Angela, 3 anni, Viviana col suo bimbo in grembo e gli altri che saltarono in aria

42 anni dopo la strage di Bologna ripercorriamo le storie, rivediamo i volti, scopriamo le coincidenze incredibili che portarono 85 persone all'incontro con un destino tremendo che, ancora oggi, è una ferita sanguinante nel cuore dell'Italia.

Bologna, ore 10:25 di un’afosa mattina di piena estate.

Le banchine della stazione sono gremite di gente, in un chiassoso andirivieni che profuma di vacanze, di ferie, di famiglie che vanno a godersi il sole e il mare. Ci sono bambini festanti, che non vedono l’ora di tuffarsi nell’acqua e sopportano malvolentieri l’attesa del treno, per mano ai genitori spazientiti dall’afa e dalla folla, ragazze che devono raggiungere casa, persone che lavorano.

All’improvviso, è l’inferno.

Dalla sala d’aspetto di seconda classe un frastuono terribile si propaga, accompagnato da un’esplosione terribile, mortale: quella di un ordigno a tempo piazzato proprio lì, in una valigia abbandonata su un tavolino, sotto il muro portante dell’ala Ovest dell’edificio. Come sei anni prima successe a Brescia, in Piazza della Loggia.

In un attimo quella che è una mattina di risate, gioia e impazienza di raggiungere la meta delle vacanze, o semplicemente un’ordinaria giornata di lavoro, si trasforma in un incubo degno del peggior girone dantesco. La bomba esplode, fa crollare completamente quella parte di palazzo, investe il treno Ancona-Chiasso, che al momento si trova in sosta sul primo binario, distrugge circa 30 metri di pensilina, il parcheggio dei taxi antistante l’edificio.

Il panico avvolge la città subito dopo il boato, mentre l’odore terribile della morte, della catastrofe, si sparge tutt’attorno; alla fine, il bilancio è tremendo: ci sono 85 vittime, altre 200 persone sono rimaste ferite o mutilate.

Bologna però non si lascia travolgere dal panico, tutti si rimboccano le maniche dal primo momento: i vigili, i mezzi di soccorso, ma anche i normali cittadini, tutti prestano soccorso per scavare tra le macerie, per aiutare i feriti, per liberare le strade e rendere il percorso verso l’ospedale più libero e veloce, mentre il personale ospedaliero rientra in tutta fretta dalle ferie per tornare al lavoro.

Le indagini, subito dopo i giorni del dolore e della rabbia, esplosa con le manifestazioni seguenti di Piazza Maggiore, portano, nonostante i tentativi di depistaggio, ad attribuire l’orrendo attentato, il più grave nella storia italiana del dopoguerra, ai militanti di un gruppo di estrema destra, i Nuclei Armati Rivoluzionari. La strage del 2 agosto 1980 rientra a tutti gli effetti in quel clima da guerriglia urbana degli anni di Piombo, e solo molti anni dopo la sua esecuzione, nel 1995, si è arrivati alle prime condanne, con l’ergastolo a Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, ritenuti gli esecutori materiali.

Nel 2007 è stato inoltre condannato a 30 anni un terzo elemento, ritenuto parte attiva della strage, Luigi Ciavardini, mentre dal 2017 è stato aperto il processo, iniziato nel gennaio 2019, nei confronti di Gilberto Cavallini, su cui pende l’accusa di concorso in strage.

Nel 2021, poi, un altro processo, a porte chiuse per via della pandemia di Covid, si è aperto a Bologna, e ha indicato quelli che sarebbero i mandanti della strage: Licio Gelli, ex della P2, il suo braccio destro Umberto Ortolani, passando per l’ex prefetto a capo dell’ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno, Federico Umberto D’Amato, fino al direttore del Borghese, Mario Tedeschi. E ancora Paolo Bellini di Avanguardia Nazionale, che avrebbe agito “in concorso” con gli ex Nar già condannati.

Colpevoli a parte, negli occhi di tutta l’Italia, a distanza di 42 anni, sono rimaste le immagini strazianti di quell’edificio sconquassato, lacerato e distrutto; di quei volti diventati maschere di sangue, di quelle bare che, spesso, contenevano nient’altro che pochi, miseri resti recuperati dall’orrore.

