Dovremmo essere tutti femministi” recita il titolo di un celebre saggio di Chimamanda Ngozi Adichie del 2014, “We Should All Be Feminists” campeggia su le – altrettanto famose – t-shirt che Maria Grazia Chiuri ha mandato in passerella per la sua prima collezione per Dior, la Spring/Summer 2017, nel settembre 2016. Ironico che proprio il 5 settembre di quell’anno sia morta Phyllis Schlafly, infaticabile oppositrice del femminismo che si appresta a diventare nota anche ai più grazie a Mrs. America, miniserie in onda su TimVision che le ha regalato il volto di Cate Blanchett.

Tornano così alla ribalta tematiche mai sopite e le protagoniste della cosiddetta seconda ondata del femminismo americano, Gloria Steinem (a cui nel 2020 è stato dedicato anche The Glorias, adattamento di Julie Taymor del libro My Life on the Road), Bella Abzug, Betty Friedan, che negli anni Settanta si sono battute per il diritto all’aborto, per l’equo compenso, contro la violenza domestica, per la parità di genere.

Tuonava contro di loro Phyllis Schlafly: “Ad alcune donne fa comodo incolpare il sessismo per i propri fallimenti“, e ancora: “Le femministe vogliono una nuova sorellanza di solidarietà frustrata” per creare “una società sessualmente neutra“. A colpi di fake news (di cui non è stata certo l’inventrice ma di cui ha compreso con lungimiranza l’importanza strategica nel creare consenso) veicolate attraverso il suo Phyllis Schlafly Report, l’attivista ha avuto un ruolo importante nelle battaglie contro l’Equal Rights Amendment (ERA) che, se approvato, avrebbe dovuto rafforzare l’uguaglianza dei diritti senza distinzioni di sesso. Stop the ERA, nato nel 1972 per impedire che almeno 38 stati ratificassero l’emendamento, è riuscito a raccogliere migliaia di casalinghe americane sotto l’ala conservatrice più retrograda e bigotta, oggi base elettorale di Donald Trump.

Donne contro donne, quindi, secondo il più noto degli assi nella manica della società patriarcale, che da sempre toglie libertà in nome della sicurezza, mina la fiducia in sé stesse attraverso un bullismo luciferino di cui molte donne sono campionesse, fa abdicare l’indipendenza promettendo protezione. Dovremmo tutti essere femministi in una società egualitaria fondata sulle pari opportunità e basata sul rispetto dell’altro. Ad oggi, le Phyllis Schlafly hanno ancora ampio spazio di movimento sbandierando spauracchi di ragazze mandate in trincea contro la loro volontà, diritti di famiglia negati, “zitellaggine” imposta come regola.

Cate Blanchett in “Mrs. America” (Courtesy Press Office)

Perché vedere la miniserie con Cate Blanchett

Una ricostruzione storica accurata è il grande pilastro di Mrs. America, miniserie ambientata negli Stati Uniti, tra New York, l’Illinois e Washington, dal 1971 (quando l’Equal Rights Amendment ottenne i due terzi dei voti richiesti dalla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti) al 1980, anno delle presidenziali americani che videro la sconfitta del democratico Jimmy Carter in favore del repubblicano Ronald Reagan.

A Bina Daigeler e Mara LePere-Schloop, costumista e scenografa della serie, e ai loro reparti molto del merito nell’aver portato sul piccolo schermo in maniera così certosina quel decennio di storia americana.

Presentata in anteprima in Italia alla Mostra del Cinema di Venezia (di cui Blanchett quest’anno è stata presidente di giuria) e in contemporanea al TimVision Floating Theatre di Roma, la serie trova in Cate Blanchett  la sua grande interprete, capace di fornire alla sua Phyllis un’intelligenza machiavellica, una femminilità stereotipata (“smoking is not ladylike“, pronuncia lapidaria) e una caparbietà dolorosa: è il villain della serie, of course, ma comunque vittima del patriarcato che difende in maniera implacabile e – a differenza di molte sue sodali – sempre consapevole.

Accanto all’attrice australiana, le altrettanto brave Uzo Aduba (che per la parte ha vinto un Emmy, nel 2020, come miglior attrice non protagonista in una miniserie) nel ruolo di Shirley Chisholm, la prima donna afroamericana eletta al Congresso, Rose Byrne, nel ruolo di Gloria Steinem, Margo Martindale nel ruolo di Bella Abzug, Elizabeth Banks nel ruolo di Jill Ruckelshaus, Tracey Ullman nel ruolo di Betty Friedan.

Parte con il freno a mano inserito, Mrs. America, costretto a dover contestualizzare gli eventi e spiegare i personaggi, eppure già alla terza puntata spicca il volo, offrendo uno spaccato di storia americana che molto spiega l’oggi e affrontando in maniera non banale, accanto alla battaglia dei sessi, concetti come rivoluzione, potere ed establishment.

Rose Byrne in “Mrs. America” (Courtesy Press Office)

Mrs. America: la scheda tecnica

Sbarca su TimVision Mrs. America ( i primi tre episodi disponibili dall’8 ottobre e gli altri vengono trasmessi a cadenza settimanale), miniserie in 9 puntate che racconta la storia del movimento sorto in Usa negli anni ’70 per la ratifica dell’Emendamento per la parità dei diritti (Equal Rights Amendment – ERA) tra i cittadini, senza distinzione di sesso.

L’Emendamento sulla parità di diritti (Equal Rights Amendment) è stato scritto nel 1920, poco dopo che negli Stati Uniti era stato esteso il diritto di voto anche alle donne. In seguito è stato presentato, senza successo, in ogni anno legislativo al Congresso dal 1923 fino a quando è stato finalmente approvato nel 1972. È poi stato inviato ad ogni stato per venire ratificato, ma negli anni ’80 non ha raggiunto i 38 stati necessari per essere aggiunto alla Costituzione e la questione è entrata in una fase di stallo.

Nel febbraio del 2020, la Virginia è stato il 38esimo stato americano a votare a favore dell’emendamento, raggiungendo i tre quarti richiesti per modificare la Costituzione. I fautori dell’emendamento ritengono che l’uguaglianza di genere enunciata nella Costituzione potrebbe cambiare lo standard utilizzato dalla Corte Suprema nei casi di discriminazione sessuale e influire sulle sentenze su questioni quali il divario retributivo tra uomini e donne e i servizi forniti sul posto di lavoro alle donne in gravidanza.

I produttori esecutivi della serie, prodotta da FX Productions, sono, oltre a Cate Blanchett, Dahvi Waller, in qualità di creatore e showrunner, Stacey Sher, Coco Francini e Anna Boden e Ryan Fleck.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!
  • Camera con vista