Quando gli fu chiesto di documentare gli effetti del bombardamento nucleare in Giappone, Joe O’Donnell non ebbe alcuna esitazione. Aveva solo 23 anni ed era un sergente dei Marines con la passione per la fotografia. Furono sette mesi intensi e difficili, passati in mezzo alla devastazione. Riuscì però a realizzare alcuni scatti passati poi alla storia, come ricordato in un articolo del New York Times.

Joe O’Donnell iniziò da Nagasaki, quasi completamente distrutta dalla bomba atomica il 9 agosto 1945, tre giorni dopo Hiroshima. I due tragici episodi bellici, che portarono alla conclusione della Seconda Guerra Mondiale, registrarono 210.000 morti. Tra le tante foto, una in particolare riuscì a raccontare tutto l’orrore di quello scenario terribile. Ritraeva un bambino giapponese che portava il fratellino morto sulle spalle, dirigendosi verso il crematorio.

Lo sguardo fiero di quel bambino scalzo e vestito di stracci divenne il simbolo di un intero popolo ferito dalla guerra, ma pronto a rialzarsi. Una scena straziante, che il fotografo ricordò in un’intervista all’emittente giapponese Nhk Tv del 1995:

Vidi questo bambino che camminava, avrà avuto all’incirca 10 anni. Notai che trasportava un bimbo sulle spalle. In quei giorni era una scena abbastanza comune da vedere in Giappone, spesso incrociavamo bambini che giocavano con i loro fratellini e sorelline portandoli sulle spalle. Ma quel bambino aveva qualcosa di diverso.

O’Donnell raccontò l’intera scena a cui lui malgrado si era trovato ad assistere. Alcuni uomini con le mascherine bianche e addetti alla cremazione si erano avvicinati al bambino, prendendo il fratellino delicatamente e posandolo sulle fiamme. Lui era rimasto a guardare il rogo per dieci minuti, senza dire nulla e mordendosi le labbra fino a farle sanguinare. Poi si era girato, allontanandosi in silenzio.

Dopo aver scattato quel reportage, Joe O’Donnell non fu più la stessa persona e fece del suo meglio per non ripensare più al periodo trascorso in Giappone. “Joe era una persona molto divertente”, disse Anne Brown, curatrice di una mostra dedicata alle sue fotografie, “ma allo stesso tempo aveva una grande tristezza nello sguardo. Ha sofferto moltissimo, ma non ne parlava volentieri, convinto che la sofferenza dei giapponesi fosse molto più profonda della sua”.

O’Donnell immortalò molti altri momenti importanti della storia, visto che dal 1949 in poi fu il fotografo ufficiale della Casa Bianca sotto tre presidenze. Sposato con la fotografa giapponese Kimiko Sakai, nel 1968 andò in pensione, ritirandosi nel Tennessee. Ma l’esperienza in Giappone, sul finire della Seconda Guerra Mondiale, lo tormentò per tutta la sua vita. L’esposizione alle radiazioni nucleari contribuì inoltre a minare per sempre la sua salute.

In occasione del 50esimo anniversario dell’attacco americano, il fotografo si scusò con il popolo giapponese e in particolare con i familiari delle vittime dei bombardamenti. Questo il suo discorso:

Voglio esprimervi questa sera il mio dolore e rammarico per il dolore e la sofferenza causata dai crudeli e inutili bombardamenti atomici delle vostre città… Mai più Pearl Harbor! Mai più Hiroshima! Mai più Nagasaki!

Joe O’Donnell è scomparso nel 2007, a 85 anni, ma il suo scatto non smette di commuovere. Una foto che ha colpito molto Papa Francesco, tanto da farla riprodurre su un cartoncino insieme alla frase “… il frutto della guerra”, come comunicato ufficialmente dalla Sala Stampa della Santa Sede il 31 dicembre del 2017.

“La tristezza del bambino si riassume tutta nelle sue labbra morse fino a trasudare sangue”, ha scritto il pontefice, commentando il ritratto dei due sfortunati bambini. Un’immagine che anche oggi rimane il simbolo di tutte le guerre che continuano a sconvolgere il mondo, spesso nel disinteresse generale dell’opinione pubblica.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!