Soggetto Nomade, 20 anni di donne libere in 100 foto scandalose

Soggetto Nomade, 20 anni di donne libere in 100 foto scandalose
Fonte: ph. Paola Agosti
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100 foto di donne (ma non solo), 100 immagini straordinarie in un bianco e nero d’altri tempi che raccontano un ventennio di conquiste femminili e di battaglie culturali, di trionfi sociali e di tabù abbattuti.

C’è questo e molto di più in Soggetto Nomade, mostra che raccoglie le fotografie di cinque artiste italiane realizzate tra la metà degli anni Sessanta e gli anni Ottanta, gli anni che più di tutti sono stati di transizione dalla radicalità politica all’edonismo, anni di terrore, anche, e di terrorismo, ma soprattutto gli anni della grande partecipazione e delle battaglie femministe.

Il titolo della mostra prende spunto dalla seminale raccolta di saggi di Rosi Braidotti, Soggetto Nomade. Femminismo e crisi della modernità (1995), in cui la filosofa tratteggia una nuova soggettività sessuata e molteplice, multiculturale e stratificata.

La mostra, prodotta dal Centro Pecci e curata da Cristiana Perrella ed Elena Magini, è in esposizione dal 22 giugno al Centro Internazionale di fotografia di Palermo, diretto da Letizia Battaglia, dove resterà fino al 22 settembre 2019. Sul sito del Centro Pecci ci sono tutte le informazioni necessarie, mentre in programmazione c’è anche un volume edito da Nero, con le immagini della mostra, testi di Rosi Braidotti, Elena Magini e Cristiana Perrella.

Proprio una delle due curatrici, Elena, ci ha parlato in maniera più approfondita del progetto, presentato per la prima volta presso il Centro per l’Arte Contemporanea di Prato a dicembre 2018, curata dalla direttrice del Centro, Cristiana Perrella, e proprio da Elena.

L’idea di questo progetto risponde principalmente ad un analisi che abbiamo fatto sulla precedente attività del Centro, un lavoro condotto in occasione del trentennale del museo, che è stato appunto celebrato a partire dall’estate 2018. Durante le ricerche ci siamo rese conto che in trent’anni di attività non era mai stata fatta una personale di un’artista donna, tantomeno una retrospettiva di donne.

Questa mancanza ci ha convinto della necessità di impostare un discorso curatoriale con una diversa sensibilità, teso alla rappresentazione del femminile e ad una nuova attenzione alla ‘molteplicità’. In senso più generale questa apertura riguarda una molteplicità culturale, sessuale, tematica ma anche linguistica, che è una delle caratteristiche distintive dell’attuale programmazione del museo“.

Le artiste, lo abbiamo detto, sono tutte donne: con l’eccezione di Elisabetta Catalano, prematuramente scomparsa nel 2015, tutte le fotografe presenti in mostra hanno collaborato alla costruzione di Soggetto Nomade.

Avevamo un’idea abbastanza chiara dell’impostazione che volevamo dare alla mostra, ma ci siamo molto confrontate anche con le autrici, che si sono dimostrate entusiaste del progetto anche perché è stata la prima volta che venivano presentate in una stessa collettiva. Letizia Battaglia, Paola Agosti e Marialba Russo hanno inoltre tenuto delle conversazioni al museo per approfondire le tematiche della mostra, mentre di tutte abbiamo realizzato delle video interviste inedite, grazie alla nostra web TV“.

Negli scatti, lo abbiamo detto, non ci sono solo donne anatomicamente tali; ci sono anche i travestiti genovesi di Lisetta Carmi, tanto per fare un esempio, o i maschi truccati da donna del carnevale campano di Marialba Russo; e poi le bambine siciliane di Letizia Battaglia, le donne protagoniste di manifestazioni e sit-in di Paola Agosti, le celebrità della Catalano. Tutte le sfumature dell’essere femminile nel suo complesso.

“Ci interessava ritrarre una varietà, una molteplicità inserita in un preciso periodo storico, che è quello che va dalla fine degli anni Sessanta alla metà degli anni Ottanta. Un frangente di grandi trasformazioni sociali in cui la donna è stata protagonista. Dal radicalismo politico del ’68, all’edonismo degli anni Ottanta passando per le lotte degli anni Settanta, che vedono la donna soggetto attivo, per la prima volta agente.

Sono quindi donne molto diverse quelle rappresentate in mostra: si passa dagli scatti di Letizia Battaglia, una galleria di ritratti di bambine, donne dei quartieri popolari di Palermo, ospiti degli ospedali psichiatrici, rappresentanti della nobiltà palermitana, dove l’impatto della mafia si legge sui volti e sulle emozioni che traspaiono dai volti, alle donne fotografate da Elisabetta Catalano, che sono scrittrici e intellettuali, modelle e attrici, che hanno costituito un ruolo importante nella società di quegli anni grazie a quello che sono state capaci di fare e rappresentano una femminilità esibita e un’immagine costruita di sé.

E poi il femminismo di Paola Agosti, la testimonianza dei movimenti femministi italiani, dei cortei, delle lotte per l’autodeterminazione e i diritti della donna che hanno caratterizzato la vita del paese alla metà degli anni Settanta. Infine le foto di Marialba Russo di Lisetta Carmi: la prima ha raccontato i carnevali dei piccoli centri della Campania dove gli uomini si vestono da donna per un giorno in un classico rovesciamento di ruoli tipico del carnevale, mentre Lisetta Carmi ha ritratto i travestiti del porto di Genova vivendo con loro dal 1965 fino al 1972.

Le immagini di Marialba Russo ci permettono di capire cosa gli uomini recepiscono dell’identità femminile e come sono in grado di rappresentarla, mentre il lavoro della Carmi è di fatto uno strumento di testimonianza e di documentazione sociale, portato avanti con uno sguardo di assoluta modernità e apertura su una femminilità agognata e combattuta. Un atto di denuncia anche verso le ipocrisie piccolo borghesi di quel contesto culturale”.

Rispetto ad argomenti del genere, impossibile non chiedersi quanto forti siano ancora gli stereotipi e i tabù, anche maschilisti, sul ruolo delle donne nella società, a livello culturale.

Direi che purtroppo stiamo vivendo un periodo storico in cui i diritti acquisiti in quegli anni sono in discussione, sia per le donne sia per quanto riguarda le realtà LGBTQIA+. Non si tratta solo di una lotta contro gli stereotipi, ma anche a favore di libertà fondamentali, come quella di autodeterminazione. In questo senso la mostra ci è sembrata molto attuale e anche un po’ necessaria“.

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