La fortuna esiste? È davvero difficile rispondere a questa domanda, tuttavia sappiamo per certo che esistono i portafortuna e le frasi augurali, che non sempre recitano «buona fortuna». Per esempio, quando ci si fidanza o ci si laurea, si dice «congratulazioni», forse perché erroneamente queste tappe della vita sono considerate punti d’arrivo e non punti di partenza, come in effetti dovrebbe essere. La fortuna, il Fato, hanno sempre affascinato letterati e artisti di tutti i tipi. Il regista Woody Allen ha dedicato alla fortuna uno dei migliori monologhi di un suo film. E non è accompagnato da un «mazel tov» – le congratulazioni in ebraico – finale.

La gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita – recita il monologo in “Match Point”, capolavoro di Allen – Terrorizza pensare che sia così fuori controllo. A volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po’ di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no e allora si perde.

Come augurare buona fortuna: in bocca al lupo

Buona fortuna
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Ma quali sono i modi più comuni per augurare buona fortuna? Forse il più noto è dire «in bocca al lupo». Abbiamo parlato a lungo in un altro post dell’etimologia di quest’espressione, tanto più che secoli or sono, già l’Accademia della Crusca ha puntato a spiegare molte cose. La frase risale ai tempi dei cacciatori e mira a scongiurare l’incontro con un pericolo, più che augurare buona fortuna tout court. Spesso l’etimo di quest’espressione è stato rielaborato in modo fantasioso. Ma non è la sola frase che si basa su un animale.

In c**o alla balena

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Questa frase benaugurale sembrerebbe simile a quella di prima, se non fosse che cambia di gran lunga la parte del corpo e cambia anche l’animale. La balena, tuttavia, a differenza di quanto si potrebbe pensare facilmente, non ha né a che fare con il romanzo “Moby Dick” di Herman Melville, né con un episodio del romanzo “Pinocchio”, quando il burattino di legno finisce nella pancia della balena. In realtà però l’etimologia ha a che vedere con un episodio simile: nella Bibbia, Giona sfugge a una tempesta vivendo per tre giorni nella pancia di una balena e pregando.

Tanta me**a!

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Sono tante in teatro le espressioni per augurare buona fortuna, ma due sono le più note. La prima è «tanta me**a» e ha a che fare con l’usanza dei signori di un tempo di recarsi a teatro con carrozza e cavalli. Alla fine dello spettacolo, bastava contare le feci di cavallo – che ovviamente non usano servizi igienici – fuori dal teatro, per scommettere sul successo di una pièce. Più oscura è invece l’origine di «rompiti una gamba», che, secondo alcuni, avrebbe a che vedere con l’inchino finale degli attori, subito dopo il sipario.

Quadrifogli, coccinelle e altri portafortuna

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Se credete come Roberto “Freak” Antony che «la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo – e spesso prende anche la mira» ci sono molti oggetti – portafortuna – che possiamo tenere con noi in modo scaramantico. C’è chi tiene con sé un ferro di cavallo, la zampa imbalsamata di un coniglio – che è una cosa piuttosto disgustosa e spiacevole per il coniglio – una castagna matta, oppure c’è chi crede che trovare un quadrifoglio o incappare in una coccinella siano segni di buona fortuna. Certo, se non si è come Gastone Paperone, il cugino di Paperino, la buona sorte sembra qualcosa di totalmente astratto. Eppure ci sono tante persone che ci credono.

Al netto della superstizione, c’è però qualcosa di profondamente vero nelle frasi ben auguranti: che portano tra le persone un po’ di affetto. Ed è forse quella la più grande fortuna cui aspirare nella vita

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