“Mio figlio non vale più del tuo. Non fa differenza se il corpicino che galleggia sul mare, quello che salta su una mina, quello stuprato, torturato, umiliato, schiavizzato o ucciso è di mio figlio, del tuo o di quello di qualsiasi altro figlio del mondo”.

Ho scritto queste parole come promemoria per me stessa, dopo una vicenda che mi ha fatto pensare a come basti sostituire dei nomi per avere una percezione diversa di una tragedia.

Nei giorni scorsi, in un paese della Bassa bresciana, che è poi lo stesso da cui provengo, alcune persone hanno affisso annunci mortuari con nomi fittizi ma con cognomi del posto di persone altrettanto fittizie, mettendo in scena un naufragio di massa in mare, come ne accadono tanti nel Mediterraneo, ma stavolta con cittadini italiani nel ruolo di vittime.

Un’azione che – al netto di infrazioni e responsabilità che saranno appurate da chi di dovere – è stata fatta non per gioco, ma con il chiaro scopo di sensibilizzare sul tema della nostra indifferenza di esseri umani nati dalla parte fortunata del pianeta.

Sulla carta c’erano nomi di bambini, donne, uomini che non sono mai morti in nessun mare: eppure l’indignazione è stata tanta e in molti si sono sentiti turbati, offesi e spaventati da quello che è stato considerato con scandalo uno “scherzo macabro”.

Strano come la rappresentazione di un naufragio che non c’è mai stato e di morti mai avvenute siano riusciti a disturbarci più delle migliaia di morti reali di cui abbiamo notizia quasi quotidianamente.

E allora mi sono domandata cosa significhi essere umani, se la morte finta di un Leonardo di 8 anni ci turba più delle morti vere di Halil Munir Abdulrezzak di 3 anni, Omar “Susi” (16), Snaid Tadese (19), Ben Ali Bah (24) e di tante altre persone vere, con mani vere, occhi veri, speranze e orrori veri?

A quel punto ho scritto le parole di cui sopra:

Mio figlio non vale più del tuo.

Ed è chiaro che non è così: mio figlio è più importate di tutti i figli del mondo. Ma solo per me. Posso continuare a vivere se i bambini di altri muoiono annegati in un naufragio o sotto le bombe. Non se accadesse al mio.

Ma essere umani significa esattamente questo: riconoscere il fatto che tutti i figli del mondo sono i più importanti, per qualcuno; ché è poi la stessa cosa di ammettere che sono tutti importanti uguali.

Se capiamo questo sarà finalmente impossibile accettare l’orrore che si abbatte su tanti figli del mondo come inevitabile, necessario o estraneo da noi: significherebbe infatti accettare il fatto che altri possano fare, un giorno, altrettanto con i nostri figli.

E – come la nostra Storia ha ampiamente dimostrato – solo gli stupidi possono pensare di essere per sempre spettatori dalla parte fortunata.

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