Ogni volta che leggiamo o sentiamo di qualche fenomeno che riguarda il Giappone ne siamo incuriositi o affascinati, nel bene e nel male. Il Giappone è una terra lontana, misteriosa e, pur essendo molto occidentalizzata, il suo stile di vita, la filosofia dell’esistenza sono assai distante dai nostri.

Per questo, quando sentiamo parlare degli johatsu, sulle prime forse non riusciamo a capire le ragioni del fenomeno.

Chi sono i Johatsu?

Johatsu
Fonte: Pixabay

Gli johatsu sono persone che decidono di cambiare identità e sparire dalla circolazione. Nuovo nome, nuova casa, nuovi contatti per telefono e e-mail. A volte nessuna identità, nessuna casa e nessun contatto. Semplicemente questi uomini e donne spariscono, si allontanano da tutto ciò che era il loro passato e iniziano una nuova vita. Si fa il trasloco nottetempo e via.

Ognuno di loro, chiaramente, prova cose diverse nel compiere quest’atto, che può essere spaventoso, eccitante, di sollievo o magari ansiogeno. Come riporta Mashable, le persone che lo fanno possono essere fine a centomila l’anno e la ragione principale sono i debiti, ma non solo.

L’economia rappresenta infatti un complesso sistema di ragioni per cui un uomo o una donna decidono di essere johatsu (il termine significa «evaporare», sparire nel nulla). Non solo sparisce chi ha fatto debiti che sa di non riuscire a onorare, ma c’è anche chi perde il lavoro, chi teme le ripercussioni della propria precarietà economica e simili. Ma non manca chi ha problemi con la propria vita sociale ed emotiva, come coloro che sono sposati e divorziano, oppure coloro che, da coniugi e con figli, si innamorano di un’altra persona.

Culturalmente, per i giapponesi, la comunicazione tra le parti non è fondamentale quando c’è un problema sentimentale: si preferisce sparire senza dare spiegazioni (come per il ghosting), perché da un certo punto di vista è un sistema più lineare e semplice.

The Vanished di Lena Mauger

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Si tratta di un libro che analizza le ragioni degli johatsu e i concetti di onorabilità e vergogna e Giappone. Oltre all'inchiesta, contiene il suggestivo reportage fotofrafico di Stéphane Remael.
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Evaporare, per gli johatsu, è facile, perché il Giappone ha delle leggi sulla privacy molto stringenti e quindi nessuno può rintracciare qualcuno che si è allontanato volontariamente, neppure se crede che sia in pericolo.

Ed esiste addirittura un quartiere dell’area metropolitana di Tokyo che non esiste: sappiamo che quello che abbiamo appena scritto non sembra avere un senso logico, ma in realtà questo quartiere si chiama Sanya ed è stato cancellato dalle mappe da alcuni decenni, diventando la meta preferita di chi evapora, perché lì si può vivere anche senza documenti o come senzatetto senza essere disturbati.

La vergogna in Giappone

«Le cose perdonabili sono, in verità, pochissime» scriveva Yukio Mishima, uno dei più grandi scrittori giapponesi, che si suicidò per onore, per protestare contro l’occidentalizzazione del Giappone. Il punto è questo: molte cose in Giappone sono una questione di onore. L’onorabilità è un concetto che cambia da luogo a luogo.

In Otello e ne Il mercante di Venezia, William Shakespeare la faceva coincidere con l’affidabilità del proprio nome, con la reputazione, cosa che accadeva allora in Inghilterra ma non è poi tanto distante da ciò che pensiamo ancora oggi noi europei.

Per i nipponici il concetto di onore è più ampio e riguarda le aspettative della società e della collettività nei loro confronti. I giapponesi sono culturalmente propensi a dare il massimo, e il fallimento non è contemplato tra le possibilità: fallire comporta un sentimento conseguente di vergogna che porta chi ha fallito a non vedere una via d’uscita.

Certo, il seppuku, il suicidio rituale non quasi esiste più (l’ultimo probabile suicidio celebre è stato quello dello judoka Isao Inokuma, morto nel 2001, si sospetta a causa di preoccupazioni economiche, come riporta Nikkansports). Però la vergogna e la paura del fallimento si sono trasformati in altri fenomeni, come appunto i johatsu e la sindrome da hikikomori.

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I fenomeni antisociali nipponici

Johatsu
Fonte: Pixabay

Uno dei fenomeni antisociali nipponici più noti è appunto la sindrome da hikikomori per cui persone, soprattutto giovani ma non solo, sono spinte ad autosegregarsi in casa, eliminando qualunque rapporto con il mondo esterno, con Internet come unica e sola finestra sul mondo.

È la pressione per un possibile fallimento, per le istanze della società e per la difficoltà nelle relazioni sociali che comportino un capillare livello di comunicazione, che causano la volontà nei giapponesi di autorecludersi, in maniera analoga alla vergogna per il fallimento (o futuro fallimento) che guida i johatsu.

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