Rimangono, soprattutto, i visi e i sorrisi di quei genitori, figli, ragazzi, lavoratori, pieni di sogni e di ambizioni, con la testa già alle vacanze e al mare, che in quell’assolata mattina hanno incrociato un destino tanto crudele, da essere impossibile da dimenticare.

1. Sonia e la sua bambola rossa

Sonia Burri, di 7 anni, era partita da Bari con i genitori, ed era in stazione con loro, i nonni, la sorella Patrizia Messineo (figlia di un altro papà), la zia Silvana Serravalli e le cugine. I soccorritori la trovarono viva ma in gravissime condizioni accanto alla sua bambola rossa, e morì in ospedale solo due giorni dopo. La bomba uccise anche la sorella Patrizia, di 18 anni, e la zia.

Leo Luca Marino, 24 anni, era nato in provincia di Palermo e aveva sette fratelli, ma dal 1975 faceva il muratore a Ravenna. Lì aveva conosciuto la fidanzata diciannovenne Antonella Ceci, che lavorava in uno zuccherificio. La coppia aspettava in stazione le sorelle di Leo Luca, Angela e Domenica, arrivate apposta dalla Sicilia per conoscere la futura cognata, per poi tornare insieme a Ravenna, ma il treno era in ritardo. Morirono tutti.

2. Intere famiglie distrutte

Luca Mauri, 6 anni, viveva con mamma Anna Maria e papà Carlo vicino a Como, e il giorno prima, venerdì, erano partiti per Marina di Mandria, ma a Casalecchio ebbero un incidente. Lasciarono l’auto da un meccanico e decisero di ripartire in treno per Brindisi. Morirono tutti.

Velia Carli, 50 anni, aveva un piccolo negozio di maglieria in provincia di Napoli, ed era partita il 1° per Scorzè, in Veneto, per il funerale del consuocero, ma Bologna lei e il marito Salvatore Lauro persero la coincidenza. La bomba scoppiò mentre aspettavano il treno dopo: li uccise entrambi, lasciando orfani sette figli.

Vito Diomede Fresa, 62 anni, era di Bari, e viaggiava con la moglie Errica e il figlio Cesare, di 14 anni. Della famiglia restò solo la figlia, rimasta a casa.

Manuela Gallon, 11 anni, bolognese, aveva appena finito le elementari, e aspettava con i genitori il treno per Dobbiaco, che l’avrebbe portata in colonia. Il padre si allontanò per comprare le sigarette e in quell’istante scoppiò la bomba. Manuela rimase gravemente ferita, fu ritrovata e portata in coma all’ospedale, dove morì 5 giorni dopo. Mamma Natalia, anche lei ricoverata, morì durante il suo funerale. Solo il papà si salvò.

Elisabetta Manea viveva con il figlio Roberto e i tre figli più grandi a Marano Vicentino. Era partita il 2 proprio con Roberto per andare dai parenti in Puglia. Morì in sala d’attesa.

3. Nilla, che si doveva sposare

Giuseppe Patruno, 18 anni, era di Bari e aveva dieci fratelli. In vacanza col fratello a Rimini avevano conosciuto alcune ragazze straniere, che avevano appena accompagnato in stazione. Parcheggiata l’auto, i ragazzi si erano diretti al primo binario. Giuseppe accelerò il passo e morì. Il fratello, fermatosi ad aspettare un amico, si salvò.

Nilla Natali, 25 anni, era figlia unica e stava per sposarsi: aveva già scelto i mobili per la nuova casa. Lavorava alla Cigar, una società che si occupava della ristorazione in stazione e che aveva i suoi uffici proprio sopra le sale d’aspetto. La bomba la sorprese in ufficio.

Flavia Casadei, 18 anni compiuti da poco, frequentava la quarta liceo scientifico a Rimini: aveva ottenuto la borsa di studio ogni anno fin dalle elementari. Quel sabato due agosto stava viaggiando verso Brescia, dove l’aspettava uno zio.

Vittorio Vaccaro, 24 anni, si era recato a Bologna assieme alla mamma per l’arrivo di una parente proveniente dalla Sicilia. Vittorio. Ha lasciato la moglie Incerti Adele di 22 anni e la figlioletta Linda, di 4 anni.

