Dei social si sottolineano spesso i lati negativi, su tutti il rappresentare un facile focolaio per il cyber bullismo o un terreno in cui, a dispetto dell’aggettivo “social”, si smarrisce l’importanza di costruire relazioni stabili e sincere con persone “reali” in favore di una popolarità che si misura in termini di followers e di “mi piace”.

Ma Mati Kocavhi, un uomo d’affari israeliano, ha avuto un’idea per sfruttare i social, in particolare Instagram, nel modo migliore possibile, ovvero per far conoscere e diffondere il dramma dell’Olocausto vissuto dal popolo ebraico durante la persecuzione nazista.

Kocavhi, aiutato dalla figlia, ha immaginato cosa sarebbe successo se Instagram fosse esistito già nell’epoca delle deportazioni nei campi di concentramento, e come una ragazzina appena adolescente avrebbe documentato l’orrore attraverso il social.

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Così è nata la pagina Eva.stories, voluta, come si legge, “in memoria di sei milioni di ebrei”. La protagonista della pagina è Eva Heyman, una tredicenne ebrea di Nagyvárad, Ungheria, che ha raccontato la sua vita in un diario, scritto a partire dal 13 febbraio del 1944 e fino al 30 maggio, appena tre giorni prima di essere deportata ad Auschwitz, dove è morta. Quel diario è diventato anche un libro, Io voglio vivere, e dalle sue pagine Kochavi ha tratto ispirazione per dare vita al progetto ambizioso di trasformare quelle parole in vere e proprie stories su Instagram.

Con l’obiettivo dichiarato di far prendere consapevolezza ai più giovani di quanto accaduto settant’anni fa, per far loro prendere coscienza dell’orrore che si è consumato e che ha coinvolto milioni di persone, talvolta anche i loro parenti.

“I sopravvissuti ancora vivi sono sempre meno, dobbiamo trovare un nuovo modo per diffondere le testimonianze e tenere viva la memoria” ha spiegato il miliardario, che vive negli Stati Uniti.

E, per quanto il progetto sia indubbiamente forte, sta già riscuotendo molti consensi sia tra il pubblico di Instagram che da alcune autorità ebree, su tutte il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che su Twitter ha espresso il suo sostegno all’idea che “racconta l’immensa tragedia del nostro popolo attraverso la storia di una ragazza”.

Anche il museo dell’Olocausto Yad Vashem, pur non commentando direttamente, ha giudicato “legittimo” l’uso dei social media per commemorare le vittime. Tra i followers della pagina, nata il 1° maggio e già in grado di abbattere il muro del milione di seguaci, c’è chi propone il video-documentario per l’Oscar, altri che apprezzano l’idea dicendo che questo è il modo giusto per usare i social.

Come sempre accade, però, c’è anche chi, dalle pagine del quotidiano Haaretz, ha trovato l’idea “di cattivo gusto”.

Applausi e polemiche a parte, però, da quell’account Instagram oggi a tutti sembra di poter vedere di nuovo la piccola Eva, la ragazzina che viveva coi nonni e sognava di fare la reporter, la cui vita è stata distrutta dall’odio umano.

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