“La vita che verrà” di una madre fuggita da un uomo violento

Sandra, la protagonista dell'ultimo film diretto da Phyllida Lloyd, è una delle tante, troppe, donne vittime di violenza domestica. Sandra, a differenza di tante altre, riesce a dare una nuova esistenza a se stessa e alle due figlie grazie alla rete di solidarietà che si crea attorno a lei.

Alcuni calci, pugni, schiaffi fanno male a una persona ma colpiscono l’intera comunità. Il polso rotto di Sandra Kelly, emblematica vittima di violenza domestica, protagonista de La vita che verrà (Herself), ultimo film di Phyllida Lloyd, è una ferita di tutti, anche se suo – e soltanto suo – è il dolore fisico.

Minacce, insulti, ricatti, umiliazioni accompagnano spesso aggressioni fisiche e sessuali e divieti di incontrare amici o famigliari; col tempo la vittima impara a “sopportare”, chiudendosi e perdendo autostima.

Un uomo che alza le mani sulla compagna – non ci si stancherà mai abbastanza di dirlo – è un fallimento della società, prima ancora che individuale, sintomo di una crisi profonda del modello patriarcale: solo ora la violenza maschile viene riconosciuta come tale anziché forma di controllo o uso legittimo di mezzi di correzione, come è stato fino a pochi decenni fa.

È per questo che quando una donna riesce a lasciare il marito (fidanzato o convivente che sia) violento, è la collettività che deve farsi carico della sua ripresa: di trovarle una casa, un lavoro, un supporto psicologico.

Non a caso, nel film di Phyllida Lloyd – un inno «al coraggio delle donne. A quelle che riescono a scappare, a chiudersi dietro la porta e cominciare un doloroso viaggio sapendo che saranno in pericolo, anzi ancora di più in pericolo una volta uscite di casa, e a quelle che non ce la fanno e hanno il coraggio di restare accanto al loro partner violento che le picchia e le abusa», secondo le parole della stessa regista – fa la sua comparsa una parola irlandese che si configura vero manifesto politico prima che curiosità lessicale.

Meitheal si usa per spiegare il sistema di lavoro cooperativo in Irlanda, dove gruppi di vicini si aiutano a vicenda nel lavoro agricolo. I vicini che danno il loro lavoro ad altri sono aiutati a loro volta con i loro pesanti compiti stagionali. Il cuore del concetto è l’unità della comunità attraverso il lavoro cooperativo e il sostegno reciproco. Meitheal è l’espressione irlandese dell’antico e universale dispositivo di cooperazione ai bisogni sociali, che spiega, oggi più che mai, che è solo insieme che ci si salva.

«Cosa accade il giorno dopo che una donna si è chiusa dietro quella porta magari con i suoi figli traumatizzati accanto?“, si chiede la regista: «Quel day after è un percorso di cui tutti siamo responsabili e su cui non possiamo chiudere gli occhi: dall’isolamento alla comunità, è solo così che si rinasce».

La vita che verrà
Il cast del film La vita che verrà diretto da Phyllida Lloyd (Courtesy Press Office)

Perché vedere il film di Phyllida Lloyd

La vita che verrà si iscrive a pieno diritto nel solco del cinema sociale e civile britannico, denunciando due drammi: la violenza domestica sulle donne e la mancanza di abitazioni messe a disposizione dallo Stato delle persone indigenti o in difficoltà.

Il lavoro di Phillyda Lloyd, anche grazie alla collaborazione decisiva dell’attrice irlandese Clare Dunne, che interpreta Sandra e firma la sceneggiatura, è frutto di lunghe ricerche, dialoghi con donne abusate, persone chiuse nelle carceri, studi approfonditi di situazioni simili a quelle descritte, in cui le vittime sono passate non solo attraverso vessazioni esterne ma hanno dovuto combattere i propri demoni interiori.

Nel film, Sandra, dopo l’ennesimo atto di ira del marito che le provoca un danno irreparabile al braccio, trova finalmente il coraggio di fuggire con le sue figlie. Con l’aiuto generoso di una dottoressa presso la quale fa le pulizie domestiche e la collaborazione spontanea e generosa di alcune persone che ha la fortuna di incontrare, la donna decide di costruire una casa tutta per sé e per le due bambine.

«Sembra una favola a lieto fine – ha raccontato ai giornalisti la regista collegata in streaming alla Festa del Cinema di Roma – invece è tutta verità. Ci siamo ispirate a una storia che Clare conosceva direttamente e a tante ricerche che abbiamo svolto con organizzazioni di aiuto contro la violenza sulle donne. Si può ricominciare: ebbene sì, il cinema, io ci credo ancora, può provocare cambiamenti e spero che sia motivazionale per tante donne».

Per questo motivo Lloyd ha già annunciato che, qualora la pandemia di Covid-19 (che con il lockdown nella primavera 2020 ha già causato un peggioramento evidente della situazione delle donne abusate nell’intera Europa) dovesse impedire l’uscita in sala del lungometraggio, farà in modo che giri «in ogni forma o piattaforma possibile: si tratta di un’urgenza».

Una vocazione, quello all’impegno civile dell’arte, di cui in Europa abbiamo un gran bisogno.

La vita che verrà
Una scena del film La vita che verrà (Courtesy Press Office)

La vita che verrà: la scheda del film

Presentato in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma (in Selezione Ufficiale e in Alice nella Città), dopo essere passato con successo al Sundance Festival 2020, La vita che verrà è previsto in sala nei cinema italiani dal 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Il film, diretto Phyllida Lloyd, è scritto da Clare Dunne e Malcolm Campbell e vede la stessa Dunne nel ruolo di Sandra, una giovane donna in lotta per ricostruirsi una vita e dare un futuro alle due figlie, lontano dal marito violento.

Clare Dunne e Phyllida Lloyd hanno già lavorato insieme in Enrico IV di William Shakespeare, di cui la regista britannica ha realizzato una versione interamente al femminile. Nel cast del film anche i due candidati ai Tony Harriet Walter e Conleth Hill.

Phyllida Lloyd è nota per il suo pluripremiato lavoro in teatro, opera e cinema. Nel 2008 ha diretto Mamma Mia!, che ha incassato oltre 600 milioni di dollari in tutto il mondo. Lloyd ha anche diretto The Iron Lady nel 2011, che è valso un Oscar come migliore attrice a Meryl Streep. I suoi lavori includono l’adattamento teatrale di The Handmaid’s Tale, dal romanzo di Margaret Atwood, Gloriana, film tv dell’opera lirica di Benjamin Britten, e la versione di Peter Oswald della Mary Stuart di Schiller, che ha vinto nel 2006 il premio South Bank Show Theatre.

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