Il 18 settembre usciva nelle sale cinematografiche di C’era una volta a… Hollywood, ultima opera di Tarantino, distribuito dalla Sony Pictures Entertainment.

Noi abbiamo avuto il privilegio di vederlo in anteprima e di ascoltare dalla voce del maestro e di due dei protagonisti principali (Leonardo DiCaprio e Margot Robbie) l’incredibile esperienza vissuta sul set.

Qui, però, non abbiamo intenzione di parlarvi del film perché vogliamo mantenere il patto, seppur virtuale, con il regista di non spoileare nulla più di quanto non sia stato già scritto e detto in giro (sottoscritta compresa) e di lasciare che lo spettatore si goda fino all’ultimo titolo di coda la sua nona produzione.

Non possiamo, però, esimerci dal dire la nostra a proposito di un autore che reputiamo un fottuto genio e che riesce sempre a stupire anche quando diventa “intimo” nella sua narrazione tanto da restare in C’era una volta a…Hollywood sospeso in un iperuranio onirico dove, questa volta, non c’è stato molto spazio per i personaggi femminili; o almeno, non per quelli a cui ci ha abituato in altre produzioni, quali le “tarantiniane” Jackie Brown (Pam Grier) nell’omonimo film, Mia Wallace in Pulp Fiction e  Beatrix Kiddo (Uma Thurman) in Kill Bill o la controversa figura di Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh) in The Hateful Eight per la quale già allora fu accusato di misoginia.

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Non possiamo non difendere la sua scelta stilistica proprio in virtù di tutto quello che ha creato e che dovrebbe averci dimostrato in più di un’occasione quanto il suo pensiero sia libero e assolutamente scevro da ogni preconcetto su maschilismo e femminismo. In una parola, totalmente rispettoso verso l’intero genere umano: uomini o donne che siano!

Peccato, però, che tale cambio di marcia e di registro che noi, nell’economia di questo film, riteniamo assolutamente corretto e coerente dal primo all’ultimo minuto, lo abbia reso immediatamente vittima di accuse di maschilismo verso Margot Robbie – che nel film interpreta Sharon Tate – e che si sia gridato subito a un suo declino autoriale! Ci dispiace dirlo, ma chi lo accusa di ciò e non ha riconosciuto qui il buon, vecchio Quentin, francamente non ha capito proprio nulla né del film né, tantomeno, del suo genio artistico.

È vero, anzi verissimo: il personaggio “rosa” di C’era una volta a… Hollywood è bidimensionale, ha pochissimi dialoghi, è molto di apparenza e di sfondo, ma non per questo è da considerarsi il punto debole della narrazione tanto da trasformarlo in un’accusa di misoginia!

La sua versione e visione di Sharon Tate non poteva essere diversa da come l’ha disegnata, un “momento di luce”, come hanno affermato Tarantino e la Robbie in conferenza stampa, tanto che in una delle scene del film (non vi diremo quale) interpreta esattamente una situazione vissuta dal regista.

Ad avvalorare poi ancora di più il suo atteggiamento super partes e la sua immensa intelligenza emotiva che lo affrancano (ma vi assicuro che non ce n’era bisogno) da critiche di questo genere, vi è la trasformazione di un sex symbol in un personaggio simpaticamente stupido; sì avete letto bene, stupido, nel vero senso della parola. Brad Pitt che interpreta magistralmente Cliff Booth, la storica controfigura e migliore amico di Rick Dalton (Leonardo Di Caprio), si cala in un ruolo dove alla sua naturale bellezza conferisce un’anima da svampito, ingenua, una sorta di “candido scimmione” (ma guai a farlo arrabbiare!) che, in virtù della sua scarsa intelligenza e dei suoi atteggiamenti naturalmente stupidi, non riesce a trovare il suo posto nel mondo.

Ora, per par condicio, come mai non vi sono state accuse o critiche anche per questo? Vi sembra naturale e un atto dovuto dileggiare così una persona? Giova alla causa della lotta tra i generi? O forse non è questo l’aspetto più importante?

C’era una volta a… Hollywood è un film dedicato alla bellezza e alla magia del cinema, quello di un tempo, è un inno e un ringraziamento alla Settima Arte che sa farci sognare, pensare, ridere, arrabbiare e che, grazie alla fantasia, all’ironia e all’intelligenza, può anche cambiare i finali di fatti storici realmente accaduti.

E il fatto che anche la critica, come il pubblico – e noi – dia ormai merito al genio di Tarantino lo dimostra l’en-plein ai Golden Globe 2020, dove C’era una volta a… Hollywood si è portato a casa il premio come miglior sceneggiatura, miglior attore non protagonista (proprio a Brad), e miglior film musical o commedia.

Quentin Tarantino è stato ed è un fottuto genio della macchina da presa che va guardato e ascoltato senza troppi cliché, ma sempre con una grande dose di (auto)ironia e desiderio di stupore.

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