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Cosa ci insegna Simone, 15 anni, che non abbassa gli occhi ed espone le proprie idee
A cura di Natascia Alibani

Quartiere di Torre Maura, periferia est di Roma, una di quelle zone “critiche”, dove l’insoddisfazione generalizzata della gente stremata dalla delinquenza e dalla crisi economica lascia facili spiragli a odio e razzismo.
La protesta esplode, vibratamente, per il trasferimento di un gruppo di cittadini di etnia rom, ospiti fino a quel momento di un centro di accoglienza della zona, in un altro centro. Per strada si raggruppa un capannello di persone, fra loro Marco Antonini, esponente di CasaPound, sul post per dare manforte ai residenti. Ma anche Simone, quindici anni appena, sguardo timido e cappuccio della felpa calato sulla testa.
Molto spesso – non sempre a torto – accusiamo i ragazzi della nuova generazione di essere social-dipendenti, di non avere interessi particolari e di non occuparsi affatto di tematiche sociali (salvo poi essere gli stessi che criticano Greta Thunberg definendola “strumentalizzata”, ma questo è un altro paio di maniche), ma poi ci sono ragazzi come Simone, che spazzano via le perplessità degli adulti e aiutano ad avere uno sguardo nuovo, e più fiducioso, rispetto al futuro, e soprattutto al genere di persone cui lo affideremo.

Perché lui, con modi educati, senza la sfrontatezza di chi vuole ostentare a tutti i costi di sapere il fatto suo, di fronte agli adulti che lo incalzavano, che mostravano il dissenso, che cercavano di metterlo in difficoltà, non ha abbassato lo sguardo.
“Io so’ de Tore Maura e non so’ d’accordo – dice con la calata romanesca, senza arroganza, con fermezza – Quello che sta a fa’ lei è una leva sulla rabbia della gente. A me ‘sto fatto che bisogna annà sempre contro la minoranza non me sta bene. Non me sta bene che no. Semo sessanta mijoni”.
Non si piega, Simone, neppure quando cercano di spostare il discorso sui fondi europei, sui tecnicismi burocratici. Con tutta la spontaneità dei suoi quindici anni, e interpretando il pensiero di chi nelle persone vede solo persone, mai numeri, replica:
Ma io c’ho quindici anni, che me frega dei fondi. Io parlo de buon senso. Secondo me nessuno deve esse’ lasciato dietro. Né italiani, né rom, né africani, né quarsiasi tipo de persona. Io non c’ho nessuna fazione politica. Io so de Torre Maura.
E allora viva il coraggio di questo ragazzino che, a dispetto di quanti l’hanno pensato (e detto), non è manipolato dai social, né dalla tv che “Manco la guardo che me s’è rotta“; perché di questo stiamo parlando: del coraggio di difendere le proprie idee, che possono essere lucide e sentite anche a 15 anni, che non hanno età, tantomeno colore.
È coraggio quello di scegliere di non farsi guidare dalla massa, di essere voce fuori da un coro. Di non abbassare gli occhi né arretrare, neppure quando qualcuno gli va a due centimetri di distanza e gli punta il dito sul petto più volte.
È coraggio, e maturità, non lasciarsi intimidire, né zittire da una logica che non esiste, quella anagrafica, che non presuppone necessariamente più intelligenza, coscienza civile e spirito critico. Quel “Io ho 50 anni, tu 15″ che è annullato dalla lucidità di un ragionamento che non sputa odio sugli altri, non cerca di opprimere, di prevaricare – come invece spesso accade nel confronto tra adulti – ma vuole trovare solo il diritto e lo spazio di emergere.
Viva Simone, che a 15 anni ci insegna la più fondamentale delle lezioni:
Io ragiono co’ a testa mia.
Questo il video del confronto tra Simone e Marco Antonini.

Rockettara, animalista, books addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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6 Dicembre 2019 alle 12:21

6 Dicembre 2019 alle 11:37

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