In tempi in cui i media parlano quotidianamente degli sbarchi di profughi fomentando, più o meno consapevolmente, la propaganda del “Non c’è posto per noi, figuriamoci per loro”, in cui persino i social ci si mettono, dando in pasto al popolo del Web bufale sugli immigrati o quantomeno notizie di dubbia fondatezza, che hanno tuttavia grande appiglio soprattutto sui poco informati che di informarsi davvero, in fondo, non hanno tutta ‘sta voglia, e in cui il terrore del terrorismo – quello, ahimè, giustificato dalle tante stragi avvenute fuori e dentro i confini europei- alberga silenzioso ma vivido un po’ in tutti, sembra quasi una conseguenza naturale che tutto ciò che sia “diverso” venga bollato come “invasore”. Peccato, però, che il contesto in cui viviamo sia talmente esasperato che per definire “diverso” qualcuno ci si basa appena su un taglio di occhi o un colore di pelle, e tutto ciò è sufficiente per metterci immediatamente in guardia, e far scaturire in noi quel senso patriottico (rispolverato all’occorrenza come il vestito buono della domenica) che automaticamente ci porta a definire chi vediamo fisicamente differente da noi come, appunto, “invasore”, come fosse venuto a rubarci la casa, il lavoro, l’auto, la vita.

Se già questo atteggiamento spaventa quando serpeggia, implicitamente ma non troppo, fra i sussurri e le chiacchiere da bar della gente comune, che lo si ritrovi sbattuto in prima pagina – letteralmente – è inaccettabile, e di una pericolosità estrema.

Accade però che anche un giornale conosciuto come La Nazione cada nel facile trabocchetto dell’associazione “connotati diversi – straniero”, piazzando sulla prima pagina del 26 luglio la foto di tre belle ragazze accompagnata dalla didascalia “Invasione straniera”.

L’articolo all’interno del quotidiano, in realtà, era basato sul boom di prenotazioni ricevute quest’anno dalla località balneare versiliese, che, per fortuna degli albergatori locali, ha fatto registrare per l’ultimo fine settimana di luglio il tutto esaurito. Tutto, probabilmente, sostiene il giornalista, a causa dell’allarme terrorismo in altre mete di vacanza, che hanno fatto decidere ai turisti di restare in un’area giudicata meno a rischio.

La significativa didascalia, invece, dipendeva dal fatto che una delle tre ragazze mostrava tratti fisici che, evidentemente, devono aver fatto pensare che si trattasse appunto di una straniera; peccato, però, che la ragazza sia italianissima, e che abbia tenuto a farlo sapere anche a tutta la redazione de La Nazione.

Irene Oro, questo il suo nome, a dispetto dei tratti orientali è infatti cittadina italiana al 100%, nata e cresciuta a Pisa, e dopo aver visto il suo volto in prima pagina accompagnato da quel poco carino “Invasione straniera”, ha deciso di scrivere un post Facebook rivolto proprio al giornale, per invitarli a informarsi meglio in futuro circa i soggetti che ritraggono nelle immagini, evitando così spiacevoli brutte figure.

Vorrei solo consigliarvi – scrive la ragazza –  di controllare attentamente chi siano i soggetti prima di pubblicare una foto in prima pagina e scrivere titoli ad effetto.
Nella foto in questione, per l’appunto, sono ritratte tre ragazze italiane. Questo episodio denota una preoccupante superficialità mista a pregiudizi che inducono spesso le persone in errore e sono causa di molte incomprensioni. 

Irene poi prosegue:

Nata e cresciuta a Pisa, cittadina italiana per nascita, mi considero e mi sento italiana. Le uniche persone che mi han fatto sentire spesso “diversa” o mi hanno definita STRANIERA sono sempre state gli altri.

La ragazza, infine, conclude con un augurio verso chi leggerà il suo post:

Ancora oggi, nel 2017, vi chiedo per cortesia di non soffermarvi solo sul colore della pelle o la forma degli occhi prima di proferir parola. 
Che poi, alla fine, davvero esiste ancora il concetto di “straniero”? Spero che questo messaggio possa semplicemente alimentare lo spirito critico di chi sta leggendo le mie parole con la speranza di sensibilizzare le persone in merito a temi così delicati.

Insomma, in un’epoca in cui sarebbe stato decisamente più facile fare flame, e scatenare risse virtuali con una risposta più polemica, dato l’argomento piuttosto “scottante”, Irene ha invece dimostrato una grande classe e un’eleganza davvero invidiabile nell’esprimere il proprio punto di vista. Garbatamente, senza scadere nella banalità dell’insulto né, tantomeno, nel vittimismo che si poteva adagiare facilmente su parole “calde” come discriminazione e razzismo.

Irene non ha giudicato né condannato, ha solo consigliato di fare altrettanto. E ha fatto benissimo.

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