La morte di una persona giovane ci sembra qualcosa di innaturale. Per due genitori, sopravvivere ai propri figli è innaturale. Eppure accade che le persone giovani muoiano, che gli adolescenti, i cosiddetti teenager, muoiano. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), di tanto in tanto, stila delle classifiche relative alle cause di morte degli adolescenti. I report vengono aggiornati ogni anno, ma in generale queste statistiche, numero più numero meno, cambiano di poco. Quello che cambierebbe è parlare di certe questioni.

La prima delle cause di morte degli adolescenti sono gli incidenti stradali, che mietono 115302 ragazzi di età compresa tra i 10 e i 19 anni ogni anno. È seguita dalle infezioni del tratto respiratorio inferiore, suicidio, diarrea e annegamento. In generale, si devono fare i dovuti distinguo tra maschi e femmine e soprattutto tra Paesi ricchi e Paesi poveri: in altre parole la diarrea – che porta a una grave disidratazione dell’organismo – è molto probabile tra i giovanissimi nelle nazioni che fanno parte dell’Africa o nel Sud Est asiatico, ma ci appare inverosimile – con gli ovvi casi limite – in nazioni come l’Italia, la Francia o la Spagna.

Nelle nazioni più povere infatti gli incidenti stradali – che riguardano in massima parte invece giovanissimi dei Paesi occidentali o del Nord del mondo – sono un fenomeno limitato, mentre più pericolose o dannose sono le infezioni da Hiv o la meningite. Nella statistica generale, gli incidenti stradali sono la prima causa di morte tra i maschi, seguita da violenza, annegamento, infezioni respiratorie e suicidio. Tra le ragazze, gli incidenti stradali sono al quinto posto preceduti da infezioni respiratorie, suicidio, diarrea e problemi durante il parto.

Quando non parliamo di malattie – la cui diffusione però può essere comunque causata da inquinamento e quindi da situazioni che possono comunque essere corrette, seppur a lungo termine – si può pensare che si potrebbe intervenire per far smettere quella che appare essere una vera e propria mattanza di teenager. Ogni anno le morti di adolescenti sono circa 1,1 milioni, circa tremila al giorno. Possiamo davvero fare qualcosa? Sicuramente serve parlarne, sicuramente serve una certa quantità di sensibilizzazione.

La sensibilizzazione contro il suicidio è probabilmente quella che si comprende in maniera più immediata: nel momento in cui famiglie, scuola e tutto ciò che può circondare un giovanissimo viene edotto sui rischi dei potenziali suicidi, forse si può innescare un meccanismo atto alla prevenzione. Per quanto riguarda gli incidenti stradali, sulla carta è molto più semplice (ma solo sulla carta). Gran parte degli incidenti stradali avviene a causa della velocità, dell’ubriachezza – ed è per questo che le associazioni di categoria puntano a delle norme che mirano a un tasso 0 di alcol nel sangue – o a causa delle infrastrutture. Quando una strada è fatta male la si può aggiustare, quando è poco illuminata si possono aggiungere delle luci. Quando un cane abbandonato taglia la strada a un neopatentato, si può fare qualcosa per arginare il randagismo (e non solo per le persone, ma anche per beneficare gli animali). È molto facile scriverle queste cose, molto complesso realizzarle. Ma vale la pena, appunto, parlarne, chiedere in prospettiva futura.

Parlarne equivale a migliorare la consapevolezza dei problemi che ci possono essere. Come per la diffusione dell’Hiv: portando dei preservativi nelle zone più povere e insegnando l’educazione sessuale agli adolescenti la situazione può migliorare. E già che ci siamo facciamolo anche nel nostro Occidente ricco, dove simili iniziative dovrebbero essere sempre le benvenute. Tra l’altro, il report dell’oma punta proprio sull’aumento di casi di Hiv in Occidente. È vero che la sensibilizzazione funziona tra le persone che già avvertono determinati problemi, ma chi non si sentirebbe vicino alle persone che hanno perso un figlio giovanissimo per una di queste cause? Chi non desidererebbe riuscire a evitare il rischio di morte per i propri figli?

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