Non nominerò l’autore del pessimo articolo, né il quotidiano nazionale che ieri lo ha pubblicato, da cui è nata l’esigenza di scrivere queste parole.

Scegliere di non farlo è un modo per, giusto per introdurre con un esempio il tema di cui andiamo a trattare, delegittimare entrambi: autore e testata, che davvero non meritano di essere nominati. Perché se le parole sono strumenti potenti, in grado di trasformare e plasmare la realtà, allora vale la pena di scegliere con cura chi e cosa evocare.

Nominerò invece le donne che sono state, loro malgrado, al centro di questo attacco privo di intelligenza – nel senso etimologico del termine, dal latino intelligentia, der. di intelligĕre «intendere», composto da intus «dentro» e dal verbo legere «leggere, comprendere, raccogliere idee e informazioni» – e, quindi, di fondamenta.

Il suo autore, infatti, mostra in modo evidente di non conoscere, né di aver ritenuto necessario informarsi in merito prima di scrivere, chi sono le persone che attacca e dileggia, con sprezzante ironia, ovvero Carolina Capria di L’ha scritto una femmina, Stefania Soma, in arte Petunia Ollister, Julie Demar, Veronica Giuffré, Chiara Boniardi e Matteo Taino di Libriamociblog.
Il che, è evidente, già definisce la serietà e l’autorevolezza delle sue accuse.

In particolare riporto di seguito un post scritto ieri da Carolina Capria, che se prende le mosse e motivazione dall’ingiusto attacco subito ieri, è rilevante a prescindere da questo.

Qui Carolina Capria parla, legittimamente, di delegittimazione delle donne.
Ma cominciamo per gradi.

Cosa significa delegittimare?

Cito la Treccani:

delegittimare v. tr. [der. di legittimo, col pref. de-] (io delegìttimo, ecc.). – [rendere non legittimo, cioè non valido e, estens., inaccettabile o ingiustificabile] ≈ esautorare, squalificare. ‖ destabilizzare. ↔ legittimare.

Si tratta quindi di togliere legittimità, autorevolezza, valore, merito a qualcosa o qualcuno.
Nella fattispecie, l’autore, evidentemente ossessionato dal successo social di queste professioniste, cerca di delegittimare loro e i risultati raggiunti. A interessare, più del contenuto e del gesto, è la modalità con cui questo scopo è messo in atto, perché è un elenco poco originale di quasi tutti gli espedienti con cui, storicamente, la società maschilista cerca di sminuire l’operato delle donne e le donne stesse quando queste osano non rispettare l’anonimato cui la Storia le ha relegate nei secoli, nella convinzione che, citando Virginia Woolf a corollario di una sua citazione:

«La massima gloria di una donna è far sì che non si parli di lei», disse Pericle, un uomo di cui si è parlato abbastanza.

Ora, prima di rispondere alla legittima domanda “Perché alcuni uomini sentono la necessità di delegittimare le donne e ciò che fanno?” e analizzarne i modi, invero poco creativi, vale la pena inquadrare chi è il fenotipo, ma forse sarebbe meglio analizzare il genotipo, di uomo che fa questo.

Quali uomini hanno bisogno di delegittimare le donne?

Sia detto, senza alcuna pretesa di scientificità, ma forte di un metodo empirico cui sono più che legittimata (parola dell’anno 2020!) in quanto donna, e che tante donne mi potranno senza dubbio confermare sulla base delle loro esperienze dirette,  l’uomo che delegittima l’altro sesso risponde tendenzialmente a queste caratteristiche:

  • maschio, ovviamente, ma nel suo caso anche maschilista
  • eterosessuale (nella maggior parte dei casi)
  • narcisista e, per dirla con gli antichi greci, portatore di un hybris che in genere nuoce al suo talento, che a voler ben vedere spesso c’è, ma viene vanificato da una dose eccessiva di fiducia in se stesso, che ne blocca ogni evoluzione critica (è il peggiore nemico di se stesso)
  • ambizioso e competitivo
  • frequenta ambienti e persone che riconoscono la propria leadership: laddove non trova il riconoscimento che, ritiene, gli sia dovuto, decide di trovarsi senz’altro in presenza di imbecilli, esseri inferiori, ciechi al suo genio e immeritevoli della sua presenza (alias non si mette in discussione)
  • incapace di autocritica e di accettare le critiche, anche circostanziate, altrui
  • caustico e spesso padrone della retorica preziosa e rara dell’ironia, che però si infrange contro il suo essere egoriferito
  • egoriferito appunto

Potremmo andare avanti ma a che scopo? Qualunque donna – e lo può confermare – ha presente il tipo.
Quindi passiamo al prossimo quesito:

Perché questo tipo di uomo sente la necessità di delegittimare le donne?