Roberto Procelli, 21 anni, militare di leva al 121° Battaglione di artiglieria leggera di stanza a Bologna, rimarrà nella memoria come la prima salma identificata. Quando la bomba è scoppiata, Roberto stava andando a telefonare al padre per comunicargli il suo arrivo. È stato trovato a due passi dalla cabina telefonica di Piazza delle Medaglie d’Oro; lo hanno identificato quasi subito, dalla piastrina al petto.

Mauro Alganon avrebbe compiuto 22 anni il 19 agosto, ed era il minore dei tre figli di Aldo, un ex camionista di Asti. Quella mattina era con un amico alla stazione, nella sala d’aspetto di prima classe.

4. Davide doveva suonare con la sua band

Rossella Marceddu, 19 anni, viveva nel vercellese coi genitori e la sorella, e studiava per diventare assistente sociale. Tornava da una vacanza col padre e la sorella ai lidi ferraresi: voleva vedere il fidanzato. Era con un’amica, faceva caldo e andò a prendere da bere. L’amica rimasta sul binario si salvò.

Davide Caprioli, 20 anni, era di Verona, dove viveva coi genitori, studiava economia e commercio, ma la sua passione era la musica: suonava la chitarra e cantava. Tornava da Ancona, dove era andato a trovare la sorella, perché la sera suonava con la band, i Dna group. Lo scoppio della bomba lo ferì gravemente, morì al Maggiore due ore dopo.

Vito Ales, 20 anni, di Palermo, aveva un diploma da operaio specializzato e cercava un impiego stabile. Andava a Cervia, dove avrebbe lavorato in una pensione come le estati precedenti.

Vicenzina Sala, 50 anni era di Pavia, ma viveva a Bologna. Il 2 era in stazione col marito, i consuoceri e il nipotino di 6 anni ad aspettare sua figlia e il genero dalla Svizzera. Lo scoppio della bomba uccise Vincenzina, ferì il marito, la consuocera e il nipotino in maniera grave.

Pietro Galassi, 66 anni, era nato a San Marino, aveva una sorella e, laureato in matematica, aveva insegnato in una scuola di Viareggio, di cui era diventato preside. Era in pensione, e nessuno sa perché fosse in stazione.

Verdiana Bivona, 22 anni, amica di Maria Fresu.

5. L'amore di Onofrio per Ingeborg e il sogno inglese di Mauro

Roberto Gaiola, 25 anni, era di Vicenza e aveva una sorella; aveva iniziato a lavorare in fabbrica a 11 anni. Dopo un periodo difficile, si stava disintossicando al Maggiore e faceva spesso avanti e indietro dal Veneto. Il 2 aspettava il treno per tornare a casa.

Sergio Secci, 24 anni, ternano, si era laureato al Dams. Di lui Umberto Eco scrisse che era uno studente modello e all’esame insistette per rifare la tesina. Partito da Forte dei Marmi, Sergio era diretto a Verona, dove l’aspettava un amico. Persa la coincidenza delle 8,18, aspettava il treno delle 10,50. Morì il 7 agosto in ospedale.

Gaetano Roda, 31 anni, era nato a S.Bartolomeo: orfano di padre, viveva nel ferrarese con madre e fratello. Appena assunto dalle Ferrovie, faceva un corso in stazione e in una pausa andò al bar. L’onda d’urto dell’esplosione lo gettò contro il treno in sosta sul primo binario.

Onofrio Zappalà, 27 anni, di Messina, aveva due sorelle. Si era innamorato di Ingeborg, una maestra danese di 22 anni conosciuta un’estate al mare, e l’aveva raggiunta a Copenaghen, dove pensava di stabilirsi, ma le Ferrovie lo richiamarono in Italia: era stato assunto. Il 2 era in stazione coi colleghi. Loro uscirono, lui rimase sul primo binario.

Pio Carmine Remollino, 31 anni, della provincia di Potenza. A 18 anni era partito per la Germania con quattro fratelli e, tornato in Italia per fare il militare, decise di restare, trasferendosi nel 1976 a Ravenna, dove lavorava saltuariamente come muratore o cameriere. Uomo di poche parole, viaggiava da solo. Nessuno sa perché fosse in stazione.

Mauro Di Vittorio, 24 anni, abitava a Torpignattara, ma era partito per Londra a cercare lavoro. Alla frontiera però fu fermato e rispedito indietro: non aveva soldi per mantenersi. La famiglia e gli amici lo credevano a Londra, solo il 10 agosto seppero che era in stazione.

