Giornata Mondiale contro il lavoro minorile

Il 12 giugno si celebra la Giornata Mondiale contro il lavoro minorile, per ricordare e ricordarci, che sebbene siamo nel 2013, ogni giorno vengono sfruttati in tutti il mondo dei minori. E se pensate che questo fenomeno sia un problema solo dei Paesi in via di sviluppo vi sbagliate di grosso!

Il lavoro minorile è un problema diffuso in tutto il mondo, sono tantissimi i bambini che lavorano, e spesso svolgono mansioni che mettono a serio rischio la loro salute. Il 12 giugno 2013 si celebra la dodicesima Giornata Mondiale contro lo Sfruttamento del Lavoro Minorile e sono numerose le associazioni che hanno organizzato incontri, manifestazioni ed eventi per sensibilizzare le persone a questa importante tematica.

Ma qual è la portata di questo fenomeno? Quanti bambini al mondo vengono ancora sfruttati? E’ un problema che tocca solo i paesi del “terzo mondo”?

Secondo le stime dell’OIL (Organizzazione Mondiale del Lavoro) attualmente sono circa 250 milioni i bambini e le bambine che lavorano, nella maggior parte dei casi a tempo pieno (circa il 50%), e che svolgono la loro mansione in assenza dei diritti umani fondamentali. Molti bambini vengono usati da multinazionali per produrre articoli che noi stessi usiamo quotidianamente. Di questi, circa 1 su 12, svolgono lavori particolarmente rischiosi, che mettono in pericoli non solo il fisico, ma anche mente e morale. Circa 8 milioni di loro sono sottoposti alle peggiori forme di lavoro minorile: la schiavitù, il lavoro forzato, lo sfruttamento nel commercio sessuale, nel traffico di stupefacenti e per non parlare dell’arruolamento come bambini soldato nelle milizie.

In lavoro_minorile01gmaschi. In Thailandia il 32% delle forza lavoro è costituita da bambini che sono impiegati nella creazione di articoli per l’esportazione, a quelli a cui va bene, se no sono impiegati nella prostituzione minorile, uno dei paradisi per pedofili.

In Brasile 7 milioni di bambini lavorano, soprattutto nelle zone rurali, per non parlare di quelli che vivono per strada e sopravvivono con espedienti, nella maggior parte dei casi vendendo il loro corpo. Per fare un esempio, nella regione di Rio de Janeiro la maggior parte dei lavoratori nelle piantagioni di canna da zucchero sono bambini dai 7 ai 14 anni che svolgono questa mansione per più di 14 ore al giorno. In Nigeria lavorano circa 12 milioni di ragazzi e in Gangladesh i bambini che lavorano sono 1/4 dell’intera popolazione infantile. In Perù il 20% dei lavoratori nelle miniere ha fra gli 11 e i 18 anni. In Cina invece il lavoro forzato è una strategia per isolare e sterminare i bambini portatori di handicap fisici o psichici.

Si stima che ogni anno circa 22.000 bambini di entrambi i sessi muoia a causa di incidenti sul lavoro o malattie contratte sempre per motivi lavorativi.

Il problema è che fare in modo che questo fenomeno finisca è molto difficile dato che spesso sono proprio le famiglie a mandare i bambini a lavorare, non per cattiveria o perchè vogliano, ma perchè non hanno alternativa. Queste famiglie purtroppo, senza il contributo lavorativo dei figli, non avrebbe reddito sufficiente per pagare le spese mediche o addirittura per comprare il cibo.

Ma se pensate che il problema del lavoro minorile sia confinato ai Paesi del “terzo mondo”, distanti dal nostro, vi sbagliate! Infatti è un problema che interessa l’Europa (solo per cirare un caso in Estonia il 30% delle prostitute è minorenne) e ancora più da vicino l’Italia!

Infatti nel nostro Paese si stima che ben 144.000 bambini tra i 7 e i 14 anni lavorano e di questi 31.500 lavoro-minorile-nel-mondo-215-milioni-di-bambini-lavoratori_2345sono da considerarsi veri e propri casi di sfruttamento. Si va da contesti di disagio, povertà e rischio di povertà dove il lavoro del minore è necessario, se non indispensabile, per la sopravvivenza familiare;  a contesti nei quali i bambini sono coinvolti in attività lavorative che non sono pericolose o di sfruttamento e che permettono la normale frequenza scolastica.

Nei paesi sviluppati, il lavoro entra nei percorsi di crescita di bambini ed adolescenti in modi differenti e per diversi motivi rispetto ai paesi del sud del mondo. Innanzitutto c’è una sostanziale differenza legata all’età d’accesso al lavoro, poichè mentre nei paesi in via di sviluppo anche i minori in età prescolare vengono coinvolti, nei paesi occidentali, in particolare europei, il lavoro di minori di 15 anni riguarda, nella maggior parte dei casi, la fascia preadolescenziale. Inoltre, mentre in molti paesi l’esperienza lavorativa ha una valenza pressochè totalizzante, in Europa, essa viene svolta generalmente contemporaneamente alla frequenza scolastica” afferma Valerio Neri direttore generale di Save the Children Italia, e continua “In questa fase storica segnata da una generale crisi economica e sociale il rischio che sempre più minori – spinti dall’impoverimento delle famiglia – si ritrovino a lavorare è molto forte. E’ quindi necessario raddoppiare gli sforzi affinchè tutto ciò non accada, in modo da garantire adeguato sostegno, protezione e aiuto a tutti quei ragazzi coinvolti in attività lavorative nocive o addirittura sfruttati“.

Insomma, in Italia il problema non è grave come nei Paesi più poveri del mondo, ma comunque è un fenomeno che va tenuto sotto controllo, che va monitorato continuamente e che speriamo che con gli sforzi di tutte le associazioni umanitarie si possa debellare del tutto questo sfruttamento portando tutti i bambini a vivere un’infanzia spensierata senza bisogno di lavorare!

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