Per capire il perché andrebbe fatto un discorso storico, antropologico e sociologico e bisognerebbe richiamare in causa il genotipo, ovvero le informazioni generiche a corredo dell’essere umano.
Poiché però Virginia Woolf ne ha fatto una sintesi nel saggio illuminato e illuminante, la cui lettura andrebbe resa obbligatoria nelle scuole, che è Una stanza tutta per sé, mi servo delle sue parole:

Per tutti questi secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi, dal potere magico e delizioso di riflettere raddoppiata la figura dell’uomo. […]Perciò Napoleone e Mussolini insistono tanto enfaticamente sull’inferiorità delle donne, perché se esse non fossero inferiori cesserebbero di ingrandire loro. Questo serve in parte a spiegare la necessità che gli uomini spesso sentono delle donne. E serve a spiegare come li fa sentire inquieti la critica femminile; come a lei sia impossibile dir loro che il libro è brutto o il quadro difettoso, o cose del genere, senza provocare assai più dolore e suscitare assai più rabbia di quanta potrebbe suscitarne un uomo con la stessa critica. Perché se la donna comincia a dire la verità, la figura nello specchio rimpicciolisce; l’uomo diventa meno adatto alla vita.

Il motivo, va da sé, è sempre una questione di potere minacciato, di rischio di legittima delegittimazione, laddove non dovessero sussistere i requisiti di essere considerati autorevoli per merito e non in virtù del proprio sesso.

Nel momento in cui lei donne hanno iniziato a rivendicare il loro diritto di scegliere se stare o meno vicino al caminetto o dietro a un uomo; nel momento in cui hanno cominciato a reclamare quello, sacrosanto, di esprimere bisogni, personalità, capacità; nel momento in cui molte di loro, dotate di intelligenza e talento, hanno scelto di mettere a frutto entrambi e di non accettare più di essere subordinate a uomini con la metà, magari, della loro intelligenza e del loro talento, nonché di non accettare mansioni e ruoli secondari; beh, da quel momento, delegittimare la donna è diventata una necessità.

Finché roba da donne – nel nostro caso, di Roba da Donne, ne sappiamo qualcosa! – era occuparsi della casa, dei figli, del proprio uomo da servire e riverberare in tutto il suo splendore o, al massimo, di trucchi, rossetti, scarpe, frivolezze varie o un po’ di beneficienza di facciata, di contro alla roba da uomini, intesa come roba che conta, tutto bene. Ma ora che lo status quo di maschi dominanti è minacciato che si fa? Si delegittima. Se vogliono farsi sentire noi le mettiamo a tacere dicendo che sono isteriche, mestruate, carine in tanto affanno non richiesto, uterine, tenere, belline…

Quella della delegittimazione è diventata una pratica tanto diffusa quanto necessaria ma, questo va detto, solo per gli uomini che hanno fatto della supremazia maschile la loro bandiera fragile, supportata da una cultura dell’inferiorità femminile che trova le sue radici in un passato millenario di superstizioni e di bisogno di controllo che, esattamente come certe risacche religiose bigotte ancora presenti ma anacronistiche, va sgretolandosi di fronte all’evidenza delle competenze e delle risorse femminili e di una nuova mascolinità non tossica che esiste, e abita in molti uomini che non temono la parità dei sessi perché non se ne sentono, giustamente, né minacciati, né delegittimati. Anzi.

Come si delegittimano le donne?

Chiudo rapidamente quest’ultima questione, ché quelle sopra hanno già occupato molta della vostra pazienza.
Lo spiega bene Carolina Capria nel post embeddato qui sopra e, di seguito, mi limito a darne un breve compendio, senza ambizione di essere completo, per elenco:

  • sminuire i successi: di fronte all’evidenza di risultati o al suo successo, il delegittimatore si mostra critico e instilla il dubbio che sia determinato dall’aspetto fisico della professionista, dal suo essere donna o da una serie di dinamiche che hanno a che fare con la sua desiderabilità sessuale, nonché con logiche legate all’ignoranza e superficialità di chi la approva;
  • omettere titoli e informazioni: uso l’esempio, perché particolarmente calzante, dell’articolo incriminato, che attribuisce a Carolina Capria la definizione di influencer, senza precisarne il titolo di studio, né il suo cv di scrittrice con decine di pubblicazioni all’attivo per case editrici autorevoli, sceneggiatrice e autrice (la stessa amnesia è riservata alle altre donne criticate);
  • adottare il tu al posto del lei: il delegittimatore usa spesso la forma di cortesia alla terza persona singolare quando parla con uomini che non conosce, in segno di rispetto, ma tende ad adottare il tu quando si rivolge alle donne;
  • usare il nome al posto del cognome: chiama o nomina il professionista con titolo + cognome o solo cognome, la professionista con il solo nome;
  • sottolineare aspetti fisici o l’appartenenza sessuale della donna: l’uomo che sminuisce la donna usa aggettivi o perifrasi che fanno riferimento all’essere piacente o all’appartenenza di genere della professionista, e lo fa o in maniera sarcastica o con la presunta intenzione di fare un complimento. Esempi: riferimenti alla scollatura come potenziale qualità per conquistare un cliente o frasi come “finalmente una ventata di femminilità e bellezza in questo ufficio di vecchi”
  • fare riferimento allo stato civile della donna come se fosse professionalmente rilevante: “signora o signorina?”. Se vi sembra normale al prossimo colloquio o incontro di lavoro in cui ve lo chiedono provate a rispondere “e lei? signore o signorino?”.

Conclusioni?

Se un uomo cerca di delegittimare una o più professioniste, con uno o più di questi mezzi, significa che la o le donne in questione stanno facendo un ottimo lavoro e la loro voce è uscita dal silenzio cui qualcuno vorrebbe relegarla, ed è arrivata.
Forte e chiara.
Ottimo lavoro, ragazze. Continuiamo così!

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