6. Le vite spezzate di tanti lavoratori

Katia Bertasi, 34 anni, della provincia di Rovigo, viveva a Bologna col marito e due figli: una bimba di 11 anni ed uno di 15 mesi. Ragioniera, era in stazione perché lavorava alla Cigar.

Nazzareno Basso, 33 anni, di Numana, aveva quattro figli e lavorava a Milazzo. Il 2 stava andando a casa dei suoceri, nel veneziano, ma il treno era in ritardo. Telefonò per avvertire, poi entrò in sala d’aspetto.

Vincenzo Petteni, 34 anni, della provincia di Trento, viveva a Ferrara. Sposato, aveva cambiato lavoro da un paio d’anni, mettendosi in proprio. Con un amico era diretto a Palermo, da dove avrebbe raggiunto la Tunisia. Non c’era posto in aereo, così scelsero il treno. Morì al Sant’Orsola 14 giorni dopo, per un’infezione polmonare.

Antonino Di Paola, 32 anni, di Palermo, da 14 anni lavorava per la Stracuzzi, ditta specializzata in apparecchiature elettriche per la segnalazione ferroviaria. Aveva preso una stanza col collega Salvatore Seminara, catanese di 34 anni. Il 9 sarebbe tornato a casa per le ferie. Era in stazione con Salvatore per aspettare il fratello di quest’ultimo, ma il treno era in ritardo. Morirono entrambi.

Euridia Bergianti, 49 anni, di Campogalliano, abitava a Bologna con uno dei suoi due figli ed era vedova. Lavorava da tre anni alla Cigar. Morì al bancone del Self Service.

Angelo Priore, 26 anni, di Bolzano, si era trasferito a Messina dove faceva l’ottico. Il 2 era in viaggio coi suoceri per raggiungere moglie e figlio di 14 mesi nel Cadore. Leggeva in sala d’aspetto, mentre i suoceri uscirono a fare due passi. Lo scoppio lo ferì al volto e alla testa. Morì l’11 novembre 1980, dopo mesi di ricoveri e interventi.

7. Eckhardt, in vacanza in Italia con i genitori e i fratelli

Francisco Gomez Martinez, 23 anni, era spagnolo, e viveva con una sorella e la mamma in provincia di Barcellona. Aveva cominciato a lavorare a 16 anni, era appassionato di arte. Era partito il 29 luglio, voleva visitare Bologna. Il 2 era appena sceso dal treno.

Argeo Bonora, 42 anni, era un ferroviere di Galliera.  Sposato, aveva 5 figli. Dal 1970 si era trasferito in provincia di Bolzano. Il 2 era in ferie ed era andato a trovare la mamma, a Bologna. Aspettava il treno per tornare a casa.

Paolino Bianchi, 50 anni, faceva il muratore in una cooperativa agricola e viveva in provincia di Ferrara con la mamma malata. Tutti gli anni si concedeva una vacanza sul Garda da una cara amica.

Pier Francesco Laurenti, 44 anni, viveva a Parma, ma lavorava a Padova. Tornava a casa da una vacanza in riviera. Durante una sosta del treno a Bologna, scese a fare una telefonata.

Eckhardt Mader aveva 14 anni, viveva ad Haselhorf in Westfalia, era venuto in Italia coi suoi per andare a Lido di Pomposae, e in stazione aspettavano il treno per tornare in Germania. Alle 10.25 Eckhardt e i suoi due fratelli erano entrati in sala d’attesa, mentre il padre usciva per visitare Bologna. Lo scoppio uccise Eckhardt, il fratello Kai, la mamma Margret. Rimasero feriti l’altro fratello e il padre, che scavando tra le macerie ritrovò i resti dei suoi cari.

8. Tanti motivi diversi per essere in stazione

Catherine Helen Mitchell, 23 anni, si era laureata all’Arts Court di Birmingham, e viaggiava col fidanzato John lungo l’Europa. Morirono entrambi.

Francesco Betti, 44 anni, taxista di Marzabotto. Viveva con la moglie e il figlio di 2 anni a San Lazzaro. Il suo taxi si trovava a trenta metri dalla bomba, e un masso lo colpì alla nuca, uccidendolo sul colpo.

Berta Ebner, 50 anni, della provincia di Bolzano, viveva con la madre e faceva la casalinga. Nessuno sa perché fosse in stazione.

