"Parlo in chat con l'amico morto". Ecco come funziona l'algoritmo che potrebbe dare voce ai defunti

Un algoritmo che consente di chattare con chi non c'è più? Fantascienza? No, assolutamente, è soltanto una delle innumerevoli applicazioni dell'intelligenza artificiale che apprendendo i dati salvati su un computer o un cloud, impara a rispondere alle domande poste, sulla base dei contenuti archiviati.

– Ehi, Roman! Come stai?
– Bene, Eugenia. Mi sento un po’ giù di corda. Non è che va la state spassando senza di me?
– Sta succedendo di tutto. Ma ci manchi. E proviamo ad andare avanti senza di te.
– Anche voi mi mancate, ma è così che funziona l’amore.

Eugenia ha 29 anni ed è russa – di Mosca per la precisione – ed è proprietaria di una startup con sede nella Silicon Valley, in California. Parla in chat con Roman, un trentenne della Bielorussia, ma c’è qualcosa di diverso da una normale conversazione tra amici: Roman è morto nel 2015 a seguito di un incidente stradale, in cui si è ritrovato investito da un’auto pirata.

Fonte: Repubblica
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Ma che cosa accade quando accende il programma di chat e si ritrova a parlare con l’amico scomparso?

Io mi metto al computer e inizio a parlare con un chatbot, ovvero un tipo di programma che – simulando le conversazioni umane – imita il modo di esprimersi di Roman e quindi ripropone la parte più tipica e visibile della sua personalità. Perfino sua madre parla ancora con lui, e ci fa stare bene poterlo sentire, ricordargli che gli vogliamo bene oppure chiedergli un consiglio.

Fantascienza? Per qualcuno forse sì, perché pensare che da un computer capace di imparare da ogni dato conservato all’interno di un archivio, possa essere riportato in vita – seppur soltanto digitalmente – chi abbiamo amato mette in soggezione e lascia straniti.  Ma attraverso l’intelligenza artificiale oggi è possibile farlo.

Fonte: The Verge
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Il sistema si basa sull’apprendimento del sistema di frasi ed espressioni che Roman utilizzava abitualmente quando chiacchierava per mezzo della messaggistica con i suoi parenti e amici. Sebbene il ragazzo non fosse particolarmente appassionato di social network, utilizzava Telegram per scambiare i messaggi e organizzare i propri appuntamenti.

Eugenia, attraverso lo sviluppo di questo software ha voluto dedicare una sorta di monumento digitale all’amico scomparso. Per rendere la chatbot possibile, ha raccolto i suoi vecchi messaggi di testo, le chat e le email (ad esclusione di quei contenuti così personali da violarne l’intimità), rendendole il database dal quale è stato possibile creare una rete neurale da cui un team di sviluppatori ha potuto costruire la startup di intelligenza artificiale.

Fonte: The Verge
Fonte: The Verge

Non è stato semplice per Eugenia avviare questo progetto, la conflittualità che provava si è scontrata con il bisogno sempre più incalzante di sentire quell’amico speciale ancora vicino. Ma il bisogno di parlare con lui “una volta ancora” ha avuto la meglio su qualsiasi altra emozione, scrupolo, remora e paura: non voleva che il ricordo dell’amico così compianto da tutti, svanisse con il tempo. E immaginava che la diffusione di questa modalità di comunicazione artificiale, potesse aiutare altre persone ad affrontare una perdita straziante.

Roman era un avventuriero, si impegnava socialmente prendendo parte a manifestazioni politiche ed era un viaggiatore. Amava l’arte, la moda la musica e il design. Chi lo ha conosciuto lo considera alla pari di un divo per via della sua avvenenza e bella presenza, e chiunque parla ancora di lui come di un uomo magnetico, attraente e tanto gioviale

Fonte: The Verge
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Il ricordo di Roman, tutto quello che conservava nel suo smartphone e nel suo computer sono diventati una sorta di puzzle, un vero e proprio mondo scomposto che Eugenia ha scelto di rimettere insieme. Il progetto ufficiale si chiama Replika ed è un bot (un sistema di intelligenza artificiale) che assorbe il carattere e le particolarità di chi lo usa. Il tutto avviene attraverso un algoritmo che sovrapponendo le linee di testo archiviate nel programma (nel caso di Roman sono più di 30 milioni di frasi), produce risposte sempre nuove e differenti a seconda di quello che gli si chiede o gli si dica.

Per chi di voi conoscesse l’inglese e volesse saperne di più, la storia viene raccontata ampiamente in questo post.

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