Non vi nascondo l’emozione e la rabbia che imperversano in me dinanzi a questa pagina. Non vi nego che ho scritto e riscritto l’incipit perché nessuno di quelli pensati mi convincevano o rendevano giustizia al mio reale stato d’animo; che continua a essere contrastante, scosso, a tratti irrazionale e tumultuoso nei pensieri.

Ho deciso, quindi, di parlarvi apertamente, quasi di pancia, di A Mano Disarmata, film diretto da Claudio Bonivento, prodotto dalla Laser Digital e da Rai Cinema, distribuito dalla Eagle Pictures, vincitore del Nastro d’Argento per la Legalità (categoria instituita quest’anno) e basato sull’omonimo libro di Federica Angeli.

La motivazione è molto semplice: la storia parla di Ostia Lido, il mio luogo natale, culla e scrigno di tutti i miei affetti più cari oltre che del mare, mia fonte di respiro e di rinascita mentale, e di Federica Angeli (Claudia Gerini), giornalista e donna di una caratura morale e professionale disarmanti che, grazie al suo coraggio e al sostegno del marito Massimo (Francesco Venditti), ha piegato la mafia imperante sul litorale romano.

Il film è stato scritto da Domitilla Shaula Di Pietro e da Federica Angeli stessa ed è focalizzato non tanto sulle vicende professionali che hanno portato la nostra protagonista a stravolgere la propria esistenza e quella della sua famiglia, ma sulla sua dimensione di donna che si è dovuta armare di un coraggio sovraumano – che neanche lei sapeva di possedere – per combattere la paura, la solitudine e la disperazione in cui è piombata la sua vita e quella del marito e dei tre bambini.

Da cronista de “La Repubblica”, Federica inizia a lavorare a un’inchiesta sulla mafia lidense, suo luogo di residenza, e il 16 luglio 2013 è l’unica testimone oculare di un omicidio a opera di uno dei boss dei clan che infestano Ostia. Immediatamente è messa sotto scorta, servizio previsto solo per lei, ma non per la sua famiglia e, in virtù del nuovo regime imposto, deve attenersi a tutta una serie di regole che le tolgono il bene più prezioso: la libertà.

Già perché chi vive sotto un programma di protezione perché ha fatto il proprio dovere e crede nella legalità, non può fare più nulla senza che i suoi angeli custodi non abbiano prima verificato e bonificato gli ambienti e le persone che incontra. Non può affacciarsi a una finestra, non può giocare all’aria aperta con i figli, non può correre in ospedale se uno dei cari sta male, non può andare al mare solamente in compagnia di se stesso a respirare a pieni polmoni, se i pensieri si fanno troppo densi.

Non può più essere madre e moglie al 100% come nel caso di Federica. Chi vive sotto scorta perché ha abbracciato una causa civile è solo con se stesso, è abbandonato, nella maggior parte dei casi, anche dagli amici e dagli affetti più importanti perché vince la paura e la salvaguardia di sé. Chi vive sotto scorta porta il peso della responsabilità di una vita infernale inflitta anche alla famiglia che, come lei, è sola e lasciata in balìa di se stessa e alle continue minacce di morte che riceve.

L’isolamento e lo sconforto sono lo scotto che paga chi è rivoluzionario e si ribella alle ingiustizie. Federica ha dovuto subire tutto questo nel silenzio della sua solitudine e del suo stato di “confinata” per la libertà ma, per fortuna, ha potuto contare su un marito che non si è arreso, l’ha sostenuta e ha affrontato insieme a lei le medesime paure e limitazioni. E anche a lui va tutta la nostra ammirazione.

Il lavoro svolto da Federica a partire da quella lontana estate del 2013 a oggi ha restituito dignità e speranza a un territorio massacrato dall’incapacità politica e delle istituzioni capitoline di far valere la legalità e il sostegno dovuto ai cittadini più deboli, lasciando il fianco scoperto a organizzazioni criminali di stampo mafioso e a gruppi politici di estrema destra di fare i bello e cattivo a proprio piacimento, mettendo a ferro e fuoco un intero territorio che, ricordiamo, è stato sotto il regime di commissariamento per anni.

Ostia, con i sui 300.000 abitanti, non è solo Suburra, non è solo la location prediletta per le parodie di estati da sfigati de Le Coliche, non è solo l’attuale tormentone di J-AX o la località  balneare di serie B dei residenti romani meno abbienti.

Ostia è il luogo da cui è partito il #teacherpride il mese scorso e ha coinvolto tutte le scuole nazionali a sostegno della professoressa Rosa Maria Dell’Aria, è l’unica sede romana dell’Università di Ingegneria del Mare, è la palestra della “legalità” divenuta tale e pubblica dopo essere stata sequestrata alla criminalità, è l’associazione antimafia NOI.

Ostia è il coraggio e la determinazione di Federica Angeli, una dei 19 giornalisti in Italia che vive sotto scorta e continua a vivere lì insieme alla sua famiglia e #NOISiamoFedericaAngeli, e continueremo a essere come lei sia nella battaglia che continua a portare avanti, che nel suo stato di libertà ridotta se non ci ribelliamo all’illegalità e a esternazioni politiche di dubbio gusto democratico. E questo vale non solo per chi è di Ostia, ma per tutti noi.

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