Mario Sica, 44 anni, di Roma, era un avvocato specializzato in diritto del lavoro. Dopo aver lavorato alla Fiat, era stato assunto all’Atc di Bologna, trasferendosi con  moglie e figli. Il 2 era in stazione per accogliere la madre in arrivo da Roma.

Vincenzo Lanconelli, 51 anni, viveva a Bagnacavallo. Era stato Ispettore del lavoro a Forlì, poi segretario dell’Ispettorato del Lavoro di Ravenna. Da pensionato, si era iscritto a legge per la seconda laurea. Andava a Verona per ascoltare l’opera all’Arena.

Natalia Agostini in Gallon, 40 anni, era la mamma di Manuela.

9. Amorveno, che non prendeva il treno da vent'anni

Lina Ferretti, 53 anni, viveva a Livorno col marito Rolando. Casalinga, amava leggere. Sua suocera aveva vinto al lotto e aveva regalato a lei e al marito uno dei pochi viaggi della loro vita. Sarebbero dovuti partire per Brunico il giorno dopo, ma l’albergatore li chiamò dicendo che si era liberata la camera, perciò i due anticiparono il viaggio. Lina fu riconosciuta, con fatica, da suo cognato Loriano il giorno dopo. Il marito, gravemente ferito, si salvò.

Amorveno Marzagalli, 54 anni, viveva in provincia di Novara con moglie e figlio. Aveva accompagnato la famiglia a Lido degli Estensi, poi avrebbe raggiunto Cremona per una gita sul Po, dopo che il fratello aveva provato a invitarlo per 10 anni. Quella volta Amorveno acconsentì: la madre era appena morta, in giugno. Dopo vent’anni che non saliva su un treno, partì per Bologna. Aspettava la coincidenza delle 11.05.

Romeo Ruozi, 54 anni, era di Reggio Emilia, aveva vissuto a Trieste fino al 1975, poi si era trasferito a Bologna. Era in stazione per accogliere la figlia maggiore che veniva a prendere la sorellina per le vacanze estive. Il treno sarebbe arrivato alle 11,58, ma Romeo era arrivato con largo anticipo, come d’abitudine. Il genero lo riconobbe dalla fede che portava al dito.

Francesco Antonio Lascala, 56 anni, sposato, tre figli. Ex centralinista alle Ferrovie, andava a Cremona dalla figlia. Ma il treno era arrivato a Bologna con tre ore di ritardo e aveva perso la coincidenza.

Maria Angela Marangon, 22 anni, contadina, era nata a Rosolina, in provincia di Rovigo. Nessuno sa perché fosse in stazione.

Fausto Venturi, 38 anni, viveva con la madre e il fratello a Bologna, era donatore di sangue. Il 2 era in servizio in stazione.

10. Le vittime più anziane, Maria Idra e Antonio

Antonio Montanari, 86 anni, la vittima più anziana della strage di Bologna, ex mezzadro, amava la briscola e i fumetti. La mattina del 2 era andato in autostazione a vedere gli orari delle corriere, e aspettava sotto il portico l’autobus per tornare a casa. L’esplosione lo buttò a terra, lo ferì. Un amico lo portò in ospedale, dove morì.

Rita Verde, 23 anni, viveva a Bologna coi genitori, stava per sposarsi. Anche lei era impiegata alla Cigar.

Rosina Barbaro, 58 anni, era di Bologna. Sposata, in agosto avrebbe festeggiato il quarantesimo anniversario di nozze, e stava partendo col marito per la Riviera. La figlia voleva accompagnarli in auto, loro avevano deciso per il treno. Camminavano mano nella mano sul marciapiede del primo binario. Il marito rimase ferito, Rosina morì.

Lidia Olla, 67 anni, una figlia, abitava a Cagliari col marito. Partiti per raggiungere la sorella in Trentino, avevano un treno dopo due ore. Il marito si levò la giacca e andò a controllare il tabellone. Lidia restò in sala d’aspetto. Lei morì, lui si salvò.

Mirco Castellaro, 33 anni, di Pinerolo, aveva a lungo vissuto a Frossasco dove il padre era stato sindaco. Sposato, aveva un figlio di 6 anni. Non si sa perché fosse in stazione.

