Ci penso sempre molto prima di pubblicare post così, rifletto sulla loro reale utilità. Poi racconto.
Mi sono ritrovato ieri a provare vestiti di taglie che pensavo mi sarebbero andate bene e invece erano piccole perché non ho avuto la percezione di essere cresciuto. Così come mi sono ritrovato in quest’anno a provare vite che non ho compreso come mai nella loro evoluzione non mi siano poi andate bene e mi siano risultate strette.

Ho guardato in questi mesi il mio corpo trasformarsi, a volte seguendo, a volte contrastando il caos di cose che vivevo ‘dentro’, la rivoluzione in atto. Ieri provavo vestiti come si provano le strade da percorrere nella vita, aggiustando il tiro e sorprendendosi ogni volta di tutte le cose alle quali non avevi fatto caso e ai cambiamenti di cui non ti eri accorto.

Un mese fa, una mia amica ha scattato questa foto, nella quale mi sono visto realmente diverso, mi sono ritrovato un altro, e a tratti non mi sono riconosciuto.
Ieri provavo vestiti e alla fine trovavo la taglia giusta ed ero contento. Oggi continuo a provare la vita e ancora non capisco, ma riguardo questa foto che un mese dopo mi strappa finalmente un sorriso.

Romantico, poetico, il post di Mattia Tortelli, autore e narratore che delle parole ha fatto il suo mestiere, sicuramente la sua passione, nasconde nella superficie delicata e melodiosa di frasi usate come rime  un messaggio fondamentale, che per lui significa soprattutto rinascita, rivalsa personale, soprattutto pace. Con se stesso, in primis, col resto del mondo, poi.

Per me quel post arriva dopo un anno così complesso che ho faticato a descrivere anche a parole – ci racconta – È stato un crollo delle speranze, un fare i conti realmente con il futuro. Ho ricominciato un percorso psicologico perché a cinque esami dalla fine dell’università mi sono ritrovato in crisi non credendo più in me stesso e arrivando a pensieri non raccomandabili.

A dispetto di una fiducia carente e di un’autostima fin troppo barcollante, Mattia ce la fa, si riappropria di se stesso, si ricorda che mettersi in discussione, e persino pensare il peggio di sé, non significa essere deboli o privi di midollo, che la maturità si misura anche e soprattutto nella capacità di capire dove stiano i propri limiti, accettarli e da lì ripartire.

Oggi Mattia scrive da persona che ha ritrovato una rinnovata voglia di credere in se stesso, consapevole degli inciampi della vita, ed è questo, in fondo, il significato più profondo e vero del suo post: nessuno ci obbliga a essere sempre perfetti, né esteticamente, né moralmente. Abbiamo tutto il diritto di sentirci sopraffatti da cose che, in quel momento, pensiamo essere più grandi di noi.

Partire di nuovo, e ritrovarsi cresciuti, dopo, sarà ancora più bello.

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