del Moulin Rouge e si è esibita nelle feste private dei nobili e dei magnati dell’industria e della finanza: tutti l’hanno corteggiata, in molti con successo. Tuttavia, nessuno degli uomini ricchi e potenti che l’avevano venerata e inseguita per l’Europa, ebbe la pietà di occuparsi della sua sepoltura. Il suo corpo, dopo la fucilazione seguita alla condanna per spionaggio, fu gettato in una fossa comune.

Fiori del male
Flora Vona in “I fiori del male” di Claver Salizzato (CF Productions)

Scheda del film

Girato nel sontuoso Palazzo Farnese a Caprarola, in provincia di Viterbo, I fiori del male di Claver Salizzato del 2015 (disponibile su Chili, in streaming gratuito, e su Prime Video in abbonamento) è interpretato da Flora Vona, che veste i panni ora di Veronica Franco, ora di Margherita Gautier, ora di Mata Hari.

Il lungometraggio è prodotto da Christian Vitale e scritto dal regista con Patrizia Pastagnesi, si avvale della direzione della fotografia di Matteo De Angelis, delle musiche di Marco Werba e del montaggio di Daniele Massa.

Insufflato di citazioni letterarie – a partire dal titolo, in omaggio alla celebre raccolta di poesie di Charles Baudelaire – il film si avvale di un narratore, un maestro di cerimonie, che conduce gli spettatori in un labirinto dove l’amore è vittima e carnefice. Le tre donne protagoniste, infatti, vivono la propria condizione di amanti come un valido motivo per sfuggire all’amore. Tutte e tre non sono che un fiore del male, poiché l’amore vero non può coniugarsi altro che con la castità della passione e della morte. Una teoria che – a conti fatti – pare un po’ bislacca vista la levatura delle tre figure che Salizzato decide di scomodare.

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