È una vera e propria ecatombe, quella che si sta consumando all’Okavango Panhandle, in Botswana, dove, dal 25 maggio a oggi, sono morti circa 356 elefanti. Un numero impressionante di animali morti per circostanze misteriose e che, per una volta, sembrano non avere nulla a che fare con il bracconaggio che funesta da decenni quelle zone.

Alcuni degli elefanti rinvenuti senza vita sembravano essere morti per un collasso cardiaco mentre stavano camminando, elemento che ha portato gli esperti a sospettare un avvelenamento generale o una malattia congenita che colpirebbe proprio la specie.

“Man mano che le popolazioni di elefanti crescono, è più probabile che si verifichino morti di massa, probabilmente su una scala più ampia di questa”, ha spiegato al New York Times Chris Thouless, responsabile della ricerca presso Save the Elephants, un’organizzazione di conservazione della specie con sede in Kenya. Non tutti gli ambientalisti, però, sembrano condividere la sua teoria.

Mark Hiley, direttore delle operazioni di salvataggio del National Park Rescue, un’organizzazione senza scopo di lucro con sede in Gran Bretagna che combatte il bracconaggio in Africa, sottolinea i rischi che questi grossi erbivori corrono per via dell’avorio delle loro zanne, materiale pregiatissimo e ricercato da cacciatori senza scrupoli. Per lui, la cosa più importante da fare è lasciare che un team indipendente visiti l’intera area cercando di risalire alle cause delle (per ora) inspiegabili morti.

I ricercatori di Elephants Without Borders, il gruppo di salvaguardia della specie stanziato in Botswana che ha condotto i voli per documentare il problema, hanno osservato alcuni elefanti vivi che sembravano disorientati, incluso uno che camminava in cerchio, altri che trascinavano le zampe posteriori, come se fossero paralizzati, o apparivano letargici ed emaciati. Maschi e femmine, giovani e vecchi, tutti sembrano ugualmente colpiti.

Il Botswana ospita da solo circa 130.000 elefanti, un terzo della popolazione rimanente del mondo e, nonostante i timori di un aumento dei bracconieri, tutto sommato il Paese sembra ancora un posto sicuro per loro. Adesso, però, a preoccupare ci sono queste morti che, secondo il rapporto presentato da Elephants Without Borders ai funzionari del governo, risalirebbero almeno a marzo. Anche il numero degli esemplari morti, inoltre, potrebbe essere molto più alto dei 356 accertati, visto che gli aerei non arrivano a sorvolare diverse aree, o a ottenere immagini nitide.

“Tutto questo è iniziato mesi fa e ormai il governo dovrebbe essere in grado di dire chiaramente a tutti di cosa si tratta. Ci sono un sacco di rinomati laboratori che avrebbero potuto trovare un risultato ormai”, ha affermato Hiley, secondo cui il governo del Paese starebbe ignorando il problema, con conseguenze che potrebbero essere davvero tremende.

Diversa, ovviamente, è la versione dei portavoce governativi, su tutti il dottor Mmadi Reuben, il principale veterinario del Dipartimento della fauna selvatica e dei parchi nazionali del Botswana, secondo cui il governo sta dando una risposta “rapidamente, adeguatamente e responsabilmente” non appena ricevuto il dossier dell’organizzazione ambientalista. Secondo lui, alcuni test effettuati in laboratorio avrebbero escluso cause comuni come la presenza di antrace, causata da batteri che si trovano naturalmente nel suolo, e starebbero collaborando in sinergia con i laboratori di Zimbabwe, Sudafrica e Canada per eseguire ulteriori test. “Non sarà una cosa una tantum in cui diciamo: ‘Abbiamo inviato campioni, ora abbiamo finito’ – ha assicurato il dottor Reuben – È un dialogo continuo con diversi laboratori”.

Per ora sembrano da escludersi il cianuro, che a volte i bracconieri usano per avvelenare gli elefanti (in questo caso, infatti, le carcasse dovrebbero essere le une vicine alle altre, nel luogo in cui è stato sparso il veleno, e dovrebbero esserci animali di altre specie morti), e il Covid-19, visto che la malattia non ha ancora infettato neppure le persone nelle remote comunità di Okavango. Senza contare che non esistono prove che gli elefanti possano contrarre il virus.

Come detto, molti sembrano propendere per una malattia naturale, come l’encefalomiocardite, un’infezione virale che può essere trasmessa dai roditori e che può causare sintomi neurologici, che ha già ucciso circa 60 elefanti nel Kruger National Park in Sudafrica a metà degli anni ’90. Il Botswana arriva da un periodo di siccità intenso che avrebbe potuto indebolire e stressare gli animali, esponendoli maggiormente alle malattie.

Ciononostante, il dottore Thouless tende a essere positivo, assicurando che le morti non rappresentano che una piccola percentuale dei 15.000-20.000 elefanti che vivono nel Panhandle di Okavango. “È angosciante, ma attualmente è banale in termini di popolazione”, ha spiegato.

Anche perché, prosegue, alcuni esempi passati mostrano che , anche quando le condizioni sono favorevoli, gli elefanti possono far balzi demografici rapidi: ad esempio, nel 1970 e 1971, una siccità nel Tsavo East National Park in Kenya ha ucciso circa 5.900 dei 35.000 elefanti del parco, ma solo due anni dopo, nel 1973, la popolazione era già tornata a 35.000.

Nonostante le rassicurazioni, capire di cosa stanno morendo questi meravigliosi animali è importantissimo, anche per poter andare avanti con le ricerche che potrebbero salvare loro la vita.

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