Maria Idria Avati, 80 anni, abitava a Rossano Calabro. Aveva accettato di viaggiare di notte con la figlia. Il loro treno era in ritardo: arrivarono in stazione sulle dieci. Maria Idria si sedette in sala d’aspetto mentre la figlia andò in bagno. Dopo l’esplosione trovò la mamma ancora in vita e l’aiutò a salire sull’ambulanza, ma non bastò a salvarla.

11. Viviana aspettava un bambino, Angela aveva solo 3 anni

Maria Fresu, 24 anni, di origini sarde, abitava in provincia di Firenze, ed era in stazione con la figlia Angela, di 3 anni, e due amiche, stavano andando in vacanza sul Garda. L’esplosione le colpì in sala d’aspetto. Maria, Angela e Verdiana Bivona, una delle amiche, morirono, mentre l’altra rimase ferita. Del corpo di Maria si ebbe notizia solo il 29 dicembre, quando gli ultimi esami sui resti confermarono il suo ritrovamento.

Viviana Bugamelli, 23 anni, si era sposata da pochi mesi con Paolo Zecchi, aspettava un bimbo. Vivevano a San Lazzaro coi genitori. Erano in stazione ad acquistare i biglietti per treno e traghetto per la Sardegna, a settembre. Lo scoppio li uccise entrambi.

Brigitte Drouhard, 21 anni, era nata a Saules, in Francia, e risiedeva a Parigi. Impiegata, amava la poesia e la letteratura italiana, e aspettava un treno per Ravenna.

Marina Antonella Trolese, 16 anni, liceale della provincia di Padova, doveva partire con la sorella per un viaggio di studio; con loro in stazione a Bologna c’erano mamma Anna Maria e il fratello dodicenne. Lo scoppio li colpì in pieno: la mamma morì sul colpo, loro rimasero feriti. Marina, che aveva riportato gravissime ustioni, morì il 22 agosto a Padova.
Mirella Fornasari, 36 anni, viveva a Casalecchio, era sposata e madre di un ragazzo di 14 anni.
Lavorava per la Cigar, ma era stata trasferita da poco nella sede di via Marconi. Quel sabato le chiesero di tornare nel vecchio ufficio, lei aveva accettato, felice di rivedere le ex colleghe. Il suo corpo fu ritrovato a notte fonda.
Eleonora Geraci, 46 anni, era partita in auto da Casalgrande di Reggio Emilia con il figlio Vittorio, 24 anni. Erano in stazione ad accogliere la zia che arrivava dalla Sicilia. Morirono entrambi.

12. Lo studente giapponese e le incredibili coincidenze

Loredana Molina, 44 anni, era di Bologna e col marito aveva accompagnato in stazione il figlio minore e Angelica Tarsi, la suocera, che partivano per le vacanze. Dato che non c’era parcheggio, il marito aspettò in auto, mentre Loredana scese con loro a comprare i biglietti. Lei e la suocera morirono sul colpo, il figlio rimase gravemente ferito.

Iwao Sekiguchi, 20 anni, veniva da Tokyo, studiava letteratura giapponese e aveva ottenuto una borsa di studio dal Centro Culturale Italiano a Tokyo. Il 23 luglio era arrivato a Roma, e dopo una settimana era partito per Firenze. Il 2 agosto salì a Bologna, intenzionato a proseguire per Venezia. Mentre aspettava il treno mangiava e scriveva.

Carla Gozzi, 36 anni, abitava coi genitori a Concordia, nel modenese, ed era impiegata in un maglificio. Stava partendo per andare alle Tremiti col fidanzato, Umberto Lugli, di due anni più grande, ed erano arrivati in stazione, accompagnati dal fratello di lui, con largo anticipo. Morirono entrambi.

Franca Dall’Olio, 20 anni, nata a Budrio, figlia unica, abitava a Bologna e da quattro mesi lavorava per la Cigar. Poco prima dell’esplosione era al telefono con un fornitore: normalmente era lei a scendere per controllare la merce, quella mattina gli chiese di salire.

Roberto De Marchi, 21 anni, era orfano di padre. Viveva con mamma Elisabetta e i tre fratelli più grandi a Marano Vicentino, ed era un promettente pallavolista della Volley Sottoriva. Passeggiava sul primo binario quando il crollo della pensilina lo travolse. La mamma morì in sala d’attesa.

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