Bella, ricca, elegante, filantropa, amorevole e impeccabile nel suo essere moglie del ricco magnate Hal (Alec Baldwin) e matrigna del promettente Danny (Alden Ehrenreich). Signore e signori vi presentiamo Jeanette Jasmine Francis protagonista eccezionale di Blue Jasmine,  diretto da Woody Allen e disponibile nel catalogo Netflix Italia.

La perfezione della nostra protagonista, magistralmente interpretata da Cate Blanchett, tanto da valerle l’Oscar nel 2014, è solo una bella facciata dorata alla quale lei non vuole rinunciare quando il matrimonio crolla e il marito finisce in carcere per bancarotta, facendole perdere tutti i privilegi di una vita agiata. Jasmine non si capacita e sprofonda in una depressione che la porta a parlare da sola, a imbottirsi di farmaci e a mentire continuamente a se stessa e agli altri.

Succede o è successo a molti di noi di non voler vedere come stiano realmente le cose quando intimamente sappiamo che non vanno affatto bene, abbiamo difficoltà ad ammettere i tradimenti del nostro compagno benché siano evidenti e sotto gli occhi di tutti e preferiamo accontentarci delle rassicuranti bugie dell’altra persona piuttosto che andare fino in fondo.

Spesso è molto più comodo mentire a se stessi e circondarsi di cose belle e futili perché affinare lo sguardo, zoomare su quell’ombra scura che abbiamo dentro, può essere un viaggio nell’abisso che comporta una risalita molto dolorosa; quando proviamo ad andare un po’ più a fondo, a cercare di vederci un po’ più chiaro, rischiamo di essere fulminati da una verità che necessariamente ci mette di fronte a noi stessi e ai nostri fallimenti. Non sempre e non tutti sono in grado di affrontarla. Quanti matrimoni o unioni di fatto vanno avanti così? Bella facciata e zero sostanza con letti che rimangono sfatti, vuoti e “bianchi”.

A Jasmine tutto questo è successo e, pur di non guardare oltre il paio di lenti scure che le obnubilano lo sguardo interiore e che indossa come una seconda pelle, lascia New York dopo il naufragio della sua vita per trasferirsi a casa della sorella Ginger (Sally Hawkins) a San Francisco, in una dimensione di vita molto lontana dai fasti a cui era abituata.  Non rinuncia neanche a un viaggio in prima classe e al suo set di valigie Louis Vuitton pur di rimarcare che lei è e sarà sempre una donna dell’alta società anche quando si ritrova a condividere una casa dalle dimensioni normali con nipoti chiassosi e le incursioni di Chili (Bobby Cannavale), il fidanzato della sorella, che Jasmine detesta perché non è ritenuto all’altezza di nessuna delle due.

Un contesto ben lontano dallo sfarzo del suo mega appartamento di Park Avenue continuamente frequentato dalla crème de la crème della Grande Mela a cui deve abituarsi, ma dal quale non vede l’ora di fuggire: stato di insofferenza e sofferenza testimoniato dai suoi continui soliloqui e sproloqui sulla sua vita passata, noncurante di chi abbia dinanzi a sé.

Eppure c’è un attimo in cui sembra tornare alla realtà e decide di dare un nuovo corso alla sua vita; ma è un momento effimero e vacuo, le basta conoscere Dwight (Peter Sarsgaard) un ricco vedovo che le chiede di sposarlo per tornare a essere quella che era prima e a fare ciò che le riesce meglio: mentire a se stessa e agli altri, mantenere un’apparenza di assoluta perfezione e ricacciarsi in una realtà parallela e finta dalla quale non riuscirà più a tornare indietro.

Parafrasando un vecchio proverbio non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere, neanche quando la consapevolezza della nostra infelicità ci viene sbattuta in faccia in ogni modo e tutto intorno a noi crolla in maniera irreversibile.

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